Riprendiamo oggi 05/10/2018, dal GIORNALE a pag. 15, con il titolo "La strana idea che Hamas ha della pace" il commento di Fiamma Nirenstein; dal FOGLIO, a pag. 1, con il titolo "Andrea's Version", il commento ironico di Andrea Marcenaro.
A destra: "Cessate il fuoco?" "Ok... ho finito le munizioni"
Ecco gli articoli:
Il Giornale - Fiamma Nirenstein: "La strana idea che Hamas ha della pace"
Fiamma Nirenstein
Certo, pace! Hamas adesso vuole la pace, anzi, lo annuncia Yahya Sinwar, il suo capo. Lo fa in un'intervista a Repubblica che in realtà è poi Yediot Aharonot, giornale popolare israeliano, che l'ha pubblicata. Lui nega di averlo saputo, ma è chiaro: l'intervista è un messaggio politico a Israele che non contiene promesse di pace, ma semmai una minaccia di guerra. Se volete capire il Medio Oriente, dovete leggere bene quello che l'arciterrorista scelto nel febbraio del 2017 come capo di Hamas intende quando dice pace, proviamo a decifrarlo: «Voi sapete benissimo che cosa siamo capaci di fare, ne portate i segni sulla vostra pelle. Benissimo. Potrebbe interrompersi per un po', ma potrebbe peggiorare. I nostri terroristi sono pronti, i giovani che mandiamo a morire al confine con gli aquiloni e le bombe molotov, pure. Queste le condizioni: se non imponete ad Abu Mazen, voi che siete amici suoi, di fornirci i fondi che ci ha tagliato e di cui abbiamo estremo bisogno, se non lo costringete a consentire al Qatar, all'Iran, a tutti i nostri vari simpatici finanziatori di far convergere nelle nostre tasche i soldi e i beni che ci spettano... qui esplode tutto. Altrimenti, almeno per un po', saremo degli agnelli, e bloccheremo gli attacchi terroristici e le "marce del ritorno" che possono diventare molto più violente». Sinwar dice nell'intervista, che naturalmente subito viene promossa a titolo strategico da tutti quelli che in fondo trovano simpatica un'organizzazione islamista dedita all'omicidio sistematico di innocenti: «Non dico che non vogliamo più combattere ma che voglio porre fine all'assedio»; ma questo significa semplicemente: fate capire a Abu Mazen di piantarla di chiederci le armi in cambio dei soldi, le armi ci servono, il potere sarà nostro. Sinwar è un intelligente inventore di strategie che combinano la violenza delle dimostrazioni lungo i confini con una pretesa di legalità; la fedeltà alla fratellanza musulmana con la richiesta di aiuto al suo peggior nemico al-Sisi; il terrorismo con la diplomazia. Sinwar, che è stato in galera 22 anni e che è uscito con lo scambio di terroristi con Gilad Shalit, è un tipo che ha ammazzato letteralmente con le sue mani quelli di cui ha sospettato connivenze con gli israeliani, che dice frasi tipo «Abbiamo deciso di fare dei corpi delle donne e dei bambini una diga per bloccare il collasso arabo». Adesso urbanamente di fronte alla mancanza di denaro e di accesso e alla decisione di Abu Mazen di chiudere i cordoni della borsa, poiché fronteggia il disagio dei suoi, tramite la Repubblica e Yediot, Sinwar chiede l'intervento israeliano per salvarlo, e usa come scudo l'idea di cessare l'assedio.
IL FOGLIO - Andrea Marcenaro: "Andrea's Version"
Andrea Marcenaro
Yahya Sinwar
La prima buona notizia era questa: Hamas non vuole più fare la guerra. L’ha detto ieri il suo leader: “La guerra non serve e non conviene”. Minchia. Una seconda ne discendeva: “Chi vorrebbe affrontare una potenza supernucleare con quattro fionde?”. C’eravamo quasi. La terza notizia non c’era. Poteva perfino far sapere, la terza notizia, che se davvero Hamas non volesse più guerre sarebbe bastato correggersi lo statuto nella parte in cui dice: “L’Ultimo Giorno non verrà finché tutti i musulmani non combatteranno contro gli ebrei, e i musulmani non li uccideranno, e fino a quando gli ebrei si nasconderanno dietro una pietra o un albero, e la pietra o l’albero diranno: ‘O musulmano, o servo di Allah, c’è un ebreo nascosto dietro di me – vieni e uccidilo (articolo 7)”. Invece niente, picche. C’è il cugino di Casalino, all’ufficio stampa di Gaza.
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