Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 07/09/2018, a pag. 2, con il titolo 'Il 40 per cento degli ebrei inglesi se ne andrà in caso di vittoria di Corbyn' il commento di Giulio Meotti.
A destra: Fiume di liquame, dove conduce l'antisemitismo di Jeremy Corbyn
Giulio Meotti
Roma. Ieri mattina, alle fermate degli autobus di Westminster, Waterloo e Bloomsbury, a Londra, sono apparsi manifesti abusivi che definivano Israele “razzista”. Non a caso è successo il giorno dopo in cui il Labour, contro la volontà del suo segretario Jeremy Corbyn, ha finalmente adottato la definizione internazionale sull’antisemitismo, fra cui l’attacco allo stato ebraico come forma di razzismo (Corbyn era sempre stato contrario a questa clausola). La London Palestine Action ha rivendicato l’affissione dei manifesti. Oggi la vita ebraica in Gran Bretagna è più minacciata che in qualsiasi momento dalla Seconda guerra mondiale e a causa di un uomo, il leader del partito laburista Corbyn, e della politica fetida che lo circonda. Nelle stesse ore dei manifesti, Scotland Yard annunciava l’apertura di una inchiesta su 21 casi di antisemitismo nel Labour, fra cui un membro del partito che avrebbe scritto: “Dobbiamo liberarci degli ebrei, un cancro per tutti noi”. La comunità ebraica inglese è sprofondata in un vero e proprio stato di angoscia e di assedio, tanto che ieri è uscito un sondaggio secondo cui il 40 per cento di loro “sta seriamente pensando di emigrare” in caso di vittoria di Corbyn alle prossime elezioni. Persino dopo l’attacco alla comunità ebraica francese nel gennaio 2015, quella percentuale era ferma all’undici per cento. Il sondaggio ha dato sostanza ai commenti all’inizio di questa settimana dall’ex rabbino capo britannico, Lord (Jonathan) Sacks, che ha detto in un’intervista alla Bbc che con l’ascesa di Corbyn gli ebrei stanno affrontando una “minaccia esistenziale” in Gran Bretagna e che molti stanno pensando di lasciare il nazione. “Non conosco altre occasioni in questi 362 anni in cui gli ebrei - la maggior parte della nostra comunità – si sono chiesti ‘questo paese è sicuro per allevare i nostri figli?’”, ha detto Sacks. L’ex rabbino, una delle personalità ebraiche più influenti e rispettate al mondo, la scorsa settimana aveva già descritto Corbyn come “un antisemita” che ha “dato sostegno a razzisti, terroristi e mercanti di odio”. Lo scorso aprile Pinchas Goldsmith, presidente della Conferenza europea dei rabbini, aveva avvertito: “Gli ebrei potrebbero fuggire se Corbyn venisse eletto”. Poi, a luglio, 68 rabbini britannici avevano scritto una lettera aperta al Guardian in cui accusavano la leadership laburista di ignorare la comunità ebraica e l’antisemitismo “grave e diffuso” che affligge il partito. Poco dopo, con una mossa senza precedenti, i tre principali giornali ebraici del paese avevano pubblicato la stessa copertina in cui parlavano di una “minaccia esistenziale alla vita ebraica” in Gran Bretagna. Corbyn è stato a lungo associato – involontariamente dice lui - con il negazionista dell’Olocausto Paul Eisen. È stato un membro di gruppi Facebook pieni di cospirazioni antiebraiche. Corbyn ha ospitato un evento sul Memoriale dell’Olocausto in cui il governo israeliano è stato paragonato ai nazisti. Poi è apparso sulla televisione iraniana per celebrare il rilascio di terroristi palestinesi da parte di Israele in un doloroso scambio di prigionieri con Hamas. E si è riferito ai detenuti come a “fratelli”. Ma forse la rivelazione più terribile è emersa il mese scorso. Nel 2014, Corbyn ha deposto una corona di fiori sulle tombe di terroristi coinvolti nell’omicidio di atleti israeliani ai Giochi olimpici di Monaco nel 1972. All’evento era accanto a un leader del Fronte popolare per il Liberazione della Palestina, un gruppo con una storia di cinquant’anni di terrorismo in Israele e all’estero. Mai prima d’ora uno dei due grandi partiti in Gran Bretagna aveva considerato la creazione di Israele, all’indomani dell’Olocausto, come un atto colonialista, come pensa Corbyn. In un’altra diatriba, nei giorni scorsi, Corbyn ha detto che “i sionisti” non sanno apprezzare la proverbiale ironia britannica. Quest’ultimo intervento ha spinto J.K. Rowling, l’autrice della saga di Harry Potter, a scontrarsi con un collega scrittore, Simon Maginn, alias Simon Nolan. Quest’ultimo ha definito l’indignazione ebraica “sintetica”, invitando la comunità a “spiegare il tuo profondo e feroce senso di ferita”. Rowling, che non è ebrea, ha twittato in risposta: “Come osi dire a un ebreo che il loro oltraggio è ‘palesemente sintetico’? Di quale altra minoranza parleresti in questo modo?”. Già, di quale altra minoranza gli antisemiti inglesi di sinistra, sempre così traboccanti di umanitarismo, parlerebbero in questo modo?
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