Poca accuratezza se si tratta di Israele 27-09-2003
In America ne fanno quasi un'ossessione, la chiamano "accuratezza nell'informazione", nel senso che le notizie vanno accuratamente vagliate prima di pubblicarle. Non solo, vige pure la regola d'oro che non bisogna mai accontentarsi di una sola fonte di informazione, ma è essenziale il confronto fra le diverse interpretazioni di un fatto. In Italia no. Vediamo il caso dell' l'Ansa, per esempio, la più grande agenzia di informazioni. Non c'è giornale che non se ne serva e quei brevi pezzi anonimi hanno sempre una certa aria di serietà. Niente di più lontano dal vero. Guardiamo come funziona il suo ufficio israeliano . I suoi servizi si richiamano nella stragrande maggioranza a fonti palestinesi. Nessun controllo, nessuna verifica. Mai che venga citato, per una interpretazione opposta, un comunicato o un giornale di parte israeliana. Quel che i lettori leggeranno il mattino successivo sarà l'Arafat-pensiero. Veniamo al linguaggio. E' mai possibile che anche dopo la recente (anche se quanto mai tardiva) decisione dell'Unione Europea di includere Hamas fra i movimenti terroristi quasi tutti i media si ostinino a continuare a chiamare quelle brave persone che passano il loro tempo a preparare ordigni esplosivi "miliziani", " militanti" o "integralisti" ? Perchè nessuno scrive terroristi ? Perchè Arafat viene continuamente definito "presidente democraticamente eletto dal popolo palestinese" quando quelle elezioni furono una presa in giro della democrazia essendo lui l'unico candidato alla carica ? Come i suoi primi ministri, che lui elegge e caccia secondo se ubbidiscono o meno ai suoi ordini. Certo, una stampa che chiama Fidel Castro leader cubano può tranquillamente chiamare Arafat presidente. Non viene in mente che la parola giusta è dittatore ? Israele gode poi di attenzioni che non vengono riservate a nessun altro Paese. Qualcono si ricorda ancora chi è Anna Lindh ? Era il ministro degli esteri svedese uccisa poche settimane fa in un supermercato. Il suo assassino non è ancora stato trovato, ma il suo nome è già scomparso dalla cronaca dei giornali. Tra breve nessuno, ma proprio nessuno, almeno fuori dalla Svezia, ricorderà più il suo nome. Nel caso di Israele è diverso. Per non farci mai dimenticare quanto quel paese sia un nido di vipere, Igor Man, ma non solo lui, non perde occasione di infiorare le sue cronache con il richiamo a Rabin "ucciso da un fanatico ebreo di destra per impedire la pace". Detta e ripetuta ad ogni piè sospinto, il lettore viene portato a crederci, per cui se Israele non ha ancora fatto la pace con Arafat non è colpa di quest'ultimo che non ha mai perso la speranza di distruggere lo stato ebraico, no, la colpa è della destra che ha ucciso Rabin. Scrivilo oggi, scrivilo domani, alla fine uno ci crede.
Buon ultimo Edward Said. Il noto intellettuale americano di origine palestinese, anti Arafat ma solo perchè lo riteneva un moderato mentre lui è stato nelle opere e nella vita un estremista, è morto ieri, dopo una vita dedicata a combattere Israele. Molti giornali hanno pubblicato una sua famosa fotografia che lo ritraeva nel giugno 2000 al confine libanese mentre lanciava pietre contro i soldati israeliani. Alcuni giornali, fra i quali La Stampa, hanno però omesso nella didascalia di scriverlo. Said è sì fotografato mentre col braccio alzato lancia pietre ma il testo non dice nè contro chi nè perchè. Forse Said era solo uno sportivo e lanciare pietre era il suo sport preferito.
Insomma, i nostri media fanno di tutto per dare di Israele l'immagine meno positiva possibile, mentre usano nei confronti dei suoi nemici una accuratezza particolare per smussare,non dire,celare.
Tutto il contrario di quella "accuratezza nell'informazione" che dovrebbe essere il comportamento di chi, decentemente, ha il dovere di informare.