La nostra attenzione è rivolta alle quotidiane stragi in Iraq, dove la guerriglia cerca in ogno modo di impedire la normalizzazione del dopo-liberazione. Al Qaida, capi bastone come Al Sadr che tentano di inserirsi con le loro milizie nella divisione del potere, gli Ayatollah iraniani che allungano i tentacoli per condizionare il governo appena eletto, l'Iraq del dopo Saddam è l'esempio più rivelatore di quanto sia difficile riportare ordine in un paese senza ricorrere alla presenza di un nuovo dittatore dopo averne abbattuto il precedente. Ma nel Medio Oriente in ebollizione non esiste solo il problema Iraq. Sotto le ceneri, e non da ieri, cova il dramma dell'Arabia Saudita, un paese che potrebbe essere scosso nelle sue fondamenta da un giorno all'altro e travolto nella sua indubbia fragile stabilità.
Salvata da Bush padre durante la prima guerra del golfo dall'appetito smisurato di Saddam Hussein che, dopo il Kuweit, si apprestava ad invaderla, l'Arabia Saudita, invece di imboccare un graduale riformismo in senso occidentale, se non altro dopo aver sperimentato quanto gli altri satrapi arabi erano pericolosi per le deboli monarchie della regione, ha dimostrato di non aver capito la lezione. Dopo aver finanziato in ogni modo il terrorismo internazionale, in primis Bin Laden (cittadino saudita, non dimentichiamolo, come la maggior parte dei dirottatori dell' 11 settembre 2001), il regno wahabita si ritrova oggi a dover affrontare un terrorismo interno non meno pericoloso di quello che ha contribuito ad esportare.
L'equilibrio che aveva caratterizzato il regno saudita per 250 anni, un accordo tra il capo clan della dinastia Muhammad Ibn Saud e il fondatore del culto religioso Muhammad Ibn Abd al-Wahaab, era semplice: al primo gli affari dello stato, al secondo quelli religiosi. E cosi' fu per i loro discendenti fino ad oggi. Con il risultato paradossale, se paragonato ad altri stati musulmani o agli stessi emirati confinanti, che il Wahabismo ha prodotto un regime che definire medievale è poco. In Arabia Saudita, solo per fare un esempio, le donne non possono nemmeno guidare l'automobile e la Shaaria (legge religiosa) è applicata con una severità rigorosa.
Sul paese regna una immensa famiglia di principi reali, stante la lunga malattia che impedisce al vecchio re di regnare, tutti occupati a farsi la forca l'uno con l'altro per la successione, finchè non hanno incominciato anche lì ad esplodere le bombe. Di colpo sono cadute le accuse al "sionismo internazionale" che tanto andavano di moda a palazzo reale e tranquillizzavano la dolce vita della classe dirigente, il terrorismo internazionale, quello vero, quello destabilizzante il potere wahabita, improvvismente aveva un volto e un nome. Tanto da spingere il principe della corona Abdullah a dichiarare che "tutti i terroristi devono essere uccisi" e all'ambasciatore negli Stati Uniti Bandar bin Sultan bin Abdulaziz Al-Saud in una intervista, poi ripresa a livello mondiale dal Los Angeles Times e dal Washington Post che " guerra significa guerra, non è un campo da boys scout. E' una guerra che esclude la delicatezza, sarà una guerra brutale." Come si vede, un cambiamento di posizione a 360 gradi. Ma basterà questo tardivo riposizionamento a far capire che dietro al terrorismo non ci sono i "sionisti", come si affannava a gridare la propaganda ma gruppi islamisti, nati e nutriti all'interno delle società musulmane, Arabia Saudita in testa ?
Stephen Schwartz, autore del libro " I due volti dell'Islam" e uno dei più attenti esperti di affari sauditi, non crede ad un futuro peggiore rispetto ad oggi. Bin Laden, afferma, non è altro che un prodotto del wahabismo saudita, che l'ha sostenuto non prevedendo quale piega avrebbe assunto il suo progetto di rivoluzione nel mondo musulmano. Un regime post-wahabita, in grado di far fronte al terrorismo interno e instaurare quelle riforme indipensabili per avvicinare la dinastia ad un modello di stato più vicino a quelli già esistenti nel mondo musulmano sembra a Schwartz l'unica soluzione. Che permetterà il taglio di tutti quei finanziamenti che ancora oggi contribuiscono ad alimentare il terrorismo wahabita nel mondo. Che si presenti con il volto di bin Laden o un altro poco importa. Il match fra bin Laden e la casa reale wahabita è solo all'inizio.