Sugli 80 anni dalle Leggi razziali, sulla STAMPA di oggi, 22/09/2018, a pag.35, due servizi, entrambi incentrati sul docu-film di Giorgio Treves "1938 Diversi"
Il primo, una cronaca di Ariela Piattelli da Pisa, peccato non fossero presenti quei docenti che sostituirono i professori ebrei, ci fu anche uno già illustre in quell'anno che si rivolse untuosamente a Mussolini per entrare in possesso della cattedra resasi disponibile. A guerra finita, divenne vita natural durante uno dei guru più ascoltati dell'anti-fascismo.
Il secondo, l'intervista al regista di Fulvia Caprara. Nei cinema l'11 ottobre, su Sky Arte il 23 ottobre.
Ariela Piattelli: "Leggi razziali, 80 anni dopo arrivano le scuse delle università"
Ariela Piattelli
C'è un'immagine I che può riassumere la spietatezza e l'effetto devastante che ebbero le leggi razziali sull'Italia, sul mondo accademico, sulla scuola, sugli ebrei. È un frame del documentario 1938. Diversi di Giorgio Treves. C'è un bambino che siede solo e afflitto nel cortile della scuola da cui è stato cacciato, in un silenzio palpabile, circondato da alberi spogli. Chi non è con lui ha obbedito o è rimasto indifferente, come spiegano poi i testimoni e gli storici ascoltati da Treves nel documentario presentato al festival di Venezia, che affronta il tema delle leggi razzialiin tutti i suoi aspetti, dalla loro genesi, la propaganda antiebraica fino alle conseguenze, l'esclusione e poi le deportazioni. Il bambino del disegno è Roberto Bassi, che nel 1938 era iscritto alla scuola elementare Armando Diaz di Venezia. «Prima ci raccontarono che esistevano le razze», poi un giorno la maestra lo cacciò dalla classe. «Mi ritrovai solo, in cortile e scoppiai a piangere» ricorda Bassi, ripercorrendo commosso i corridoi della scuola e le emozioni di allora. I «Provvedimenti perla difesa della razza nella scuola fascista», controfirmati il 5 settembre 1938 da Vittorio Emanuele III nella tenuta di San Rossore, già firmati da Benito Mussolini e dal ministro all'educazione nazionale Giuseppe Bottai, sono il primo atto della campagna antisemita attuata dal fascismo. I provvedimenti decretavano l'allontanamento dei docenti ebrei dalle università, dalle accademie e l'espulsione di insegnanti, presidi e alunni di religione ebraica da tutte le scuole. Le conseguenze di quei sette brevi articoli furono devastanti: 448 docenti vennero allontanati dagli atenei, 727 studiosi cacciati dalle accademie, 279 tra presidi e professori dalle scuole medie, altre centinaia dalle elementari, e circa 7.000 studenti, tra scuole e università. «L'esclusione degli ebrei dalle università conferma gli obiettivi perseguiti dal regime. L'eliminazione progressiva di tutti gli ebrei dai gangheri della nazione». E ancora: «Ha perduto qualcosa la nostra cultura? No. Perché quei 98 professori erano ebrei. Non erano italiani». Sono citazioni di Giuseppe Bottai e Giorgio Almirante, interpretate nel film dall'attore Alessandro Federico, che assieme a Stefania Rocca e Roberto Herlitzka dà voce ai carnefici e alle vittime che non ci sono più, e che si alternano alle testimonianze di chi quelle infami leggi le subì, come la Senatrice Liliana Segre, l'avvocato torinese Bruno Segre, Alessandro Treves, Rosetta Loy e altri ancora. Giovedì in un altro cortile, a pochi chilometri da San Rossore, nel Palazzo della Sapienza dell'Università di Pisa, si è tenuta la «Cerimonia del ricordo e delle scuse»: il rettore dell'università pisana Paolo Mancarella ha pronunciato le scuse alla Presidente dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, a nome dell'accademia italiana che 80 anni fa ha aderito, applicato le leggi razziali e ha epurato professori in tutto il Paese; pochi degli usurpatori dopo la Liberazione hanno restituito le cattedre ai colleghi ebrei epurati. È la prima volta che l'università italiana fa i conti con le sue colpe e responsabilità, in prima fila alla cerimonia rettori da tutti gli atenei. E se a qualcuno queste scuse sono risultate troppo facilio paradossali, così ha risposto Liliana Segre: «A coloro che credono che quest'atto di scuse sia tardivo, rammento che poteva non essere mai compiuto»
Fulvia Caprara: " Non solo gli ebrei, il mio film racconta tutti gli italiani"
Fulvia Caprara
Giorgio Treves
Sono passati 80 anni da quel giorno assurdo (18 settembre 1938) in cui «il popolo italiano, che non era tradizionalmente antisemita, fu spinto dalla propaganda fascista ad accettare la persecuzione di una minoranza che viveva pacificamente in Italia da secoli». Giorgio Treves ha girato 1938 Diversi, un documentario in cui immagini, voci, testimonianze dirette, disegni animati e testi interpretati da attori famosi, per comporre il quadro di un evento agghiacciante che, come altri orrori della Storia, potrebbe sempre ripetersi: «Il film nasce da un profondo bisogno di sapere, di capire, e di far conoscere. Anche perchè quei fatti, seppure in modi diversi, tornano a minacciare il nostro futuro». Dopo l'anteprima alla Mostra di Venezia, l'opera, realizzata da Tangram Film di Roberto e Carolina Levi arriva nei cinema 1'11 ottobre e 1123 andrà in onda su Sky Arte che ha collaborato alla produzione. Vi partecipano Liliana Segre, Roberto Bassi, Marco Avagliano, Rosetta Loy, Sergio Luzzatto, Luciana Castellina, Walter Veltroni e gli attori Roberto Herlitzka e Stefania Rocca. Che cosa successe nella sua famiglia in seguito alla promulgazione? «I miei furono avvisati dagli Agnelli, ci fu detto che era meglio andare via. Così, nel maggio del 194O, per sfuggire alle leggi razziali fasciste mio padre e mia madre lasciarono Torino e si imbarcarono sull'ultima nave passeggeri che andava in America». Come reagirono gli italiani? «Nel film volevo mostrare proprio questo, è una delle ragioni per cui non ho scelto solo testimoni ebrei. Ci furono modi differenti di rispondere, i comportamenti cambiavano, soprattutto se si trattava di ebrei amici. Ci fu pure chi aveva aziende e cercò di assumere persone facendogli cambiare il nome. Per Diversi ho voluto anche testimoni che non avessero già parlato in televisione e che potessero raccontare con lo sguardo dell'infanzia, perché all'epoca degli avvenimenti erano bambini». Come fu possibile un cambiamento così repentino nell'atteggiamento del popolo italiano? «Fino al 1935 il razzismo da noi quasi non esisteva, ma il fascismo, nel Ventennio della sua dittatura, è riuscito a dividere il Paese, a creare una serie A e una serie B con una propaganda accanita. I perseguitatori più agguerriti furono gli studenti cresciuti in quei vent'anni. Nella società era stato inoculato un virus che ha messo radici e continua a proliferare». Secondo lei nutrito da cosa? «Dall'indifferenza, dall'abu *** lia, da una generale perdita di coscienza e dalla tendenza a delegare le decisioni a un capo, a chi è al potere in quel determinato momento. Le discriminazioni ci sono sempre state, negli Anni 60 riguardarono i meridionali, i "terroni" che andavano a lavorare al Nord. Credo che forse il periodo berlusconiano abbia contribuito a formare una generazione di italiani con tendenza alla miopia e alla voglia di chiudersi nel proprio guscio». In questa fase avverte segnali preoccupanti di ritorno al passato? «Mi colpisce il modo con cui vengono recepite certe affermazioni. Sono rimasto sconvolto quando ho letto che la Meloni ha proposto la depenalizzazione della tortura. Questo è un sintomo importante, c'è la volontà di cancellare certe cose. Salvini ha dichiarato di voler fare il censimento dei Rom, nel `38 quello stesso procedimento fu messo in pratica sugli ebrei». Per indicare l'intento del film ha scelto di citare le parole di Umberto Eco. Perchè? «Quel testo in cui dice che "Il fascismo può ancora tornare sotto le spoglie più innocenti" e in cui ne analizza i denominatori comuni fa rabbrividire. È vero, c'è sempre un nuovo nemico su cui le colpe possono essere addossate».
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