IC7 - Il commento di Lia Levi
Dal 9 al 15 settembre 2018
A 80 anni dal Manifesto della Razza: ma allora quelle Leggi sono davvero esistite!
E siamo arrivati a “ottant’anni dopo” le Leggi razziali. Qualche osservazione a bocce ferme (ma speriamo che, no, non si fermino). La prima è una specie di stupita constatazione per come si sia manifestato di colpo, davanti ai nostri occhi, una sorta di miracolo. Le leggi razziali italiane, minimizzate o addirittura svogliatamente negate dalla nostra opinione pubblica e dai relativi condottieri politici (ricordate delle esternazioni dell’ancora aspirante Re d’Italia e quelle di Berlusconi negli anni 90?) hanno ora acquistato spazio, visibilità e concretezza in tutto il loro orrore. Ma allora non si può mettere tutto in conto alla (innegabile) ferocia della Soluzione dei nazisti! Le Leggi Italiane sono esistite e hanno esercitato con dovizia il loro impatto devastante sul piccolo e antico gruppo di cittadini ebrei. A risvegliarci da questo rassicurante torpore delle coscienze per una pagina che ci si è rifiutati di leggere, un ruolo fondamentale lo ha senz’altro esercitato il presidente Mattarella che oggi, nel 2018, ha parlato forte e chiaro delle colpe del nostro Paese.
Le sue espressioni e le scuse che (finalmente!) sono state indirizzate agli ebrei d’Italia hanno ricevuto una inaspettata attenzione da parte dei media e di un notevole spicchio di una società forse già abbastanza frastornata dal conturbante momento politico che stiamo attraversando. Momento in cui, come in tutti i periodi di profonda crisi, ricompare la figura del “capro espiatorio”, questa volta sotto le spoglie dello straniero (gli ebrei di questo fenomeno ne sono stati, nei secoli, edotti in presa diretta). Scendendo di parecchi gradini, per arrivare ad una reazione personale, devo prendere atto di un mio strano accadimento interno. Per me che di queste leggi sono stata parte lesa, seppur da bambina parzialmente consapevole, è stato come se me le registrassi dentro per la prima volta. E mi sono trovata a ri-raccontarmele in modo primigenio, quasi infantile, come se mi stessi svegliando all’alba del mondo. Stranamente come prima cosa mi è nato un infinito stupore. E sillabando sui fatti mi sono trovata a domandare solo: “com’è possibile?”.
Com’è possibile che un dito qualunque, oscillando a caso nello spazio, si fermi su un “tu” qualunque e gli gridi: “Via! Tu devi andare via!”. Tu e non un altro tale e quale a te. E così deve uscire dal primo banco a sinistra la scolara della II C con le scarpe sempre slacciate, è costretto ad andarsene lontano il ciclista dell’angolo così paziente con le gomme bucate delle biciclette dei bambini o il docente che deve ogni volta ritornare in aula perché ogni volta ha dimenticato i suoi occhiali. Dove saranno poi andati a finire senza un banco di scuola e senza occhiali? Se ci si pensa, prima di dar spazio alla sofferenza, ti afferra quello smarrimento da sempre provocato da una cosa insensata e ti disperdi alla ricerca di un possibile senso che per fortuna non si troverà mai. Ma forse l’unico gesto possibile è cercare di trasmettere innanzitutto questo doveroso “non capire” poi, certo, si arriverà ai fatti e alla loro dolorosa disamina. Del resto siamo sempre nell’ampio Luogo del nostro “e lo ripeterai ai tuoi figli e ne discorrerai stando in casa e camminando per la via”.
Lia Levi, scrittrice