Riprendiamo dalla REPUBBLICA di oggi, 12/10/2018, a pag.13, con il titolo "Il Chelsea non vuole cori antisemiti. Ultras ad Auschwitz" il commento di Antonello Guerrera.
Per chi allo stadio urla cori antisemiti sarebbe stato forse meglio un corso di storia che una visita ad Auschwitz. Il comportamento di rispetto da tenere verso gli ebrei, infatti, non dipende dalla Shoah e neanche dalla sua memoria, ma va affermato a prescindere. Altrimenti viene confermato il legame storicamente errato della rinascita delloStato degli ebrei quale riparazione della Shoah.
Ecco l'articolo:
Antonello Guerrera
Pare un’era fa, ma Tony Blair lo ripeteva tre volte: “ Education, education, education”. Tradotto: le punizioni servono a poco se non si impara la lezione. Il Chelsea, la celebre squadra di calcio di Londra già allenata dagli italiani Vialli, Di Matteo, Conte e ora Maurizio Sarri, la pensa allo stesso modo. E così il suo branco di tifosi antisemiti, se ci tiene davvero ad andare allo stadio, avrà la possibilità di redimersi. Non più una squalifica stile “ daspo” fino a tre anni, ma — se lo vorranno — un viaggio all’ex campo di concentramento nazista di Auschwitz, dove potranno respirare la vergogna dei loro canti contro gli ebrei. La prima spedizione educativa di una manciata di tifosi dei blues ha avuto luogo lo scorso aprile, ha rivelato al tabloid Sun Bruce Buck, presidente del Chelsea.
Roman Abramovich
L’idea è del patron russo Roman Abramovich, di religione ebraica. L’obiettivo è aumentare questi viaggi della speranza civile e umana. «Se si pensa soltanto a escludere le persone che hanno sbagliato, queste non cambieranno mai il loro atteggiamento » , ha detto Buck. « La nuova politica del nostro club vuole invece dar loro una chance » . Anche perché, ammette, le punizioni servono a poco «quando sono in decine a cantare lo stesso coro, e non un paio di persone ». In tal caso, per ragioni di ordine pubblico, vengono lasciati fare per tutta la partita prima di essere squalificati. Una piccola ma inquietante minoranza dei tifosi del Chelsea ha dato scandalo negli ultimi anni. Più volte hanno cantato, allo stadio e in metropolitana, “ fucking Yids”, cioè “ giudei del cazzo”. Bestialità quasi sempre dedicate ai tifosi del Tottenham, vittime preferite degli antisemiti inglesi a causa della storica connessione della loro squadra con la comunità ebraica. L’auspicio del Chelsea è che altri club replichino l’iniziativa. Anche perché la piaga in Inghilterra non è solo del team di Abramovich.
Al mondiale in Russia della scorsa estate, alcuni tifosi inglesi (partita contro la Tunisia) provocarono shock con versi antisemiti e saluti nazisti. Durante i derby cittadini contro il Tottenham, alcuni fan dell’Arsenal — altra gloriosa squadra di Londra — hanno cantato più volte negli anni “I’ve got a foreskin, haven’t you: fucking Jew”, “ io ho il prepuzio e tu?”, e così via. Anthony Clavane, uno dei più seguiti studiosi del calcio inglese, ha raccontato come il 4 dicembre 1935 proprio sugli spalti del White Hart Lane — lo stadio del Tottenham — venne calata una svastica. Sul campo si sfidavano l’Inghilterra e la Germania nazista. A un certo punto alcuni tifosi ebrei del Tottenham scalarono la tribuna ovest e rimossero la bandiera con la croce uncinata. L’episodio, molto coraggioso, non venne però molto enfatizzato secondo Clavane, nemmeno dalla comunità ebraica, perché all’epoca la linea era “ keep schtum”, “ silenzio”, non provocare il nemico. Di lì a poco, sarebbe arrivato il premier britannico Neville Chamberlain e il suo appeasement suicida con Hitler. Ottant’anni dopo, il calcio inglese ha ancora un problema con l’antisemitismo. Ma, per estirparlo, almeno stavolta se ne parla.
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