Che esistesse un' Organizzazione della Conferenza Islamica non se n'era mai accorto nessuno fino all'altro giorno, quando a Istambul, a sorpresa, ne viene eletto presidente il candidato turco. E qui sta la novità. La Turchia, fino ad un paio d'anni fa guardata con sospetto dal mondo islamico per i suoi rapporti con il mondo occidentale e, soprattutto, con Israele, strappa 32 voti contro i 12 andati ai candidati della Malaysia e del Bagladesh. Il tutto durante una votazione trasparente e corretta. Un segnale che il mondo islamico non è più quel blocco monolitico e che ha imboccato, forse, la strada delle riforme ? Rispondere sì sarebbe del tutto prematuro. E' vero che la risoluzione finale si propone di "realizzare le riforme politiche e democratiche dall'interno dei paesi musulmani e lottare contro ogni genere di terrorismo, islamico e non". Ma una dichiarazione d'intenti non sarebbe di per sè una spiegazione sufficiente. Il rientro della Turchia a pieno titolo nel mondo musulmano ha altre spiegazioni.
La prima è senza dubbio la posizione critica che il governo Erdogan ha assunto nei confronti di Israele. Capovolgendo la pluridecennale vicinanza con lo stato ebraico, Recep Tayyip Erdogan ha dichiarato che " I palestinesi sono oggi le vittime e purtroppo Israele tratta i palestinesi nello stesso modo in cui 500 anni fa veniva trattata dall'Inquisizione spagnola ". E' fuor di dubbio che quando un primo ministro esce dai canali diplomatici ed afferma pubblicamente simili giudizi non si può non prendere atto che la crisi fra i due stati o è già scoppiata o è imminente. Infatti la visita in Israele del ministro degli esteri turco è stata rinviata e quella del primo ministro cancellata. Eppure Erdogan, che ha definito Israele "stato terrorista" è il primo ministro di uno stato che ha dovuto affrontare il terrorismo curdo estremista, ancora oggi tutt'altro che sconfitto, anzi, semmai con legami con i gruppi terroristici mondiali ancora più ramificati.
Perchè allora questo cambiamento di campo, che è avvenuto anche nei confronti degli USA quando fu impedito il passaggio in territorio turco delle forze di liberazione alleate in Iraq ? Perchè Erdogan andrà in visita ufficiale in Iran a fine giugno e i rapporti con la Siria vengono rinforzati quando è noto a tutti, Erdogan compreso, che i due stati sono tra i maggiori sostenitori del terrorismo internazionale ? La spiegazione può essere cercata nella volontà della Turchia di favorire al massimo il suo ingresso in Europa. E tutti sappiamo quanto nell'Unione Europea possa essere giudicata come valida carta d'ingresso una posizione ostile a Israele e, in parte, agli Stati Uniti.
Ostilità che per ora si esprime soprattutto con espressioni verbali altisonanti, che potrebbero anche essere interpretate come una mossa diversiva nei confronti del mondo musulmano, ancorato a posizioni pre-moderne ben lontane dalla Turchia che fin dagli anni venti del secolo scorso ha scelto con Ataturk di diventare uno stato democratico. L'unico nel mondo musulmano ad avere sostenzialmente le carte in regola di fronte al mondo occidentale. O almeno, così era sino alle elezioni del 2002, quando la maggioranza di governo fu conquistata dal partito di Erdogan. Mosse strategiche per influire sul mondo arabo in modo credibile, oppure la separazione fra parlamento e moschea è destinata a diventare un ricordo del passato ? Un interrogativo inquietante che preoccupa anche e soprattutto chi si è schierato, come ha fatto questo giornale, fin dall'inizio per un pieno ingresso in Europa della Turchia.E ancora ci crede.
Alon Liel,diplomatico, uno dei massimi studiosi israeliani di politica turca, non è pessimista sui futuri rapporti con la Sublime Porta. Ha apenna pubblicato "Demo-Islam", un libro dove fin dal titolo si capisce qual'è la sua posizione. Anche con un governo islamico, la Turchia non potrà uscire dalle basi fondamentali democratiche che Kemal Ataturk le diede quasi cent'anni fa.
Per quanto riguarda i rapporti con Israele, Liel è ancora più ottimista: verranno estesi e rafforzati. Non sappiamo però se il suo ottimismo sarebbe condiviso dal padre d'Israele David Ben Gurion, autore nel 1949 dell'"alleanza periferica" con Persia, Etiopia e,appunto, Turchia. Un triangolo che da allora ha perso due lati, rimanendo in vita solo quello turco. Noi ci auguriamo, con Alon Liel, che possa rimanere saldo. Nell'interesse del mondo occidentale e democratico. E, perchè no, del mondo musulmano, che avrà tutto da guadagnare da uno stato turco che, guardando a occidente, potrà essere un valido esempio per tutto il mondo islamico.