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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
07.09.2018 Siria: Idlib nella morsa di Turchia, Iran e Russia
Commento di Roberto Bongiorni

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 07 settembre 2018
Pagina: 19
Autore: Roberto Bongiorni
Titolo: «Siria, il destino di Idlib in mano a tre diverse agende»
Riprendiamo adl SOLE24ORE di oggi, 07/09/2018, a pag.19, con il titolo "Siria, il destino di Idlib in mano a tre diverse agende" l'analisi di Roberto Bongiorni.

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Roberto Bongiorni

C'è più di qualcosa che accomuna Russia, Turchia e Iran nei confronti degli Stati Uniti. La loro visione geopolitica è diametralmente opposta, le relazioni con Washington sono ai minimi storici, tutti sono stati colpiti dalle sanzioni Usa. Ma sulla crisi siriana Mosca e Ankara, in misura minore anche Teheran, hanno obiettivi e agende diverse. A pochi giorni dall'inizio della grande offensiva delle forze siriane contro la regione nord-occidentale di Idlib, ultima roccaforte in mani ai ribelli anti-regime, il presidente russo Vladimir Putin,il turco Recep Tayyp Erdogan e l'iraniano Hassan Rohani si incontreranno oggi a Tabriz, in Iran, per trovare una soluzione ed evitare un bagno di sangue. E la terza volta in meno di un anno che i leader di questo inedito terzetto si ritrovano faccia a faccia per cercare di tracciare la transizione della Siria che verrà. Gli impegni presi spesso non hanno retto alla prova dei fatti.

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Idlib, Siria

Anche questa volta non sarà facile, dovranno trovare la quadratura del cerchio. In Siria Erdogan, il capo di Stato più ostile al presidente siriano Bashar al-Assad, ha già patito una serie di cocenti sconfitte diplomatiche. La Siria di oggi non è la Siria che Erdogan, il maggior sponsor di diversi Putin, Erdogan e Rohani cercheranno di evitare un bagno di sangue. Ma ormai la guerra ha i suoi vincitori movimenti armati dell'opposizione siriana, sognava soltanto tre anni fa. Se l'intera Idlib dovesse capitolare senza contropartite, per Erdogan sarebbe difficile mascherare la sconfitta. Putin, alleato del regime siriano, in sintonia con Teheran ma al contempo in buoni rapporti anche con Israele, vorrebbe spazzare via i terroristi (così da anni dipinge tutte le formazioni armate anti-regime) e restituire la Siria al presidente Assad. Riconquistando Idlib scaccerebbe i gruppi filo-qaedisti di Tahrir alSham da un'area troppo vicina alle basi militari e aeree russe sulla costa mediterranea Le mire dell'Iran sono note: trasformare la Siria in un protettorato in un momento in cui Teheran si sente assediata. I tre leader hanno espresso punti di vista divergenti sulla questione siriana. Per Erdogan va fermata l'offensiva su Idlib perché «sarebbe un vero massacro». Irritato dal lancio di razzi iraniani dalla Siria sul nord di Israele, in maggio Putin ha chiesto che «le forze armate straniere siano ritirate dal territorio della Siria». Teheran aveva già ribadito in gennaio che «l'Iran deve restare in Siria e in Iraq per difendere l'unità islamica» e «stabilizzare la regione». Ma l'offensiva su Idlib, la battaglia finale che potrebbe sancire la vittoria completa del regime dopo sette anni di guerra, è alle porte. Da giorni le forze di Assad stanno colpendo con l'artiglieria le postazioni dei ribelli. Le forze russe hanno ripreso i bombardamenti aerei. L'esercito turco, che a Idlib ha 12 punti di osservazione e centinaia di soldati, sta rinforzando la sua presenza Erdogan ha dalla sua un argomento sensato. Se l'offensiva dovesse degenerare in un disastro umanitario - le premesse ci sono - quasi tre milioni di civili premerebbero sul confine turco terrorizzati dal pericolo di rappresaglie da parte delle milizie siriane e iraniane. La Turchia, che è già il paese con il più alto numero di rifugiati al mondo, (3,5 milioni di siriani) non potrebbe permettersi un simile fardello. Erdogan, tuttavia, non vuole un punto di rottura con Putin. La Russia resta pur sempre il primo partner commerciale della Turchia e un suo grande fornitore di energia Così come l'Iran (nel 2018 metà delle importazioni turche di greggio sono arrivate proprio dall'Iran). L'offensiva, tuttavia, appare inevitabile. Putin cercherà di trovare un approccio meno drastico per non irritare troppo il presidente americano Donald Trump e soprattutto per non umiliare Erdogan. Che a sua volta potrebbe chiedere che l'offensiva sia limitata su alcune aree e prenda di mira e solo i movimenti estremisti, cercando di conservare una zona di influenza a sud del confine turco. L'Iran potrebbe anche accettare, ma è presumibile che ponga come condizione la permanenza delle sue truppe e delle sue basi su parti del territorio siriano. Il destino di Idlib appare segnato. Ormai la guerra l'ha vinta Assad. O meglio, l'ha vinta Putin. È lui il direttore d'orchestra, l'uomo che detterà l'agenda della Siria che verrà.

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