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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Diario da Israele 26-03-03
Qualunque cosa arriverà dopo Saddam sarà sempre meglio di Saddam. È questa la componente ottimistica che collega chi si augura che la guerra finisca in fretta e chi invece non è convinto che il progetto di sostituire con la democrazia le dittature esistenti in medio oriente abbia reali possibilità di realizzazione. Ora, visto da Israele, quello che conta è che vengano smantellati e distrutti i missili a lunga gittata puntati in Iraq sullo stato ebraico.

I più ottimisti pensano che l’effetto domino provocato dalla caduta di Saddam coinvolgerà la Siria, l’Iran e finirà col dare l’ultimo scossone anche ad Arafat. L’arrivo sulla scena palestinese quale primo ministro di Abu Mazan sembrerebbe dare ragione a questa tesi. Non a caso lunedì scorso Shimon Peres ha espresso soddisfazione per l’elezione di Mazen, che rivela l’esistenza di un processo democratico. Una nuova leadership palestinese e un Iraq se non proprio democratico ma comunque liberato dalla dittatura, potrebbero spingere la Siria verso una politica diversa da quella attuale. Potrebbe far rientrare le sue forze di occupazione dal Libano e togliere così l’appoggio al gruppo terroristico Hezbollah, sempre pronto ad attaccare al confine con Israele con l’aiuto dell’Iran. Il Libano, liberato dalla presenza di Siria e Iran e restituito alla sua indipendenza, potrebbe essere il prossimo stato a firmare la pace con Israele. Potrebbe anche finire l’intifada, così come finì la precedente con la fine della prima guerra del golfo. l

Chi avanza invece dubbi non è così certo che la sequenza del dopo guerra sarà così semplice. Teoricamente è tutto perfetto: eliminare Saddam, favorire la formazione di un nuovo governo, realizzare partendo dalle fondamenta un sistema democratico e la democratizzazione di tutto il medio oriente. Realizzarlo non sarà facile. Ma da lì bisognerà partire, altrimenti la guerra contro il terrorismo islamico non avrà mai fine. Bush e Blair ci stanno provando. Sono alla fase uno. Per arrivare alla quattro occorre che siano vincenti le prime tre. Non sarà domani, ma chi vede con ottimismo il futuro porta l’esempio degli stati ex comunisti dell’Europa dell’Est. Caduto il comunismo sovietico (leggasi Saddam) sono cadute tutte le repubbliche “democratiche socialiste” e dopo il comunismo e arrivata la democrazia. Accanto ad America e Inghilterra si sono schierati tutti gli stati ex comunisti, che senza esitazione sono entrati a far parte della coalizione contro Saddam. Non è automatico che il cambiamento si realizzi anche in Medio Oriente, ma Bush e Blair ci stanno provando. Per ora Israele sta alla finestra e si augura che il punto uno venga raggiunto al più presto. Se gli iracheni verranno liberati da Saddam (punto uno) entreranno in gioco gli altri tre punti. E Israele sarà della partita. Il Governo Sharon non potrà più occuparsi soltanto della crisi economica, ma dovrà spendere tutta la fiducia che gli elettori gli hanno dato per far sapere ad alleati e nemici quali carte intende giocare per arrivare ad una pace definitiva con i palestinesi. Che non potranno continuare a dire sempre no, soprattutto se il Medio Oriente sarà cambiato.

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