Riprendiamo dal MATTINO di oggi, 29/10/2018, a pag. 13, con il titolo "Quando anche la sinistra soffia sull'antisemitismo", il commento di Gigi Di Fiore.
La sinagoga di Pittsburgh dopo l'attentato
Gli undici morti di Pittsburgh sono la conferma di un nervo scoperto che, anche dopo la shoah, in Europa e nel mondo esiste ancora. L'antisemitismo non è mai morto? Secondo Fiamma Nirenstein, giornalista e collaboratrice del Jerusalem Center for Public affairs, negli ultimi anni ci sarebbero stati 1661 attacchi di natura antisemita, di cui ben 240 contro le persone. Un insegnante e tre bambini uccisi nel 2012 in Francia in una scuola ebraica, quattro persone massacrate nel 2014 al museo ebraico di Bruxelles sono solo esempi di vittime ebree degli ultimi anni.
LE ANALISI «Non credo che ci sia una recrudescenza di antisemitismo, ma una costante culturale di questo tipo diffusa in Europa - dice Eugenio Di Rienzo, docente di storia all'Università La Sapienza di Roma - In Gran Bretagna, come in Francia, Germania e soprattutto nei paesi dell'Est gli atteggiamenti anti ebraici purtroppo non si sono mai spenti». Dalle motivazioni storico-culturali, legati agli stereotipi sull'ebreo alimentati dalla cultura cattolica (l'usura, l'arricchimento, l'estraneità al Paese di residenza) alle ostilità collegate a visioni politiche pro-palestinesi contro lo Stato d'Israele: le radici dell'antisemitismo. Spiega Fabio Nicolucci, autore nel 2013 del saggio «Sinistra e Israele, la frontiera morale dell'Occidente»: «Una lettura interessata di Israele identifica il terrorismo islamico e gli attacchi all'occidente come rivolti agli ebrei, che dell'occidente sono simbolo. Questa assimilazione aveva per obiettivo affermare l'unicità del terrorismo integralista religioso, negando quindi l'esistenza di una questione palestinese, come problema politico sulle occupazioni di territori arabi dopo la guerra dei sei giorni». Dagli attentati di terroristi islamici, ai simboli neonazisti fino ai commenti minacciosi sui social la cultura antisemita ha diversi volti. Carla Di Veroli, già vice presidente della municipalità Garbatella a Roma per il Pd ed ex delegata alla memoria del Comune capitolino, è la nipote di Settimia Spizzichino, una delle deportate del ghetto nel 1943 scomparsa 18 anni fa. Ha una sua tesi: «Non pensate che l'antisemitismo abiti solo nella destra radicale. È ben presente anche nella sinistra radicale, ben camuffato da antisionismo».
Fiamma Nirenstein
CORBYN Fece scalpore la scelta del leader laburista britannico Corbyn che, nell'ottobre 2014, depose una corona sulla tomba dei terroristi palestinesi che massacrarono gli atleti israeliani alle olimpiadi di Monaco nel 1972. Scrive la Nirenstein, in una sua recente ricerca per il Centro studi politici e strategici Machiavelli di Roma: «Corbyn ha orgogliosamente chiamato fratelli gli uomini di Hamas e ha sostenuto di aver visto a Gaza lo stesso tipo di distruzione che i nazisti avevano portato a Stalingrado». Alla nuova connotazione anti ebraica legata alla politica israeliana si aggiungono episodi di insofferenza preoccupanti. Come le scritte, apparse a più riprese a Roma. Le ultime ad aprile: «Giudeo», in senso dispregiativo. Scritte che si sono aggiunte ad altre più gravi: «Shoah, solo menzogne e infamità!». O, ancora, la sconcertante foto di Anna Frank con la maglietta della Roma, su cui la tifoseria laziale ha dovuto chiedere scusa. Per non parlare delle scritte, accompagnate dall'immagine di una svastica, a Pesaro: «Vietato introdurre ebrei». Sulla scia dell'antisemitismo di sinistra denunciato da Carla Di Veroli, vanno invece le scritte apparse a Cesiomaggiore, in provincia di Belluno: «Ebrei ai forni, Palestina libera». Commenta Carmine Pinto, docente di storia all'Università di Salerno: «Credo che esista un antisemitismo che si annida in certa cultura della sinistra, su cui una collega sta preparando uno studio approfondito. Si tratta di un antisemitismo, legato alla critica ad Israele in chiave antiamericana. La vicenda palestinese ha fornito simboli e stereotipi a questa posizione che, in alcuni casi, si risolve in atteggiamento contro gli ebrei».
LA VIOLENZA IN EUROPA A Oslo, lo scorso anno, l'Università e il Centro studi sull'Olocausto hanno studiato la violenza antisemita negli anni tra il 2005 e il 2015. Anche se mettono le mani avanti sui dati non esaurienti, i ricercatori di Oslo scrivono: «Gli eventi in Medio Oriente forniscono a chi in Europa occidentale ha idee antisemite e tendenze alla violenza l'occasione di attaccare gli ebrei». Commenta Fabio Nicolucci: «La costante antisemita ha avuto una crescita nel 2001, dopo l'attacco alle torri gemelle. Poi un picco nel 2008-2009. Non giova ad Israele e agli ebrei la tendenza ad assimilare il terrorismo islamico come attacco antisemita, per non legittimare le posizioni politiche palestinesi». Secondo lo studio di Fiamma Nirenstein, un post antisemita appare ogni 83 secondi su Twitter e altri social fino a raggiungere i 382mila post in 20 diverse lingue. E ancora: «Uno studio della Friederich Ebert Stiftung mostra come il 63 per cento dei polacchi e il 48 per cento dei tedeschi pensino che Israele stia conducendo una guerra di sterminio contro i palestinesi». Dati citati per spiegare l'aumento di partenze di ebrei dall'Europa: a Malmo in Svezia sono rimasti solo 500 ebrei dei duemila di qualche anno fa. E poi i 14mila ebrei partiti dalla Francia dopo gli attacchi terroristici del 2015. Spiega il professore Di Rienzo: «Uno degli stereotipi legati all'antisemitismo è stata sempre l'idea della non integrazione voluta della comunità ebraica che, in qualsiasi Paese, si è sempre sentita un popolo a sé stante. Un popolo eletto».
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