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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Aveva ragione il vecchio leone Ben Gurion 16-01-04
"Quando la scelta è fra tutta la terra senza uno Stato ebraico e uno Stato ebraico senza tutta la terra, io scelgo lo Stato ebraico". Queste parole furono pronunciate da David Ben Gurion al momento della spartizione della Palestina in due Stati, uno per gli ebrei e uno per i palestinesi nel 1947. Anche allora, come oggi, c'erano quelli che sostenevano la tesi del tutto o niente, sia in campo ebraico che palestinese. Questi ultimi vinsero, ed il risultato fu per i palestinesi nessuno Stato. Certo, speravano di distruggere Israele ma furono sconfitti. E da allora ci riprovano senza sosta con i risultati che conosciamo. Ben Gurion invece, fra i suoi, vinse e naque lo Stato ebraico. A distanza di quasi sessant'anni la situazione sembra ripresentare molti aspetti comuni. Anche oggi, in Israele, c'è una parte, anche se non maggioritaria, che si oppone alla costituzione di uno Stato palestinese. Lo fa in nome di principi anche condivisibili. E fuor di dubbio che una parte di quello che dovrebbe diventere il nuovo Stato si troverà su territori che di palestinese, storicamente, hanno ben poco. Ma c'è un ma. Oggi, se non la storia, a sostegno del nuovo Stato c'è la demografia. Quei territori nell'arco di pochi decenni hanno talmente aumentato la loro popolazione che non ha più alcun senso richiamarsi ad un diritto storico quando la realtà di oggi ci dice che uno Stato democratico può si governare saggiamente una minoranza, purchè rimanga tale rispetto alla maggioranza. Ma nei territori, che d'altra parte Israele ha sempre solo amministrato e la cui conquista è una conseguenza delle guerre che ha dovuto subire, non sono mai stati annessi. Gaza e Cisgiorgania, in gran parte già governata dall'autorità di Arafat, così come Gerusalemme est, sono sempre stati oggetto di trattative tutte le volte che un trattato di pace ha avuto la possibilità di realizzarsi. Possibilità ogni volta respinta da un Arafat che non ha mai smesso di sognare la distruzione di Israele.

Oggi, quelle parole profetiche di Ben Gurion, leader laburista, vengono pronunciate dal vice premier Ehud Olmert, likud, e, riteniamo, ampiamente condivise dallo stesso Sharon. Non c'è nulla di strano in questa apparente parentela fra campi politici opposti. Sharon ed il suo governo hanno capito che il vero nemico futuro di Israele non sarà più una ennesima intifada. Saranno i conti con la natalità araba a preoccupare fra neanche vent'anni. Sempre che la separazione fra palestinesi e israeliani non avvenga al più presto. Israele è una democrazia, non può governare una maggioranza di palestinesi all'interno del suo Stato.

Lo Stato palestinese è indispensabile per la continuità dello Stato ebraico. E' quello che Sharon sta cercando di far capire anche all'interno del suo partito, il Likud. Non sarà facile ma la vittoria ce l'ha già in tasca. La stragrande maggioranza degli israeliani è d'accordo con lui. E se i religiosi o i difensori dei territori ad oltranza abbandonassero la coalizione di governo sono già pronti ad entrarvi i laburisti.

Nè crediamo che il piano di Sharon sia quello dell'abbandono tout court dei coloni. Si tratterà, si cercherà un accordo, verranno smantellati solo quelli più a rischio perchè troppo vicini a grosse aree palestinesi. Si ridisegnerà la geografia della regione, con realismo ma anche con saggezza.

Aveva ragione il vecchio leone Ben Gurion. Meglio un'Israele con meno terra che più terra senza Israele.

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