Il via ufficiale l’ha dato il Jerusalem Post con un articolo intitolato “Basta”. Riferito a Yasser Arafat. Naturalmente tutti i media hanno alzato un coro di proteste contro la tesi del quotidiano israeliano. Basta con Arafat dunque, espulsione oppure eliminazione fisica. Certo, sostenere che bisogna eliminare un essere umano non è una cosa facile da capire. Occorre conoscere la storia umana e politica dell’uomo, sapere quale ruolo ha avuto nella storia del terrorismo che tanto ha insanguinato lo Stato ebraico. Occorre fare uno sforzo per immedesimarsi nel popolo d’Israele e condividere decenni di vita accanto alla possibilità di saltare in aria o morire bruciato a seconda se sali su un autobus o prendi un caffè in un bar.
E anche avere il coraggio di chiedersi perché Israele deve accettare di convivere con la violenza ed il terrore quando qualunque altro stato avrebbe già provveduto ad eliminare, anche fisicamente, i responsabili di tanti atti criminali. Sì, anche fisicamente. Cosa sono se non eliminazioni fisiche le taglie “vivo o morto” lanciate contro criminali notori? Dialogare con un’idra dalle molte teste significa suicidarsi. Quelle teste vanno tagliate. Lo sceicco Yassin, che con tanta facilità i nostri media definiscono “guida spirituale di Hamas” predica l’uccisione di tutti gli ebrei “ovunque nel mondo essi si trovino”. Su cosa si dovrebbe dialogare, di grazia, con Yassin? E con il signor Rantisi, che passa le sue giornate a Gaza a predisporre attentati in Israele, dove ogni volta muoiono decine di innocenti, che dovremmo dirgli per farli capire che è un criminale assassino? Mandargli un telegramma? E con Arafat, che da quarant’anni è il più grande ostacolo alla pace e che finanzia almeno il 50% dei gruppi terroristi cosa dovrebbe fare ancora Israele oltre a quello che ha cercato di fare in tutti questi anni?
Può darsi che l’espulsione ottenga come risultato una sua ancora maggiore glorificazione di fronte al popolo palestinese. Oppure no, se guardiamo ai risultati del sondaggio svizzero pubblicato ieri dal Corriere. Solo il 22% dei palestinesi ha fiducia in Arafat. Segno che il 78% vorrebbe un altro leader. Cacciato Arafat, il vecchio raìs avrà poco da essere contento. Via lui, un Abu Ala o chiunque assumerà la leadership, sarà meglio di lui. Vien da sorridere quando leggiamo delle tante volte che Arafat sarebbe sfuggito agli attentati messi in atto da Israele per eliminarlo. La verità è l’opposto. Israele, in base al calcolo non sappiamo quanto saggio che dopo Arafat ne sarebbe arrivato uno peggio, non gli ha mai torto un capello. Anche quando avrebbe potuto farlo a colpo sicuro. Ma la generosità di Israele non ha pagato,. Con Arafat di mezzo non ci sarà mai nessuna pace. Qual è allora il dovere di uno Stato responsabile nei confronti dei suoi cittadini? Cosa deve fare per garantirne la sicurezza e la qualità della vita? Eliminare gli ostacoli che vi si frappongono. E oggi l’ostacolo maggiore si chiama Arafat. Se Abu Mazen, con Mohammed Dahlan, avesse avuto mano libera contro i gruppi terroristici e non avesse dovuto impiegare le sue energie per difendersi da Arafat, oggi ci troveremmo in una situazione ben differente. Se ciò non è avvenuto il nome del responsabile è uno solo: Arafat. Certo, di alleati ne ha ancora tanti nel nostro paese, come l’on. D’Alema, che sul Messaggero dell’altro giorno ha tenuto un comizio farneticante per mettere sotto accusa Sharon, imputandogli ogni sorta di colpa. Ma questi sono gli ultimi colpi di coda di una sinistra che ha ancora il cervello annebbiato dalla ideologia.
Israele, e tanti amici dello Stato ebraico, non la pensano così. Ha ragione il Jerusalem Post. Basta con Arafat, basta con il terrore e le stragi. I criminali che tali vogliono rimanere devono sapere che non avranno vie d’uscita. L’Europa ipocrita alza grida sdegnate. È convinta che gli attentati siano un affare che non la riguardano. Se dovesse succedere qualcosa anche qui, non è difficile immaginare quale sarà il risveglio improvviso delle anime belle. Se capiterà, i responsabili hanno già dei nomi, ai quali imputare ogni responsabilità. Chi se non Bush e Sharon, che con la loro ostinazione a non farsi sconfiggere dal terrorismo islamico hanno di fatto provocato quanto di terribile succede nel mondo? Saranno loro sul banco degli accusati, come lo sono oggi per il solo fatto che sono gli unici ad avere il coraggio di combattere il terrorismo. Ma non saranno soli, il mondo cambia, anche se l’on.D’Alema non se ne accorge.