Caso Khashoggi: molte domande, può cambiare in peggio la storia del Medio Oriente Analisi impeccabile di Fiamma Nirenstein, disinformante di Guido Olimpio
Testata:Il Giornale - Corriere della Sera Autore: Fiamma Nirenstein - Guido Olimpio Titolo: «Questo assassinio cambierà il destino del Medio Oriente - Khashoggi e i sauditi, le condanne mondiali che arrivano in ritardo»
Riprendiamo dal GIORNALE di oggi, 15/10/2018, a pag.12, con il titolo "Questo assassinio cambierà il destino del Medio Oriente" il commento di Fiamma Nirenstein; dal CORRIERE della SERA, a pag. 30, con il titolo "Khashoggi e i sauditi, le condanne mondiali che arrivano in ritardo", il commento di Guido Olimpio, preceduto dal nostro.
A destra: Mohammed Bin Salman
Ecco gli articoli:
IL GIORNALE - Fiamma Nirenstein: "Questo assassinio cambierà il destino del Medio Oriente"
Fiamma Nirenstein
Jamal Khashoggi
L' assassinio di Jamal Khashoggi in Turchia il 2 di ottobre, come in una tragedia Shakespeariana, ha i colori del destino: ha protagonisti fiammeggianti e avversi l'uno all'altro fino alla morte, errori, vantaggi, immense conseguenze psicologiche e politiche. In una parola, può cambiare il destino del Medio Oriente, e paradossalmente nella direzione che il povero assassinato, vittima di tanta crudeltà, avrebbe desiderato. Difficile capire come i sauditi, in particolare il riformista principe della corona Mohammed bin Salman, abbiano potuto fare un errore stratosferico come eliminare il nemico sul territorio a loro più ostile, quello di una Turchia che di fatto è alla pari dell'Iran è contro il reame sunnita. L'Iran, perché è sciita, e la Turchia (che di fatto in un empito improbabile di passione per i diritti umani, è alla testa delle accuse all'Arabia Saudita), leader del mondo legato alla Fratellanza Musulmana, sono stati avvantaggiati dall'eliminazione del nemico di bin Salman. Erdogan ieri ha ricevuto un primo segnale di mutamento di rotta americano nelle calde, anzi vibranti, parole di ringraziamento per aver liberato, dopo due anni di crudele reclusione, il pastore americano Andrew Burnson. Nel passato l'Arabia Saudita, che non è una organizzazione benefica, e anzi è un leader nella violazione dei diritti umani, era già stata mostrata a dito per sparizioni, rapimenti, incursioni all'estero, e i sauditi sono in larga compagnia per supposti delitti e sparizioni: ma gente che scompare durante viaggi in plaghe lontane, aerei che si perdono, personaggi che vengono drogati e rapiti, non è la stessa cosa di un giornalista del Washington Post, anche se era stato, si legge, amico della famiglia di Bin Laden, anche se la sua simpatia per la Fratellanza Musulmana era estrema nonostante la sua intima commistione col suo regime, anche se in parallelo era visto come un confidente degli americani. Un personaggio complicato, ma certo non meritevole di quella orrida fine. E niente spiega come i sauditi abbiano potuto infilarsi in un guaio che fa deviare l'America da un'amicizia speciale, colonna di un disegno strategico. Essa era andata a diretto detrimento del rapporto con i due nemici dei sauditi, gli iraniani e i turchi, e adesso in Israele ci si chiede cosa può succedere se l'asse delle alleanze si sposta: per esempio se ne avvantaggia il Qatar, fin'ora messo al bando dai sauditi, amico di Hamas e anzi suo fornitore di beni, benzina, danaro insieme all'Iran. I sauditi, insieme agli egiziani e ai giordani, hanno costituito una sorta di barriera contro l'espansione in Medio Oriente del fronte iraniano e di quello turco, tanto che non hanno mai aderito alla guerra contro i curdi che è una specie di lasciapassare presso Erdogan. Adesso le cose sono destinate a spostarsi, e anche il piano di Jarret Kushner per una pace fra Israele e i Palestinesi fortemente voluta da partner regionali si indebolisce alquanto. Israele certo non gioisce dell'eventuale spostamento strategico, la Turchia gli è opposta, l'Iran lo vuole distruggere. Questo, mentre Hamas cerca in questi giorni di sfondare il confine con esplosivo, migliaia di guerriglieri armati, l'esercito israeliano schierato in sofferenza, immobile sul bordo, con l'ordine di sparare solo in casi estremi dato che Hamas manda ragazzi e donne in prima fila. Così Netanyahu, che ha mostrato di volere evitare la guerra, adesso sembra raccogliere un senso di esasperazione fra le volute nere dei campi incendiati. E ha lanciato ieri una specie di ultimo appello: vi abbiamo rifornito di benzina e beni di consumo, ora basta, ha detto, smettete di aggredire, o vi faremo smettere in modo che farà male, molto male.
Corriere della Sera - Guido Olimpio: "Khashoggi e i sauditi, le condanne mondiali che arrivano in ritardo"
Il commento di Guido Olimpio contiene in sintesi tutta la vulgata anti-saudita, largamente presente sui media. Olimpio scrive di "eccessi dell'erede al trono" e di "massacri di civili in Yemen", mentre definisce l'Arabia Saudita un "regime che annienta i nemici in modo 'arrogante' ". Olimpio non trova però lo spazio neanche di una riga per contestualizzare le critiche, per esempio soffermandosi sulla guerra civile in Yemen, in cui alla fazione appoggiata direttamente dall'Arabia Saudita si oppone quella dei terroristi Houthi, alle dipendenze dell'Iran degli ayatollah e della Turchia di Erdogan. L'Arabia Saudita di Mohammed Bin Salman non è una democrazia, ma un regime pragmatico che ha cominciato, recentemente, a opporsi al terrorismo e all'espansionismo iraniano. C'è quindi un interesse che condivide con l'Occidente e il mondo libero che andrebbe valorizzato - pur rimanendo intatta la possibilità di critiche - e non demonizzato a priori. C'è da rimanere allibiti di fronte allo scatenarsi da parte dell'Occidente contro uno stato islamico schierato dall'arrivo di Trump alla presidenza Usa dalla parte delle democrazie per combattere il terrorismo. L'Iran di oppostiori ne elimina 100 volte di più ma le di reazioni in Occidente non se ne vedono.
Ecco il pezzo:
Guido Olimpio
Con ritardo qualcosa si muove sul caso Khashoggi. Gran Bretagna, Francia e Germania chiedono chiarimenti sulla scomparsa del commentatore saudita. Donald Trump fa la voce grossa promettendo punizioni, ma lega tutto ad un «se», ossia se saranno accertate responsabilità di Riad. Poi i boicottaggi di grandi gruppi nei confronti dell’evento internazionale promosso dal regno. È l’inizio dell’indignazione, per ora di facciata. La condanna doveva scattare molto prima, specie dopo i massacri di civili nella guerra nello Yemen, vittime della campagna sostenuta dal principe Mohammed e denunciata da Jamal Khashoggi. E non solo lui: altre voci nel regno hanno protestato, usando probabilmente quest’avventura per denunciare gli eccessi dell’erede al trono. MBS, come spesso viene soprannominato sui media, è forse caduto nell’errore di chi è abituato a prendere decisioni senza che nessuno si opponga. Uomini forti e regimi annientano i nemici in modo «arrogante», non si preoccupano delle conseguenze perché pensano che tutto sia lecito. Anche l’illegalità. E usano la leva degli affari per evitare che amici e comunità internazionale adottino contromisure. La tattica ha funzionato spesso in questi anni e non solo in Medio Oriente. Ma arriva sempre il momento che il Leader compie un passo avventato oppure che il dossier sfugga di mano. Non tutto è sempre pulito e semplice, specie nel mondo delle ombre. I giorni a seguire diranno se il «vento» sollevato dalla scomparsa del dissidente scuoterà appena la tunica candida di Mohammed o invece scompaginerà i rapporti. Riad è convinta di avere potere contrattuale adeguato. Lo ha ribadito lo stesso Mohammed quando Trump ha sostenuto che senza l’aiuto Usa l’Arabia non durerebbe neppure due settimane.
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