Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 27/10/2018 a pag.13, con il titolo "Netanyahu in Oman per rilanciare il processo di pace"la cronaca di Giordano Stabile
I 'pacifisti' dovrebbero imparare dal premier israeliano, che invece di chiacchierare preferisce i fatti. Oltre a essere primo ministro è anche ministro degli esteri, dicastero che guida con grande abilità. Glielo riconoscono anche gli israeliani, che continuano a votarlo. Così funziona la democrazia.
Giordano Stabile Netanyahu con il sultano dell'Oman
Un tè nel palazzo di Muscat per tentare la pace in Medio Oriente. La visita del premier israeliano Benjamin Netanyahu in Oman coglie tutti in contropiede. Israele non ha rapporti diplomatici con il sultanato, le relazioni sono cordiali ma niente di più, non è la Giordania o l'Egitto. Dal punto di vista formale un cittadino israeliano non potrebbe neppure entrare nel Paese, ma Netanyahu e il Sultano Qabus hanno voluto renderlo noto, a cose fatte, con le foto di circostanza, l'accoglienza del sovrano all'ingresso della residenza reale, i sorrisi della first lady Sarah, l'immagine del colloquio nel salone dai meravigliosi tappeti e le boiserie arabescate. Qabus bin Said Al-Said è il più navigato dei leader mediorientali, al potere dal 1970. Ha tenuto fuori il Paese da tutte le guerre settarie, ha mediato fra Arabia Saudita e Iran, mantiene l'equidistanza. Nel 1994, subito dopo gli accordi di Oslo, l'allora premier Yitzhak Rabin era già stato dal sovrano. Ora Netanyahu si rivolge di nuovo a lui. Il comunicato del governo israeliano dice che hanno discusso «nuove vie per far avanzare il processo di pace e numerose materie di interesse comune per la stabilità in Medio Oriente». Cioè di Palestina e di Iran. All'inizio della settimana Qabus ha accolto il presidente palestinese Abu Mazen, accompagnato dal potente capo dei Servizi e possibile successore Majid Faraj. Con i colloqui israelo-palestinesi bloccati da quattro anni, Gaza sul punto di esplodere e il piano saudita-americano nelle secche, forse il Sultano è l'unico che può far ripartire i negoziati. Le sue capacità di mediazione erano già state apprezzate dall'ex segretario di Stato John Kerry, ai tempi dell'intesa sul nucleare iraniano. L'Oman fa parte del Consiglio di cooperazione del Golfo ma mantiene buoni rapporti con l'Iran e ha mediato per arrivare a im cessate il fuoco nello Yemen. La visita potrebbe anche essere un tentativo di aprire un canale di dialogo con lo stesso Iran e l'Hezbollah libanese. Qalbus e Netanyahu hanno un interesse comune. Muscat è irritato con gli Emirati Arabi e l'Arabia Saudita per il disastro yemenita, in particolare nel Sud, dove AlQaeda e l'Isis si sono impiantati al confine con la regione omanita del Dhofar. In Oman la maggior parte della popolazione segue la corrente ibadita dell'islam, considerata a metà strada fra lo sciismo e il sunnismo. Una distensione fra Israele, i sauditi e l'Iran è importante per mantenere la stabilità interna ed evitare infiltrazioni jihadiste. Per Israele aprire le relazioni con l'Oman è invece una forma di pressione su Teheran. Gli analisti israeliani hanno notato anche che il viaggio di Netanyahu arriva in coincidenza con la visita in Israele del capo delle forze armare dell'Azerbaigian, generale Najmaddin Sadigov, che ha avuto un lungo colloquio con il collega Gadi Eisenkot. Ieri con Netanyahu c'erano il direttore del Mossad Yossi Cohen, il consigliere alla Sicurezza nazionale Meir Ben Shabbat, il consigliere militare Avi Bluth, una squadra di mastini. Sia Oman che Azerbaigian sono al confine con l'Iran: dà l'idea di una tenaglia diplomatico-militare.
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