Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 04/09/2018, a pag.1, con il titolo "Guerra a Tripoli" l'analisi di Daniele Raineri.
L'ottimo pezzo di Raineri chiarisce le posizioni contraddittorie, superficiali e irresponsabili del Movimento 5 stelle. Pronti ad appoggiare gruppi terroristici fino a pochi mesi fa semplicemente perché opposti al governo Serraj, appoggiato dalle democrazie occidentali - incluso il governo italiano a guida PD - oggi si rendono conto della necessità di difendere, se occorre anche con le armi, Serraj stesso. Una politica miope e irresponsabile a dir poco.
Ecco l'articolo:
Daniele Raineri
New York. Siamo un paese dalla memoria corta e non ricordiamo quando i Cinque stelle trescavano con le forze libiche che oggi attaccano Tripoli. Ricapitoliamo. Un gruppo di milizie libiche ha lanciato un’offensiva sulla capitale libica per cacciare il governo di accordo nazionale, che è appoggiato dall’Italia per molte ragioni che vanno dalla legittimità internazionale all’aiuto contro i trafficanti di persone fino alla cooperazione nei settori dell’energia e dell’antiterrorismo. Si parla di queste milizie molto aggressive che si stanno facendo strada verso il centro di Tripoli come se sbucassero dal nulla e fossero comparse appena da una settimana – l’inizio dell’attacco è stato lunedì 27 agosto. In realtà le conosciamo da molto tempo, almeno le due più importanti. Una è la Settima brigata, l’altra è il cosiddetto Fronte della fermezza (la Jabhat al Samud) agli ordini di Salah Badi, un signore della guerra di Misurata ed ex ufficiale di Gheddafi poi caduto in disgrazia. Ora c’è da fare molta attenzione a questo passaggio: Badi e la sua milizia erano la forza militare di Khalifa Ghwell, il leader politico che ha tentato a più riprese di rovesciare il governo libico da ottobre 2016. E Khalifa Ghwell era l’uomo con cui trattavano i Cinque stelle fino alla fine del 2016, perché il piano dei grillini era di proporlo come legittimo aspirante alla guida della Libia in una grande conferenza che si sarebbe dovuta tenere a Roma. L’intento dei Cinque stelle era molto chiaro: se i governi Renzi e Gentiloni sostengono il presidente Fayez al Serraj allora, pensavano i grillini, noi dobbiamo appoggiare l’uomo che vuole cacciare armi in pugno Serraj. Anche a costo di passare sopra a dettagli sconcertanti. Per esempio quando Angelo Tofalo andò a incontrare Khalifa Ghwell in esilio a Istanbul in Turchia si fece accompagnare da Annamaria Fontana, che fu poi arrestata per traffico d’armi. Ora, secondo le indagini della Guardia di Finanza la Fontana voleva vendere armi alla fazione di Ghwell, ma la compravendita fu poi impedita da guai logistici. Suprema ironia: ieri a Roma c’è stato un incontro tra Difesa, Esteri e Aise per parlare di un possibile intervento delle forze speciali italiane a Tripoli per proteggere il presidente Fayez al Serraj. Il governo che si regge su una maggioranza a Cinque stelle e che oggi è decisamente dalla parte di Serraj (perché ne ha capito l’importanza) prepara un’azione militare contro una milizia che due anni fa cercava armi da una trafficante che viaggiava con Angelo Tofalo, che oggi è sottosegretario alla Difesa. All’epoca la stessa milizia faceva parte di un’alleanza vicina ai Fratelli musulmani. Oggi, secondo voci che non possono essere confermate, le milizie che attaccano Tripoli sono corteggiate dal generale Khalifa Haftar, che non può attaccare direttamente la città perché perderebbe legittimità e perché ha aderito ufficialmente a una road map verso le elezioni, ma che vedrebbe volentieri cadere Serraj. Così, mentre molti accusano plausibilmente la Francia di essere dietro questa scalata ostile su Tripoli, scordiamo che fino a due anni fa il primo partito di maggioranza in Italia stava con i golpisti libici. Oggi le forze speciali aspettano in standby l’ordine di intervenire per evacuare il personale rimasto all’ambasciata e forse aiutare una eventuale fuga di Serraj se le cose si mettessero male. Un intervento militare per cambiare l’esito della battaglia a Tripoli non è pensabile, a meno che non intervenga l’Amministrazione Trump.
Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante