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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Elezioni democratiche e islamismo 8-6-2004
"Le libere elezioni sono la strada che i fondamentalisti islamici percorreranno per arrivare al potere". lo sostiene Israel Elad Altman, direttore del Centro studi politici e strategici di Herzlyia. L'affermazione può sembrare paradossale. Ma come, l'Occidente fa addirittura la guerra per liberare i popoli dalle dittature, lotta per sostituire satrapi sanguinari come Saddam Hussein con presidenti e premier eletti in libere elezioni, e da un centro studi israeliano ci vengono a dire attenzione, forse stiamo sbagliando tutto, se i popoli vannio alle urne sarà il partito fondamentalista a vincere. Forse il professor Altman non ha tutti i torti.

Facciamo un passo indietro ed esaminiamo quel che è successo in Algeria. Se oggi al governo non c'è un regime fondamentalista si deve dire grazie non al sistema democratico ma al suo contrario. Perchè il FIS, il fronte islamista, le elezioni le aveva vinte e da un punto di vista squisitamente democratico, il diritto a governare l'aveva conquistato. Furono i militari, con i partiti laici, a rifiutare il risultato e a invalidarlo. Con le conseguenze che tutti ricordiamo. Un massacro dopo l'altro segna ancora oggi la vita civile in quello sfortunato paese. In quanto al prossimo futuro, il pericolo islamista non è da meno. Anzi. Prendiamo l'Egitto, un paese che abitualmente cataloghiamo fra i paesi dell'area musulmana "moderata". Al potere c'è Mubarak, un regime filo occidentale, con un trattato di pace con Israele. Ma la situazione è tutt'altro che idilliaca. Come tutti i paesi dell'area moderata, iniseme a Marocco e Tunisia, l'Egitto vive una situazione interna esplosiva. Il movimento dei Fratelli Musulmani, il cui partito politico è rigorosamente fuorilegge, trova sempre più consensi tra larghi strati della popolazione, particolarmente quella esclusa da quel relativo benessere che si è creato intorno alla classe dirigente formatasi sotto Mubarak. Tanto da rendere obbligatorio e molto severo il controllo dello stato sulle prediche degli imam nelle moschee. Ogni sermone deve passare al vaglio di una censura preventiva strettissima.

"La costruzione di uno stato che obbedisca alla Shari'a è l'unica via per risolvere i nostri problemi , interni, esteri, politici, economici, sociali e culturali. Che porti alla formazione della persona musulmana, della casa musulmana, di un governo musulmano, che sappia far insorgere altri stati musulmani, che restutuisca loro la gloria perduta, le terre che gli furono rubate e che innalzi alta in cielo la bandiera di Allah", è il messaggio che i Fratelli Musulmani diffondono in Egitto, un paese cui viene predetto un futuro dove " l'Islam non sarà solo una religione, ma un sistema totale di vita".

Se al partito dei Fratelli Musulmani fosse consentito presentarsi alle elezioni, oggi sarebbe questo il volto dell'Egitto. Una teocrazia di tipo iraniano con un governo di Mullàh a governare con le leggi della Shari'a.

Ma allora l'Occidente ha sbagliato tutto abbattendo la dittatura di Saddam nella speranza di sostituirla, prima o poi, con una democrazia ? Secondo la tesi, non del tutto irreale, del professor Altman dovremmo dire di si. L'islamismo sembra diffondersi nelle società islamiche come l'erba gramigna. Se non lo si sradica in tempo soffocherà tutto intorno a sè. E non vediamo all'orizzonte un nuovo Ataturk in grado di riformare e portare alla modernità alcun stato arabo. La Turchia poi, è vista dal fondamentalismo islamico come un paese la cui esperienza non è ripetibile nè esportabile. La Turchia " è uno stato laico che separa la vita civile da quella religiosa", sostengono i Fratelli Musulmani. Come fermare allora l'islamismo ? Forse dobbiamo renderci conto che le società musulmane non sono ancora pronte per essere governate da sistemi democratici. Se lasciate libere di scegliersi il loro futuro è probabile che rifiutino la democrazia a favore di un regime fondamentalista. Qualcuno potrebbe dire affari loro. Magari fosse così semplice. Gli affari loro cominciano ad essere affari nostri, di fronte al progetto di un risorgente califfato mondiale che ha nel suo programma la conquista degli infedeli, cioè noi. Che viviamo in un'Europa incosciente dei rischi che corre, convinta com'è che gli "infedeli" siano solo l'America e Israele. Che si ostina a ignorare che fra venti, trent'anni l'equilibrio demografico sarà in Europa una bomba ad orologeria pronta ad esplodere e travolgere il nostro sitema di vita, i nostri valori.

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