Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/09/2018 a pag. 1 con il titolo " 'Hanno gli stessi follower di cantanti e attori. Queste star non intrattengono, ma islamizzano l’occidente'. Il rapporto arrivato a Macron" l'analisi di Giulio Meotti.
Giulio Meotti
Roma. “I loro nomi non diranno nulla al pubblico e tuttavia sono tra le personalità più seguite sui social network” commentava ieri Bfm Tv. “Alcuni hanno più follower del Dalai Lama e del Papa e solo qualcuno meno del presidente americano”. Su Twitter sono più popolari di Mariah Carey, Ricky Martin, Elon Musk e della Reuters. Soltanto che, a differenza di questi ultimi, loro non intrattengono l’occidente, ma lo stanno islamizzando. Sono le grandi star islamiche dei social e sono finite sotto la lente d’ingrandimento del nuovo studio “La fabbrica dell’islamismo” dell’Istituto Montaigne, diretto da Hakim el Karoui, consigliere dell’Eliseo per le questioni islamiche (il Monde lo definiva “l’uomo che mormora all’orecchio di Emmanuel Macron”). L’editoriale non firmato del Figaro recitava: “Non possiamo dire che non lo sapevamo. La teoria è elaborata in Arabia Saudita, in Turchia o sotto l’egida dei Fratelli musulmani. Un’abbondante letteratura la diffonde, i social network la amplificano, le moschee attestano sempre più il suo potere. Abbigliamento, cibo, musica, tutto, anche gli usi più comuni, devono obbedire alla legge coranica. I predicatori proclamano di difendere il ‘vero islam’ e l’Istituto Montaigne ritiene che sia un’ideologia coerente e mortale come il comunismo”.
La pagina Facebook di Mohammed al Arifi
Sebbene Twitter rimanga largamente dominato dalle star dell’intrattenimento (cantanti, sportivi, attori), è anche un vettore immenso per gli influencer di tutti i tipi. E fra i primi centocinquanta account con il maggior numero di follower, quindici sono gestiti da predicatori islamisti, salafiti e wahabiti. E circa il 30 per cento dei musulmani francesi (1,2 milioni di cittadini francesi) è stato influenzato da questi contenuti estremisti. Non soltanto, ma se si esclude la gente dello spettacolo, questi imam sono al settimo, ottavo, decimo, quindicesimo e sedicesimo posto in classifica su Twitter nel mondo delle idee.
Uno è Mohammed al Arifi, cinquantenne teologo saudita noto per gli attacchi agli ebrei, ai gay e agli sciiti, oltre che per essere stato interdetto dal Regno Unito e aver giustificato le botte alle mogli. Ha 21,6 milioni di follower su Twitter, 24 milioni su Facebook e ha detto che “i soldati ebrei defecano nei loro carri armati perché hanno troppa paura a lasciarli”, oltre a pregare perché di ebrei al mondo non ne rimanga neanche uno. C’è Aid al Qarni, quarantenne saudita, noto per aver emesso una fatwa che giustifica l’uccisione del presidente siriano Bashar el Assad (19,2 milioni di follower). Si va da Ahmad al Shugairi (18 milioni di follower) a Mishary Rashid al Afasy, imam kuwaitiano da 14,1 milioni di follower, passando per Salman al Awdah, vicino alla Fratellanza musulmana e che ha chiamato al jihad contro gli americani in Iraq (14,5 milioni di follower). Sono tutti predicatori seguitissimi in Francia, dove il salafismo ha visto “un aumento del 900 per cento del numero dei suoi fedeli” e dove l’Arabia Saudita e il Qatar sono da molti anni i principali finanziatori delle moschee. Il cambiamento è visibile in molti quartieri francesi di Parigi, Roubaix o Marsiglia: “Ogni individuo è integrato in un progetto totale (rapporto uomo-donna, standard halal, finanza islamica …) volto a codificare la sua intera esistenza”, si legge nel rapporto dell’Istituto Montaigne. “E’ come il comunismo”. E su Internet, “gli islamisti hanno il monopolio del discorso su tutte le questioni relative alla fede musulmana”. I famosi “moderati” vanno forte negli studi televisivi, ma il loro appeal sulle masse è pressoché nullo. L’occidente sta perdendo la guerra culturale contro il fondamentalismo islamico.
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