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La Stampa Rassegna Stampa
05.09.2018 Tel Aviv, laboratorio di resilienza (resitenza e flessibilità)
Commento di Fabiana Magrì

Testata: La Stampa
Data: 05 settembre 2018
Pagina: 32
Autore: Fabiana Magrì
Titolo: «Nascono i laboratori della resilienza»

Riprendiamo dalla STAMPA - Tuttoscienze di oggi, 05/09/2018, a pag.32, con il titolo "Nascono i laboratori della resilienza", il commento di Fabiana Magrì.

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Fabiana Magrì

 

È ottimista, guarda lontano, vede opportunità dove altri indicano problemi, esercita il pensiero laterale. È l’«Homo resiliens», un nuovo esemplare umano, che si muove tra le maglie delle amministrazioni cittadine con l’etichetta di «Cro», «Chief resilience officer».

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Tel Aviv


Un gruppo internazionale di leader della resilienza urbana si riunisce, ieri e oggi, a Tel Aviv, per il raduno del «Milan Urban Food Policy Pact» e il «Tel Aviv Cities Summit», evento in cui si esplorano idee e piattaforme con cui affrontare le sfide cruciali delle città del XXI secolo. L’«Homo resiliens» - che appartiene all’Antropocene, l’epoca geologica odierna, secondo la definizione del Nobel Paul Crutzen - non pensa solo in termini di sostenibilità, gestione delle crisi o mitigazione e non si lascia neanche spaventare da inquinamento, riduzione della biodiversità, riscaldamento globale, flussi migratori. Invece di opporsi ottusamente abbraccia con approccio olistico e proattivo sia i traumi collettivi sia le situazioni croniche di stress: negli uni e nelle altre vede opportunità per sperimentare soluzioni creative. Obiettivo: fare sì che i sistemi resistano e prosperino anche in un mondo squilibrato.

«La resilienza è l’integrazione di hardware e software di una città - dice Piero Pelizzaro, a Tel Aviv come “Cro” di Milano -. Creare aree verdi con la forestazione urbana, una delle priorità di Milano, è l’occasione per inserirvi il processo di produzione alimentare attraverso gli alberi da frutto. Verde, urbanistica e cibo si collegano a un altro tema, quello delle periferie, dove il cosiddetto “urban farming” diventa una soluzione di sostegno al reddito e allo stesso tempo di inclusione sociale». In Italia Milano e Roma appartengono al network delle «100 Resilient Cities» (istituito dalla Fondazione Rockefeller), ma sono tanti i casi virtuosi. Un esempio è Palermo - sostiene Pelizzaro -: «È sempre più resiliente, perché ha saputo cambiare»: da campo di battaglia della mafia negli Anni 90 è ora «capitale italiana della cultura e sede della biennale d’arte Manifesta nel 2018. Oggi il suo centro storico è patrimonio dell’umanità Unesco».

Il caso olandese
Adattarsi in modo intelligente diventa una parola d’ordine. A ispirarla è stato un film, «Adaptation» (titolo italiano «Il ladro di orchidee»), di Spike Jonze, dove il botanico Laroche spiega alla giornalista Orléan perché quei fiori gli piacciono: «Perché sono così mutevoli. L’adattamento è un processo profondo. Significa capire come prosperare nel mondo». E così «Adaptation» è diventato anche il nome di un progetto internazionale, ideato dai giornalisti Marco Merola e Lorenzo Colantoni, incentrato sulle sfide globali.
«In Olanda - spiega Merola - le dighe hanno danneggiato l’ecosistema e interromperne la costruzione serve a mitigare le conseguenze sull’habitat. Ora - prosegue - gli olandesi praticano il “Building with Nature” e tra le tecniche c’è il “mud motor”: dopo aver studiato la capacità di trasporto di una corrente di marea, il fango dragato da un canale o da un porto sarà depositato in cima a canali d’acqua che alimentano una palude salata. L’azione dell’uomo si ferma al calcolo e al posizionamento, il resto spetta alla natura: è probabile che le concentrazioni di fango accelereranno lo sviluppo delle paludi, creando nuova costa». Dalla soluzione di un problema alla sua valorizzazione il passo è breve, se resiliente: la «wadlopen» - la camminata nel fango - è infatti diventata una delle gite più richieste dai turisti in Olanda.

Venezia e il «Mose»
A ottobre Merola sarà in Israele, nel Negev e nell’Aravà, per raccogliere testimonianze sull’adattamento nel deserto. «Israele, come l’Olanda, è un Paese con una tradizione di “problem solving”. Negli stessi anni in cui gli Usa utilizzavano il deserto per i test nucleari Israele si ingegnava per far fiorire il suo». Ma tra le mete di «Adaptation» c’è anche l’Italia. A Venezia - e a garantire l’accuratezza scientifica del progetto è l’università Ca’ Foscari - Merola indagherà la situazione dopo lo scandalo del le dighe del «Mose», esempio classico di «cattivo adattamento».

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