Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 20/10/2018, a pag. VII con il titolo "Il banchiere incendiario" il commento di Giulio Meotti.
Giulio Meotti
Quando crollarono il Muro e il blocco orientale, fui sollevato perché una grande minaccia sembrava essere scomparsa, era la ‘fine della storia’”. Inizia così un libro di cui si è parlato la scorsa settimana a un evento a favore della libertà di parola e organizzato dal giornale Die Weltwoche. Si è tenuto al Maritim Hotel di Tiergarten, a Berlino. Curioso, perché l’hotel è di proprietà dell’emiro del Qatar e l’ospite d’onore era Thilo Sarrazin, ein Star “islamofoba”, l’agitatore che ha diretto la Buba, l’uomo che di più ha diviso la Germania in questi dieci anni, arrivato all’hotel protetto da una guarnigione della polizia tedesca. Il direttore della Weltwoche, Roger Köppel, ha intervistato Sarrazin in pubblico. “Se ho sbagliato in passato, ho sbagliato nell’essere troppo cauto”, ha detto Sarrazin. Sulla Spd che vuole cacciarlo, Sarrazin ha detto: “Se il mio partito, i Socialdemocratici, avessero studiato, oggi non ci sarebbe alcuna Afd al Bundestag”. Poi Sarrazin ha detto: “In quaranta, sessant’anni, ci saranno maggioranze islamiche in molte parti d’Europa”. Soluzione? “Fermare in larga misura l’immigrazione dai paesi islamici”.
Thilo Sarrazin
Il quotidiano svizzero di Köppel la mattina della conferenza era stato hackerato. Perché Sarrazin è radioattivo. Quest’uomo tranquillo e ordinato, che vive in una tranquilla casa unifamiliare con giardino a Berlino, in un quartiere borghese alberato e silenzioso dove si sarebbe potuto rifugiare a godersi la lauta pensione, ha provocato enorme scalpore con due libri, uno del 2010 e uno appena uscito. Il primo, “La Germania abolisce se stessa”, e il secondo, “L’opa ostile”, si vendono come i gialli di Dan Brown e hanno fatto deragliare la società tedesca. Uscito a cavallo del ventesimo anniversario dell’unificazione tedesca il 3 ottobre 2010, il primo libro ha venduto 1,2 milioni di copie in appena nove mesi. Non era mai successo. Entrambi i libri di Sarrazin dettagliano e annunciano un futuro di islamizzazione della Germania. Nel primo, Sarrazin spiega come nel 2100 i tedeschi nativi saranno 24 milioni e dominati dai discendenti di immigrati turchi e di altri musulmani. E quando Sarrazin scrisse il primo libro doveva ancora verificarsi la grande immigrazione da Nordafrica e medio oriente, il che ha reso i suoi libri ancora più angoscianti. “Riconquistare il controllo sui nostri confini… sarà una questione esistenziale per la nostra cultura e la sopravvivenza della nostra società”, scrive l’ex banchiere centrale. L’Europa deve introdurre una politica di asilo altamente restrittiva, limitandola ai singoli perseguitati. Tutti gli altri dovrebbero essere reimpatriati, sia nel loro paese d’origine che in uno stato vicino, se necessario con la “protezione militare”, cioè la forza. Troppo, per la Germania. Sarrazin presenta i bassi standard educativi che attribuisce ai musulmani come irredimibili. Eppure, in Egitto, ad esempio, il tasso di alfabetizzazione tra i giovani è aumentato vertiginosamente dal 1990 a oggi, dal 63 al 92 per cento secondo l’Unesco. Potrebbe essere necessario più tempo per integrare i migranti mediorientali rispetto ai polacchi. Ma in due generazioni, dicono i critici di Sarrazin, non è un compito senza speranza, come dimostrerebbe il costante progresso economico della comunità di origine turca della Germania. Handesblatt lo ha chiamato “il provocatore solitario”.
Sarrazin è Houellebecq senza l’edonismo libertino e giocoso dello scrittore francese. Forse per questo inquieta, perché ha qualcosa dell’impie - gato statale fanatico delle statistiche. Eppure non si parla che di lui, di questo tecnocrate che ha trascorso la vita professionale nel servizio pubblico. Repelle e affascina tutti. “Nazista”, “razzista”, “sciovinista”, gli epiteti proliferano sul suo conto, da quando nel 2010 ebbe a scrivere che “sul piano culturale e di civiltà, la visione della società e i valori propri dei migranti costituiscono un regresso” . Di “teoria volgarizzata della società darwiniana” ha parlato Frank Schirrmacher sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, un grande intellettuale pubblico ha reso socialmente accettabile in Germania stigmatizzare una particolare minoranza. Sarrazin ha scritto che nel giro di quattro generazioni, la quota di popolazione di migranti provenienti dal medio oriente e dall’Africa in Germania passerà dal 6,5 al 69 per cento della popolazione. “Non desidero che il paese dei miei nipoti e pronipoti diventi in gran parte musulmano, nel quale si parli prevalentemente turco e arabo, dove le donne portano il velo ed il ritmo della giornata è scandito dai muezzin. Se voglio questo, posso prenotare una vacanza in oriente”, ha affermato. Il tabù è caduto con lui. Furio Jesi studiò a fondo un “annichilimento della ragione da parte dell’irrazionale” che percorre la cultura tedesca. Un pericoloso “desiderio di ritorno al passato”, anche se del passato si detiene un’immagine deforme e non genuina. Sarrazin evoca e intimorisce per questa nostalgia tutta tedesca, ma molte delle sue tesi e analisi si sono rivelate fondate. Sarrazin solleva domande importanti. Ma le sue risposte spesso brutali sembrano avere scarsa rilevanza per il mainstream tedesco. “I tedeschi sono non solo più anziani e sempre meno”, ha scritto nel primo volume. “Nessuno ha mai voluto affrontare il problema dello sviluppo demografico in Germania nel corso degli ultimi 45 anni. E chi ha voluto farlo ha dovuto constatare di essere solo e si è ritrovato con l’etichetta di xenofobo”. Con una testa di folti capelli grigiastri, gli occhiali rotondi di tartaruga e un occhio destro sempre socchiuso come se stesse guardando il sole (un tumore gli ha compresso il nervo uditivo e la metà destra della faccia è parzialmente paralizzata), Sarrazin si era fatto conoscere al grande pubblico con una critica ai poveri. Disse che avrebbero potuto facilmente sopravvivere con i sei euro al giorno che ricevevano dall’assistenza pubblica e che avrebbero dovuto smettere di lamentarsi. “Il sottopeso è l’ultimo dei loro problemi”. Poi nel 2012 Sarrazin ha scritto che la Grecia è senza speranza: “E’ diventata nell’Eurozona quello che il Mezzogiorno è da centocinquant’anni per l’Italia: una regione senza prospettive”. Sarrazin fece di nuovo discutere, sostenendo che per espiare il senso di colpa per l’Olocausto “tutti i nostri interessi e il nostro denaro devono essere in mani europee”. L’eurobond come espiazione della Shoah. Sarrazin è sempre stato famoso per le sue osservazioni abrasive, spesso offensive. Sulla politica berlinese ha detto: “Non ho mai incontrato tante persone che si aggirano in pubblico nelle loro tute sportive”. Sarrazin ha servito dal 1975 tutti i ministri delle Finanze federali, da Hans Apel (Spd) a Theo Waigel (Csu), e ha dovuto gestire il debito di 75 miliardi di dollari della città di Berlino, risanandola. L’ossessione del tecnocrate Sarrazin per il debito ha origine nel passato di Weimar. La famigerata iperinflazione del 1923, il trauma ultimo del risparmiatore tedesco, e quello che sembra perseguitare la nazione anche un secolo dopo.
“C’è un ricordo mitico di Weimar come il momento della storia tedesca in cui, a causa dell’iperinflazione, il risparmiatore tedesco e la società tedesca sono precipitati in una crisi”, ha detto Raphael Gross, presidente del Museo storico tedesco. I ministri delle Finanze tedeschi, come Sarrazin e Wolfgang Schäuble, guadagnano l’ammirazione e il sostegno degli elettori non promettendo tagli alle tasse e aumenti di spesa, ma dimostrando il loro impegno per la disciplina fiscale. E’ loSchwarze Null – letteralmente lo “zero nero” – che sta per un bilancio equilibrato. Tra il 2000 e il 2001, Sarrazin ha lavorato per Deutsche Bahn, le ferrovie tedesche, fino a quando non è stato cacciato dall’allora amministratore delegato, Hartmut Mehdorn, con cui era entrato in conflitto a causa de i suoi piani di privatizzazione della compagnia. Nel tardo pomeriggio del 17 gennaio 2002, quando la Camera dei rappresentanti di Berlino lo elesse ministro delle Finanze, Sarrazin indovinò che cosa lo stava aspettando: “Il consolidamento delle finanze di Berlino è come cavalcare un cavallo selvaggio”. Il suo piano di risparmio estremo venne fortemente criticato ma fece sì che nel 2007, per la prima volta dalla Seconda guerra mondiale, la città di Berlino non avesse più debiti. Sarrazin lanciò grafici su grafici per mostrare gli squilibri finanziari e i divari di sostenibilità, i livelli di debito che avrebbero minacciato il futuro tedesco. Il modello di Sarrazin è JeanBaptiste Colbert, che salvò il Re Sole, Luigi XIV. Nato a Gera, in Turingia, paese di ciminiere, case scalcinate e ville in rovina protette da cancellate arrugginite, Sarrazin è il primogenito di quattro figli di una famiglia ugonotta, padre di due figli, economista stimato e di stanza presso il Fondo monetario internazionale a Washington. Sarrazin è orgoglioso dei suoi antenati ugonotti. Venivano dalla Borgogna, dove furono perseguitati nella Francia cattolica per la loro fede evangelica protestante. Fuggirono in Vestfalia via Ginevra. Molti di questi ugonotti erano ben istruiti e contribuirono alla crescita economica. Negli archivi lionesi del XVI secolo c’è un Philibert Sarrazin, convertito alla Riforma leggendo una Bibbia greca, che divenne il medico di Giovanni Calvino. Naturalista e botanico, Sarrazin era considerato uno dei personaggi più istruiti del tempo ed era legato a Nostradamus. “Io stesso sono un misto: da parte di padre, la famiglia viene dagli ugonotti di Lione; ho una nonna inglese, da qualche parte una bis-bisnonna italiana, e i miei zigomi slavi mostrano che mia madre viene dalla Prussia occidentale”, ha detto Sarrazin rispondendo alle accuse di razzismo biologico. La Faz scrive che “Sarrazin dipende dalla grande narrativa socialdemocratica dell’ascesa sociale attraverso la lettura”. C’è qualcosa di profondamente elitario nelle sue idee. L’economista socialdemocratico dice di detestare la vecchia mentalità di Berlino, che ha sempre trovato “anormale”. “La realtà della città richiede il radicalismo nelle innovazioni politiche”, ha scritto in una dichiarazione del 1999. In tv, Sarrazin è un disastro. Scivola su una buccia di banana dopo l’altra. Prende talmente fuoco, che si è subito dovuto dimettere da consigliere della Bundesbank. L’Spd discute ora se ci sono gli estremi per cacciarlo. “Se mi chiedi perché è ancora un membro del nostro partito, la risposta è: non lo so”, ha detto il leader socialdemocratico Sigmar Gabriel. Sarrazin rischia di fare la fine del suo compagno di partito Heinz Buschkowsky, il sindaco di lunga data del distretto berlinese di Neukölln. A quel tempo, Buschkowsky aveva denunciato le drammatiche conseguenze dei falliti tentativi di integrazione, ma la sinistra lo aveva deriso e insultato. I Sarrazin sono una famiglia di intellettuali severi. Il padre, Hans Christian, era medico e scrittore, mentre la madre era una latifondista prussiana. La moglie dell’ex banchiere, Ursula, è un’insegnante. Non si ha memoria di un cancelliere che si sia esposto per attaccare un libro. Intervenendo sulla prima rete televisiva pubblica Ard, Angela Merkel ha avuto parole durissime per l’ex componente del direttorio della Bundesbank, definendo “assolutamente inaccettabili” le sue tesi sui pericoli futuri prodotti da una vasta immigrazione musulmana. “Sarrazin spacca la società”, ha detto Merkel. Alcuni governatori socialdemocratici invitano Sarrazin ad “andarsene” dalla Spd, e lui risponde di voler “restare nella Spd per tutta la vita”. Il quotidiano Bild ha invece pubblicato una serie impressionante di dichiarazioni di lettori in cui lo si incita a “fondare un nuovo partito e presentarsi alle elezioni. Otterrebbe una maggioranza assoluta e diventerebbe cancelliere”. Un altro lettore invita a “erigere un monumento a quest’uomo”, mentre un altro racconta che nel suo palazzo “ci sono 18 appartamenti e 29 anni fa c’erano 15 famiglie tedesche e tre straniere. Adesso ce ne sono 3 tedesche e 15 straniere”.
Un altro lettore del giornale invita a “rega - lare a tutti i deputati del Bundestag il libro di Sarrazin, così forse si svegliano e cambiano al più presto la politica per la Germania”. In difesa di Sarrazin è sceso anche il columnist della Bild, Franz-Josef Wagner, secondo il quale lo scandalo è costituito dal fatto che Sarrazin “scrive la verità senza ambiguità e non ha peli sulla lingua”. Dalla parte dell’ex banchiere centrale anche la scrittrice turca di bestseller Necla Kelek, per la quale Sarrazin è stato ostracizzato perché ha detto “verità amare”. Nel suo ultimo libro, Sarrazin prefigura la nascita di una “società parallela” così caratterizzata: “Carenze nel rendimento scolastico e nelle competenze linguistiche, segregazione culturale nel consumo di intrattenimento e media, occupazione inferiore alla media, tasso di criminalità superiore alla media, ruolo del clan e della famiglia allargata, alta religiosità e fondamentalismo, radicalizzazione e terrorismo, distanza dalla democrazia occidentale e dal liberalismo, giustizia parallela, matrimonio fra parenti, segregazione delle aree residenziali. I musulmani saranno in due-tre generazioni la maggioranza della popolazione, se non ci sarà cambiamento di rotta nella politica di immigrazione e integrazione”. Dinamite in una Germania che si interroga sul multiculti. Manifesti intanto che invitano a “rapire Sarrazin” sono apparsi in molte parti della Germania. Sui social, Sarrazin è inondato di ingiurie di morte. L’editore storico di Sarrazin, la Dva, si è invece rifiutato di pubblicare l’ultimo libro. Lo ha spiegato il suo ex editore Thomas Rathnow. Ha detto di aver visto la “minaccia di un risentimento anti musulmano”. Il caso Sarrazin è diventato prima un caso Merkel, poi un caso Spd, poi un caso dei media che hanno cercato di sbarazzarsene. Una vicenda molto più grande dell’uomo ordinario che ha scritto i due libri di cui tutti parlano sul futuro islamico delle democrazie centroeuropee. Sarrazin chiude il libro immaginando il futuro del paese. “Alle elezioni del 2045, il 30 per cento degli elettori per la prima volta aveva un background musulmano. Venti anni dopo, la soglia del 50 per cento era stata superata. In tutto il paese le chiese, i castelli e i musei stavano decadendo”. Che fare? Al ministro della Cultura viene un’idea visitando la cattedrale di Santa Sofia a Istanbul nella Pasqua del 2095. Il duomo di Spira, la cattedrale di Monaco di Baviera, di Bamberga e di Colonia sarebbero state usate come moschee. “In cambio si assicurava la conservazione dei monumenti. Solo le croci sarebbero state smantellate. Il modello ebbe successo e venne usato per la cattedrale di Mainz, la Marienkirche di Lubecca e molte altre chiese sotto la custodia della comunità islamica. Nel 2100, uno storico registrò con soddisfazione che la Germania aveva risolto i problemi demografici in modo esemplare e multiculturale”.
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