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La Stampa Rassegna Stampa
06.09.2018 Germania: ebrei per AfD? esistono, quando la sinistra tradisce
Commenti di Walter Rauhe, Sofia Ventura

Testata: La Stampa
Data: 06 settembre 2018
Pagina: 13
Autore: Walter Rauhe - Sofia Ventura
Titolo: «Nella destra xenofoba dell’AfD nasce il gruppo degli ebrei - Da Anversa e Berlino è il timore per l’estremismo islamico a spingere gli ebrei verso destra»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/09/2018, a pag.13, con il titolo "Nella destra xenofoba dell’AfD nasce il gruppo degli ebrei" la cronaca di Walter Rauhe; a pag. 23, con il titolo "Da Anversa e Berlino è il timore per l’estremismo islamico a spingere gli ebrei verso destra", il commento di Sofia Ventura.

Per la prima volta si parla sui giornali italiani di consensi di alcuni ebrei verso l'estrema destra tedesca, un partito che ha utilizzato toni forti per quanto riguarda il pericolo di una immigrazione indiscriminata che porta inevitabilmente anche alla crescita di criminalità, violenza e antisemitismo. Il fenomeno riportato da Rauhe è finora molto ridotto - il giornalista scrive di "almeno tre" ebrei noti in Germania che militano nelle file di AfD in una comunità di circa 120.000 persone - ma è verosimile che questo numero aumenti, soprattutto se i governi non troveranno modo di arginare l'islamismo in Europa.

Ecco gli articoli:

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Walter Rauhe: "Nella destra xenofoba dell’AfD nasce il gruppo degli ebrei"

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Walter Rauhe

Ebrei che militano nelle file di un partito populista e di estrema destra, e questo proprio in un Paese come la Germania? Quella che può apparire come un’antitesi poco verosimile è invece realtà all’interno dell’Alternative für Deutschland (AfD). Ufficialmente sono almeno tre i cittadini tedeschi di fede ebraica iscritti al partito ultra-nazionalista e anti-tutto (anti-islamico, anti-immigrati, anti-euro, anti-globalizzazione, anti-Merkel) accusato di condividere e propagare ideologie apertamente negazioniste, xenofobe e antisemitiche. Ma il vero numero degli ebrei già in possesso di una tessera del partito e di quelli intenzionati ad aderirvi in futuro è più alto e sembra destinato ad aumentare ulteriormente.

Secondo indiscrezioni che già da qualche tempo circolano sulla stampa tedesca, ai primi di ottobre verrà fondata a Offenbach, nei pressi di Francoforte, la prima associazione degli «Ebrei nella AfD». Promotore dell’iniziativa è un certo Wolfgang Fuhl, dal settembre del 2017 deputato della AfD al Bundestag e membro della comunità ebraica di Lörrach, nel Sud-Ovest della Germania. La biografia politica del 58enne è piuttosto movimentata: da giovane militava negli ambienti del movimento studentesco in una cellula d’ispirazione maoista. Successivamente è passato agli Jusos, la federazione giovanile del Partito socialdemocratico, è stato per alcuni anni attivista e funzionario dei sindacati e nel 2013 è passato all’Alternative für Deutschland. Insieme a Emanuel Krauskopf, delegato dell’AfD a Francoforte dove era anche membro del consiglio amministrativo della comunità ebraica locale, Krauskopf motiva la sua scelta di aderire al partito della destra populista con la sua netta opposizione alla politica migratoria di Angela Merkel. Aprendo nel 2015 le frontiere a quasi un milione di profughi provenienti prevalentemente dalla Siria, dall’Afghanistan e dall’Iraq, la cancelliera avrebbe contribuito ad accelerare il processo di islamizzazione della società tedesca. «Per noi ebrei questo ha provocato un drastico aumento delle aggressioni e degli episodi di antisemitismo dal momento che la stragrande maggioranza dei migranti è di fede islamica e odia lo Stato d’Israele e più in generale tutti gli ebrei», spiega Krauskopf. Il fatto che il co-presidente dell’AfD Alexander Gauland abbia minimizzato più volte i crimini commessi dalla Germania nazista, che il leader regionale della Turingia Björn Höcke abbia definito il Memoriale dell’Olocausto a Berlino come un monumento vergognoso o che i partecipanti ad una visita guidata nell’ex campo di concentramento di Sachsenhausen organizzata dalla capogruppo dell’AfD al Bundestag Alice Weidel abbiano messo in dubbio l’esistenza delle camere a gas, non sembra dare fastidio a Krauskopf, Fuhl e agli altri ebrei iscritti al partito.
«Ma la presenza di ebrei in partiti d’ispirazione xenofoba e antisemita non è un’eccezione», spiega Micha Brumlik del Centro di Studi ebraici di Berlino. Nel 1919, ai tempi della Repubblica di Weimar, alcuni reduci della Prima guerra mondiale fondarono l’associazione ultraconservatrice dei «Soldati ebrei del fronte» mentre alcuni anni dopo un gruppo di fanatici sostenitori di Adolf Hitler diedero vita all’«Unione degli ebrei tedesco-nazionali». Il loro appoggio incondizionato all’ideologia nazista e persino alle sue dottrine razziali non risparmiò ai componenti del gruppo persecuzioni e la deportazione nei campi di sterminio.

Sofia Ventura: "Da Anversa e Berlino è il timore per l’estremismo islamico a spingere gli ebrei verso destra"

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Sofia Ventura

La notizia che in ottobre dovrebbe essere creata una componente ebraica all’interno del partito tedesco di estrema destra Afd potrebbe lasciare esterrefatti. Ma il fenomeno non è nuovo. In piccole dimensioni, ma comunque in grado di far suonare un campanello d’allarme, è apparso in altri Paesi europei. Ciò che tiene insieme le diverse esperienze è la paura del radicalismo islamico, ferocemente antisemita, contro il quale i partiti di estrema destra fanno sentire una voce avvertita come più forte e convincente rispetto a quella dei partiti tradizionali. Già in occasione delle elezioni del 2004, in Belgio, ad Anversa, era emerso il fenomeno di un voto non irrilevante di cittadini ebrei al Vlaams Block, poi divenuto Vlaams Belang, un partito di estrema destra nato come partito nazionalista fiammingo. Un partito che prometteva di fermare gli arrivi dai Paesi islamici e il cui messaggio non casualmente era stato recepito ad Anversa, una città con numerosi immigrati arabi e dove le provocazioni di gang di giovani arabi all’inizio degli Anni Duemila erano sfociate nella morte di un ragazzino ebreo. In Austria, in occasione delle elezioni presidenziali del 2016, il capo della Conferenza dei Rabbini europei ammise che «una parte non insignificante» della comunità ebraica aveva sostenuto il candidato di estrema destra Norber Hofer. Anche il Fronte Nazionale di Marine Le Pen sembra in grado di attrarre una piccola quota di voto ebraico. Il motivo è sempre lo stesso, la paura dell’Islam, dell’Islam radicale, ma anche di un Islam che porta con sé il sentimento antisemita dei Paesi di origine, che si è acutizzato dopo la seconda Intifada (2000) e che, sfociato in alcuni casi in omicidi, produce anche un clima di paura quotidiana, in particolare nelle periferie.

Accanto a questo fenomeno, di attrazione verso l’estrema destra, vi è tuttavia una decisa reazione di diversi responsabili delle comunità ebraiche, che rifiutano ogni contatto con i partiti estremisti. Ma ciò che dovrebbe inquietare è che ancora una volta cittadini europei di appartenenza ebraica debbano guardarsi attorno per capire dove trovare una via per potere vivere senza paura, o per sopravvivere. Lo sguardo verso l’estrema destra è illusorio, perché chi fa differenze tra gli esseri umani e cerca facili capri espiatori prima o poi cade nella (o torna alla) antica malapianta dell’antisemitismo. Tuttavia, questa inquietudine delle comunità ebraiche europee, cresciuta negli ultimi vent’anni, è uno dei segnali, forse uno dei più drammatici, dei troppi errori prodotti dai governanti europei, che non hanno seriamente affrontato il problema dell’integrazione e per incapacità, ignavia o convenienza hanno consentito che l’immigrazione producesse enclave al confine della legge; per il quieto vivere e un malinteso politicamente corretto hanno finto di non vedere il preoccupante sorgere di un nuovo e diverso antisemitismo. Con il paradosso che oggi, tra gli ebrei, per disperazione vi è chi pensa l’inconcepibile: trovare rifugio nella destra estrema.

 

 

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