Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 04/09/2018, a pag. I, con il titolo "L'ultimo treno per l'Europa" il commento di Giulio Meotti.
Giulio Meotti
Ute Von Ebert è l’erede di un impero industriale. Vive a Erlingen, una roccaforte dell’alta borghesia tedesca, archetipo della fantasia mitteleuropea, una tipica città tedesca pulita e prospera. Nelle lettere alla figlia Hannah che si è trasferita a Londra, Ute racconta la sua vita in città, assediata da un nemico sconosciuto, senza identità, che lei chiama i “servi”, perché hanno deciso di sottomettersi alla legge divina. La popolazione di Erlingen sta aspettando febbrilmente un treno per l’evacuazione. Ma la salvezza non arriva. I leader in città offrono messaggi rassicuranti, ma in realtà pensano soltanto a organizzare la propria fuga. E, come se la natura avesse deciso di unirsi all’assedio, arriva una tempesta di neve a isolare la città. Tutti sanno che il treno non sarà sufficiente per portare via tutti. Sono lettere che Hannah non può ricevere perché i servizi postali a Erlingen non funzionano più, così la madre le scrive a futura memoria, nascondendole dietro a uno specchio. “La guerra, se è una guerra e non un’epidemia, si è diffusa a una tale velocità che si può dire che sia già stata persa da alcuni e vinta da altri, e gli altri non siamo noi, che oscilliamo tra la bandiera bianca e ‘si salvi chi può’”. Elisabeth Potier, il misterioso doppio di Ute Von Ebert, è una sopravvissuta agli attacchi del 13 novembre 2015 e termina la sua esistenza a Seine-Saint-Denis, il grande quartiere islamizzato di Parigi, dove tombe e cattedrali custodiscono la memoria storica e religiosa della Francia. Tre anni fa il suo romanzo 2084 fece scalpore e vinse il Gran Premio del romanzo dell’Accademia di Francia. L’autore, Boualem Sansal, vive a Boumerdes, nei pressi di Algeri, è denigrato nel suo paese, a volte minacciato dalle autorità e dai fondamentalisti islamici, ma è riconosciuto in Francia e all’estero come uno dei massimi scrittori della sua generazione, certamente uno dei più grandi del mondo arabo. Il suo nuovo romanzo, Le train d’Erlingen ou la métamorphose de Dieu, in uscita questa settimana per la maison Gallimard, è una distopia sulla società occidentale, l’immigrazione e la minaccia dell’islam radicale. Sansal richiama l’immaginazione per esporre la realtà in un romanzo che strizza l’occhio al “Deserto dei Tartari” di Dino Buzzati, evocato nel romanzo. Scrivendo alla figlia Hannah, Ute descrive la decadenza occidentale.
Boualem Sansal
“Ogni giorno ci viene detto che il treno arriverà e ogni giorno ci viene detto che alla fine non arriverà” racconta Ute alla figlia. “Morire qui o altrove, che differenza, un buco è un buco. Che orrore! Le persone stanno belando per le strade come se stessero cercando la mamma; si getterebbero nel burrone se ne avessero uno davanti”. Sansal ci parla di un mondo che mentre crolla si aggrappa alle proprie certezze materiali. “La sicurezza sociale, le ferie pagate e tutto il resto, sono il cancro delle nazioni civili, ci rendono deboli”, dice nel romanzo lo zio Gustav. “Questo paese ha vissuto così a lungo nella pace che non sa nulla della guerra. Penso che i pacifisti siano i nemici della pace. Sono stati loro a guidarci dove siamo. E’ comunque folle, il nostro amore per la vita, la libertà e la pace ci ha reso poveri diavoli spaventati, adatti a ogni vigliaccheria, quando l’odio per la vita, la libertà e la pace ha dato al nostro nemico malvagio il gusto dell’eternità e dell’onnipotenza e la determinazione di ottenerli con ogni mezzo. Che tragedia era pensare che la sconfitta e la sottomissione sarebbero state una soluzione soddisfacente per noi. Nei territori conquistati dall’invasore, la vita ha trovato rifugio solo nei cimiteri”. Il Foglio anticipa il romanzo di Sansal con una intervista al suo autore. Cosa accadrebbe all’Europa se non fosse in grado di controllare l’immigrazione e milioni di persone dall’Africa continuassero in futuro a insediarsi in Europa? “Questo è lo scenario catastrofe di livello nove sulla scala Richter” ci dice Boualem Sansal. “Con una reazione disperata, l’Europa sarebbe costretta a mettere in atto la legge marziale per evitare una guerra civile tra i migranti e la popolazione europea che si organizzerebbe in milizie armate e in comitati di difesa. Penso che le autorità si sveglieranno presto e agiranno in modo intelligente e deciso per garantire che questo scenario non si realizzi mai. E per questo sarà probabile che agiscano coi paesi di origine degli immigrati facendo arrivare al potere in quei paesi governi che fermeranno la migrazione delle popolazioni, come Gheddafi o Saddam Hussein. Ma anche per questi paesi, si tratterebbe di uno scenario catastrofico di livello nove sulla scala Richter, perché entrerebbero nella miseria infinita o in una guerra civile senza fine”. I suoi romanzi trattano del fanatismo religioso, in particolare degli islamisti. Perché la nostra élite è così cieca rispetto all’impatto che questo ha sulla civiltà? “L’élite europea non è più un’élite, investita di una nobile funzione sociale. Ha le conoscenze ma ha perso la sua autonomia di pensiero e la sua libertà di parola, è uno strumento docile e venale. Ha perso ogni gusto per la lotta a favore delle proprie idee, della propria gente e dell’intera umanità”. Il romanzo ha un messaggio principale sulla migrazione e l’occidente. “Il fenomeno migratorio si sta evolvendo in modo preoccupante” continua Sansal al Foglio.
“Porta con sé terribili minacce per tutti, per i paesi di accoglienza le cui capacità di assorbimento e integrazione sono già state superate, creando sacche incontrollabili nelle città e nelle periferie (baraccopoli, ‘giungle’ come a Calais, ghetti…) dove proliferano traffico di esseri umani e violenza, e per i paesi che si svuotano della loro gioventù, la loro manodopera, i loro artisti, i loro intellettuali, accentuando il sequestro da parte dei dittatori e dei saccheggiatori della ricchezza. Il mio messaggio è questo: i leader politici dei due paesi, emittenti e destinatari dell’immigrazione, hanno fallito, hanno creato un problema di dimensione globale più grave del riscaldamento globale, e ci saranno nel prossimo futuro focolai di violenza come le nazioni non hanno mai visto. A causa della loro vigliaccheria, della loro incompetenza, della loro sufficienza e della loro corruzione, ci stanno conducendo direttamente a questo dramma. L’universo sterile e mortale di Mad Max è stato messo in atto. Comprendendo sempre meno i propri valori, l’Europa ha creato molti strumenti coercitivi per negare la realtà e vivere nell’illusione e nella felice sottomissione cara a La Botie. Parliamo di politicamente corretto ma c’è anche di filosoficamente corretto, di socialmente corretto, di artisticamente corretto, di giornalisticamente corretto. E’ la morte dello spirito, questa storia. E improvvisamente, legioni di commissari si formano spontaneamente per dare la caccia al deviante”. Quale sarebbe il significato del crollo dell’Europa per l’occidente. “L’occidente è una finzione, poiché l’Europa è, come il cosiddetto mondo arabo, e il mondo musulman è come era il cosiddetto mondo comunista. L’Urss è crollato negando la realtà del mondo e la sua stessa povera realtà e per aver mentito a lungo al suo popolo. Il mondo arabo si è spezzato, i cosiddetti fratelli di razza e religione, oggi si rifiutano e si uccidono a vicenda selvaggiamente in nome di questa stessa razza e religione. L’illusione pure sta collassando: i paesi del nord (Germania, Olanda, Austria, Scandinavia), i paesi del sud (Francia, Italia, Spagna, Grecia) e i paesi dell’est (Polonia , Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia…) non sono d’accordo su nulla e molti vogliono uscire da questa camicia di forza che è l’Unione europea. La cosiddetta amicizia tra Europa e America è un’altra illusione. L’arrivo di Trump al potere ha rivelato che l’Europa non è mai stata il vassallo dell’America. Oggi Trump sta distruggendo questa illusione: si rifiuta di assumere il peso della difesa dell’Europa, vuole rompere con gli accordi commerciali che hanno avvantaggiato gli europei e lancia contro di essa una guerra commerciale, esce dall’accordo sul clima, ridisegna la mappa geostrategica del mondo, rifiuta l’ambiguità europea verso Israele, Russia e Cina, Arabia, ed è urgente per tutti per tornare alla realtà del mondo e provare a ricostruirlo su una nuova base”. Lei ha appena detto al Figaro che “nel modello migratorio che si è stabilito in Europa, tutti sono perdenti”. In che senso? “Chi può risolvere oggi il problema dell’inondazione migratoria, almeno incanalarlo per alleggerire l’onere di alcuni paesi, Grecia, Italia, Spagna? La Ue, la Nato, l’Onu non possono, lo hanno dimostrato a sufficienza. Quando entra in azione la legge dei grandi numeri, nessuno può fare nulla contro di essa. Solo le persone che agiscono insieme possono contrastarlo e possibilmente ridurlo. L’errore è pensare che questi giovani, questi migranti, ancora a lungo acconsentiranno a farsi spedire da una frontiera all’altra, a essere parcheggiati nei campi, ad aspettare che venga presa una decisione sul suo caso”.
L’immigrazione sta scuotendo il vecchio continente europeo. “Bisogna ammettere che l’Europa appare come una finzione che non funziona. Questa immigrazione è la fine del tempo in cui i paesi europei e la Ue hanno avuto una influenza nel mondo, adesso non hanno più i mezzi politici, economici e finanziari per una propria azione su scala mondiale. L’Africa e i paesi del Maghreb, che erano la loro riserva, si sono liberati da essa, preferiscono cooperare con i Bric (Brasile, Russia, India, Cina), queste potenze emergenti più coerenti, più efficaci e, soprattutto, con più futuro. La migrazione sta segnalando la fine dell’influenza europea sull’Africa e sul Maghreb e indubbiamente il declassamento dell’Europa come potenza secondaria”. Nel suo ultimo libro ricorrono le citazioni di un romanzo dimenticato di uno scrittore romeno. “Nel suo famoso ‘Gli immortali di Agapia’, Virgil Gheorghiu presenta Agapia come una città meravigliosa dove il crimine non esiste, dove l’accordo e la felicità perfetta regnano tra i suoi abitanti. Così sono i leader europei, essi negano il clima di insicurezza che si sviluppa, negano l’islam che pervade la sua periferia e si diffonde nelle sue città e che le mangia come un cancro, negano la migrazione che è accompagnata da un aumento spaventoso di inciviltà e di delinquenza, negano la rabbia della popolazione a questi sviluppi e di mettere sul conto del discorso i partiti populisti. Sono leader che mostrano ingenuità e debolezza. Lo dicono in mille modi ma questi leader si rifiutano di ascoltarli. Il tempo del progetto è passato, l’islam politico sta andando veloce e sta attuando il suo programma di conquista. L’erezione di diverse migliaia di moschee in Europa, che sono la parte visibile dell’iceberg, in vent’anni non è il risultato di un caso o di una febbre pietistica, è il risultato di un lungo lavoro a cui hanno partecipato stati, istituzioni, associazioni e centinaia di eminenti personalità della società civile islamica”. Ma ha possibilità di successo? “Secondo la letteratura islamica, la vittoria è assicurata. L’occidente è una tigre di carta che resiste ancora ma è vecchia, logora, divisa, corrotta, dà segni di cedimento. Cerca di negoziare per ritardare la fine e preservare le proprie piccole abitudini di sibarita impenitente”.
Per inviare al Foglio la propria opinione, telefonare: 06/5890901, oppure cliccare sulla e-mail sottostante