Israele, Stato ebraico
Analisi di Antonio Donno
L’ “Israel Victory Project”, elaborato nel 2016 dal Middle East Forum, diretto da Daniel Pipes, ha ricevuto l’approvazione bipartisan del Congresso americano e, sempre a livello bipartisan, dalla Knesset israeliana. Parte dall’affermazione fondamentale che non vi potrà essere pace tra Israele e i palestinesi se questi ultimi non riconosceranno Israele come “Stato ebraico”. Questa è la ragione cruciale per la quale gli accordi di Oslo del 1993 sono sostanzialmente falliti: benché nel testo degli accordi vi sia il diritto di Israele di vivere in pace e sicurezza, l’organizzazione del terrorista Arafat ha sottilmente distinto tale diritto dal riconoscimento, che dovrebbe essere consequenziale, del diritto di Israele all’autodeterminazione come “Stato ebraico”. Mentre, d’altro canto, Israele riconosceva l’OLP come la legittima rappresentante del popolo palestinese. Da ciò la continuazione dell’azione terroristica nei confronti di Israele e i vari tentativi, a livello internazionale, di condannare il movimento politico che dette vita allo Stato degli ebrei, il sionismo. Ciò era già avvenuto alle Nazioni Unite nel 1975, quando il sionismo fu definito ufficialmente una forma di razzismo, risoluzione poi cancellata nel 1991, e successivamente nel 1981, quando il sionismo fu definito una minaccia per i popoli all’interno della Carta Africana sui Diritti Umani, e soprattutto nel 2004 – cioè, ben dopo la firma degli Accordi di Oslo – nella Carta Araba sui Diritti Umani. Comunque, la distorsione degli Accordi di Oslo allo scopo di continuare l’azione terroristica contro Israele era già evidente dopo il novembre 1947: uno Stato ebraico per il popolo ebraico, di fatto, era proprio ciò che l’Assemblea Generale intendeva nel novembre 1947, quando fu convocata per attuare la spartizione del Mandato sulla Palestina in uno Stato arabo, uno Stato ebraico, e la Città di Gerusalemme.
Donald Trump La Knesset vota e approva
Da quel momento iniziò la guerra araba contro Israele, nelle varie forme che ha assunto nel tempo. Questa falsificazione dei contenuti della risoluzione delle Nazioni Unite sulla spartizione si reiterò nel fatidico 1993 e rappresenta una prova lampante della malafede del terrorista Arafat all’atto di firmare gli Accordi di Oslo. In sostanza, i due principali momenti di definizione dei rapporti israelo-palestinesi (il 1947 e il 1993) furono considerati da questi ultimi lettera morta, anzi il punto di partenza di nuove ondate di attacco a Israele. Gli accordi di Oslo furono un cappio intorno al collo di Israele, un cappio che solo l’avvento al potere del Likud e di Benjamin Netanyahu ha progressivamente eliminato, grazie al fatto che lo Stato ebraico ha preso la decisione di rispondere colpo su colpo alle azioni terroristiche palestinesi. La stessa misura oggi è confermata nei confronti del terrorismo sciita che si affaccia ai confini di Israele. L’uso della forza come risposta agli atti terroristici e contro i pericoli che si manifestano ai confini è un atto che dà i suoi frutti. Ogni atteggiamento remissivo conferisce sicurezza ai terroristi. Viceversa, le risposte decise di Israele mandano un messaggio ben preciso a coloro che organizzano le azioni terroristiche. Il presidente Trump e la sua Amministrazione sostengono la politica di Israele e la sua ferma risposta contro i suoi nemici. La concessione recente di 32 miliardi di dollari a Israele per armamenti va proprio in questa direzione. Trump pretende che i palestinesi riconoscano Israele come “Stato ebraico”, con il diritto di vivere in pace e sicurezza, e chiede a Israele di non negoziare con i palestinesi finché non abbiano riconosciuto questo diritto a Israele. Una posizione, quella di Trump, inequivoca, facente parte integrante e insostituibile del piano di pace che l’Amministrazione americana intende varare nel prossimo futuro. Essa rappresenta un salto significativo nell’approccio americano alla questione israelo-palestinese rispetto alla politica americana dei decenni passati, quando il riconoscimento di Israele come “Stato ebraico” non aveva mai fatto parte dell’agenda delle Amministrazioni americane precedenti, fornendo al terrorismo palestinese un continuo alibi per reiterare la guerra a Israele.
Antonio Donno