Mentre il papa chiede al mondo un giorno di digiuno in nome della pace, ecco che arriva, prima ancora che il giorno finisca, la risposta del terrorismo palestinese. L'autobus Egghed n°37 che collega l'università al centro di Haifa salta in aria alle ore locali 14,17. Mentre scriviamo i morti sono 17 e i feriti, tra i quali molti in fin di vita, più di 40. L'ora e il percorso dell'autobus indicano chiaramente qual'era l'obiettivo dell'attentatore. Fare strage di studenti, ucciderne quanti più possibile.
Sappiamo a memoria quello che leggeremo stamane sui giornali, quante lacrime di coccodrillo verranno sparse su quelle giovani vite spazzate via dall'odio che non conosce alcun dialogo e nessuna volontà di pace. Non digiunano quelli che massacrano innocenti, annullando insieme alle vite di molti anche la loro. Non digiunano perchè credono ciecamente solo che solo distruggendo Israele riusciranno a riscattare il loro misero presente. Non sanno, accecati come sono dall'indottrinamento fanatico a cui sono sottoposti, che la causa delle loro disgrazie non si chiama Israele ma mondo arabo, un mondo fatto di privilegi e sudditanze, di enormi ricchezze in mano a pochi e di miseria comune a tutto un popolo. Sottomessi come sono a una leadership corrotta non capiscono che senza un cambiamento radicale il loro futuro sarà uguale a quello di oggi. Certo, gli attentati continueranno, la vita degli israeliani sarà sempre a rischio come lo è drammaticamente oggi, ma il rifiuto arabo di riconoscere la democrazia come l'unica possibilità consentita per uscire dallo spaventoso medio evo nel quale vivono costerà ancora, non solo agli israeliani, attentati e stragi. Perchè è nel rifiuto della democrazia quale sistema nel quale vivere la causa della arretratezza e quindi del fanatismo che contraddistingue gran parte del mondo musulmano. La sola esistenza di Israele è uno scandalo per chi identifica-giustamente- nello stato ebraico la modernità. Non è solo l'antisemitismo, che ha pur segnato profondamente le relazioni fra mondo ebraico e mondo musulmano culminando nella alleanza di quest'ultimo con il regime nazista,che segna l'impossibilità di vivere l'uno accanto all'altro. C'è ben di più. C'è l'esempio troppo confinante di Israele, un paese libero e democratico, nel quale il popolo sceglie da chi essere governato, dove le donne invece di portare il velo governano il paese accanto agli uomini, dove i costumi sessuali sono l'esatto opposto di quanto avviene ancora nella soffocante famiglia autoritaria musulmana, dove il rispetto dei doveri va di pari passo con quello dei diritti. Dove la giustizia giudica in tribunale e non appende per i piedi nelle strade dopo un giudizio sommario.
Ma la responsabilità di quanto avviene non può essere attribuita solo ad Arafat e alla sua corte, sotto qualunque sigla si presenti il terrorismo palestinese.
E' la cecità dell'Europa ad essere chiamata in causa, in buona o in cattiva fede poco importa. Abbiamo il massimo rispetto per chi si richiama ai valori universali della pace. Ma quei valori cessano di essere tali quando la volontà di morte supera il rispetto per la vita. Golda Meir disse che i palestinesi arriveranno ad ottenere la pace quando ameranno più i loro figli di quanto odino gli ebrei.
Quel tempo non è ancora arrivato. Bisogna aiutare i palestinesi prima che sia troppo tardi, per loro e per le loro vittime. E l'unico modo per farlo è combattere i dittatori sul campo che loro stessi hanno scelto. Senza più esitare. Senza paura.