Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/10/2018, a pag.1-26 con il titolo "Italia, perché vince il populismo" l'editoriale del direttore Maurizio Molinari, una sintesi dell'introduzione del suo nuovo libro in uscita domani "Perché è successo qui" (La nave di Teseo ed.).
Maurizio Molinari
Aggrediti dalle diseguaglianze, sorpresi dai migranti, flagellati da imposte e corruzione, bisognosi di protezione e sicurezza, feriti dalla globalizzazione, inascoltati dai partiti tradizionali e rafforzati nella capacità di esprimersi dall’avvento dell’informazione digitale, gli italiani con le elezioni del 4 marzo 2018 hanno reagito consegnando le proprie sorti al primo governo populista dell’Europa Occidentale con il risultato di innescare un domino di eventi sul Vecchio Continente dalle conseguenze imprevedibili.
La copertina (La nave di Teseo ed.)
Le dodici ragioni in cui si declina la spiegazione del «perché è successo qui» offrono la possibilità di esplorare altrettanti percorsi nell’identità nazionale ovvero gli aspetti meno conosciuti e più sorprendenti della nazione in cui viviamo. Troppo a lungo considerata immutabile nei costumi e nell’approccio alla vita pubblica. Da qui la necessità di addentrarsi lungo i percorsi della rivoluzione populista con prudenza e ingenuità. Per tentare di conoscere meglio la nazione e chi la abita. Senza dare nulla per scontato e senza aver paura di scoprire le verità più scomode perché capaci di rimettere in discussione la nostra identità nazionale.
Ci sono cinque tabù della politica italiana che giocano a favore di populisti e sovranisti. Sono temi largamente condivisi dai cittadini ma di cui si parla poco e male nella vita pubblica, generando una omertà di fatto che alimenta il sentimento di protesta.
Posizioni estreme
I tabù sono: il timore dell’islam, la competizione economica con i migranti, la paura di perdere l’identità nazionale, l’insofferenza per l’Europa come insieme di regole e il fascino di leader autoritari come Vladimir Putin. Ognuno di questi tasselli descrive una tipologia di malessere che si esprime nel sostegno a posizioni estreme, interpretate con efficacia dai leader della Lega e dei Cinquestelle. Nominare tali tabù significa affrontare i nodi che sono alla genesi del sentimento di protesta che produce populismo e sovranismo.
L’islam genera timore perché è diventato la seconda confessione del Paese ma in pochi la conoscono, anche a causa della carente integrazione dei musulmani. Ad esempio, in occasione di Eid al-Fitr, la festa che conclude Ramadan, decine di migliaia di musulmani nel giugno 2018 hanno pregato in luoghi pubblici in più città: per loro è stato l’esercizio di un sacrosanto diritto ma molti non musulmani lo hanno vissuto come la conferma di un’invasione in pieno svolgimento perché le preghiere si sono svolte all’aperto e non dentro le moschee. Si è così riproposta l’incomprensione che vede il corto circuito tra due fattori: troppi italiani ancora ignorano cosa sia l’islam (che prevede preghiere di massa in luoghi pubblici) e troppi immigrati musulmani ancora esitano a integrarsi nei costumi locali (secondo i quali le preghiere pubbliche si svolgono solo in luoghi e occasioni particolari).
Elettorato anti-establishment
La somma fra percezione di un’invasione musulmana - nei numeri ancora molto limitata -, incomprensione di altre fedi e competizione nel lavoro genera la sensazione di essere aggrediti fino al punto di perdere la propria identità, locale e nazionale, nel quadro di un’Europa che in troppi conoscono solo come fonte di norme e regolamenti che costringono abitudini e comportamenti.
Nulla da sorprendersi dunque se l’attenzione va verso modelli politici differenti: a livello globale Vladimir Putin, perché rappresenta la figura di un leader forte con un’identità nazionale granitica e poco rispetto per le norme democratiche, e a livello locale movimenti come Lega e Cinque Stelle i cui personaggi più rappresentativi - Matteo Salvini e Beppe Grillo - godono di una tipologia di sostegno da parte dei sostenitori che sfiora a volte il culto della personalità. È interessante notare, sul fronte della popolarità, come secondo un’indagine condotta dal sito Sputniknews.com - di base in Russia - il maggiore livello di popolarità di Putin in Italia è fra i giovani compresi fra i 18 e 24 anni - 44 per cento - e fra gli over 65 - 43 per cento - che sono anche le due fasce elettorali dove Cinque Stelle e Lega raccolgono maggiori favori.
Ed è altresì interessante notare che fra coloro che si dichiarano di destra c’è più sostegno a Putin rispetto a chi si dichiara di sinistra - 42 a 34 per cento - così come il livello più alto di apprezzamento per il leader del Cremlino è fra gli elettori di Fratelli d’Italia, il partito di Giorgia Meloni che ha nel simbolo la Fiamma dell’ex Movimento sociale italiano. Ovvero, c’è una sovrapposizione fra l’elettorato anti-establishment italiano e la convinzione che il presidente russo incarni la versione «più forte» e convincente di leadership in circolazione.
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