Pietro Sambi intervistato da Nirenstein 16-12-2002
Natale si avvicina e Betlemme è sempre più malinconica. Lo scrive da Israele Fiamma Nirenstein e la sua impressione è condivisa da monsignor Pietro Sambi, nunzio apostolico vaticano, come dire l'ambasciatore della Santa Sede, intervistato da Nirenstein per la Stampa. Un'intervista che esce dalla routine giornalistica abituale per il sorprendente linguaggio che l'attento diplomatico ha il coraggio di usare nella sua analisi del conflitto israelo-palestinese.
E'noto che Arafat non parteciperà alla messa di mezzanote a Betlemme. Le sue dichiarazioni sul "Natale cancellato" lo avevano di fatto escluso da qualsiasi presenza fra i cristiani palestinesi. Betlemme, inoltre, è stata la città dalla quale sono partiti gli ultimi terroristi suicidi che hanno fatto strage di civili in Israele,quindi una città sotto stretto controllo dell'esercito israeliano.
Ma se monsignor Sambi è triste perchè Betlemme appare abbandonata dai pellegrini cristiani per le prossime feste di natale, si dimostra però molto lucido nelle sue analisi della situazione.
Dicevamo il linguaggio. Ebbene, l'ambasciatore della Santa Sede, a differenza di molti alti prelati vaticani, non usa mezzi termini nel definire le cose come stanno.
I palestinesi assediati nella chiesa della natività, presa in ostaggio per non venire catturati da Tszahal, li chiama terroristi mischiati ai religiosi e ai civili all'interno della basilica. Non li chiama militanti, come fanno quasi tutti i nostri giornalisti sempre attenti a non turbare le suscettibilità dell'autorità palestinese.
Sorvola anche sull'assenza di Arafat alla messa. "E'Natale non perchè c'è questo o quello o quell'altro ospite alla messa, ma perchè Gesù viene a noi nel mondo con tutto il suo amore".Mai un accenno al fatto che Arafat non ci sarà. Arafat non lo nomina nemmeno una volta in tutta l'intervista.
"Perchè punire una popolazione collettivamente se al suo interno si nascondono dei terroristi ?" risponde Sambi a Fiamma Nirenstein quando ricorda che da Betlemme,come da Beit Jalla, partono gli attacchi contro le città israeliane confinanti. Difende la popolazione nel suo insieme,certo, ma aggiunge che combattere il terrorismo è indispensabile e non ci pensa due volte a definire di nuovo "terroristi" coloro che con le armi in pugno entrarono nella basilica.
Un linguaggio inusuale da parte cattolica, che fa sperare che anche in vaticano ci si renda finalmente conto che forse vanno ascoltati più gli ambasciatori come monsignor Sambi che non i monsignor Capucci, protetti da non si sa quali complicità, ben riparati nelle stanza vaticane, sempre pronti a fomentare odio e violenza, avvolti da quall'autentico simbolo di odio verso Israele che è diventato,senza volerlo, la kefia, quel fazzoletto a quadretti colorati che fa bella mostra di se nei cortei dove di bruciano le bandiere americane e israeliane.
"Pellegrini, venite a Betlemme per Natale" è l'invito del nunzio apostolico, e noi ci auguriamo che il suo appello venga ascoltato. Il libero accesso ai luoghi di culto, vorremmo ricordarlo a chi tende a dimenticarlo, è sempre stato garantito da Israele a tutte le fedi. Ai fedeli, non ai terroristi.