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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Israele in Europa? Occhio al trucco 16-12-2002
Le conclusioni del summit europeo di Copenhagen ci hanno mostrato il nostro presidente del consiglio pienamente soddisfatto dei risultati. Dieci nuovi paesi entreranno a far parte dell'unione. Peccato per l'undicesimo, la Turchia, che ne rimarrà fuori per chissà quanto, malgrado le parole consolatrici di facciata che stabiliscono si una data, ma non certo quella che si augurava il governo turco. Il sorriso di Berlusconi sarebbe stato più pieno se gli fosse riuscito quel miracolo che ancora fino all'altro giorno credeva di poter realizzare: convincere Francia e Germania per dimostrare che l'Europa non è un "club cristiano", come giustamente temeva la Turchia. La porta, lasciata cautamente socchiusa, ha eliminato quel timore, concedendo quindi una piccola consolazione ad un paese che avrebbe meritato di più, e della cui esclusione,per ora, sarà soprattutto l'Europa a portarne le conseguenze.

Ma il sorriso raggiante di Berlusconi sottolineava anche un altro augurio, quello di vedere presto entrare in Europa anche Russia,Ucraina e Israele.

Nessuno mette in dubbio le buone intenzioni del premier, che prefigura la presenza dello stato ebraico in seno all'unione europea come una garanzia ed un miglioramento ulteriore delle buone relazioni che grazie a lui il nostro paese ha finalmente stabilito. Per Berlusconi, Israele nell'UE, può solo voler dire maggiori vantaggi, più sicurezza, più progresso economico. E se i paesi che compongono l'unione europea ragionassero come lui saremmo i primi a sottoscriverne l'ingresso.

Purtroppo per noi, per Berlusconi e per Israele, l'unione europea gode di pessima fama per quanto riguarda Israele.

Certamente dipende dai punti di vista. Per quello palestinese è di sicuro vero il contrario. Ma noi che ci ostiniamo a difendere il valori della democrazia e a considerare con la massima severità tutti gli altri, non possiamo non essere più che critici nei confronti del comportamento europeo nei confronti di Israele ( ma sarebbe più corretto dire contro).

I finanziamenti europei ,enormi, che sarebbero dovuti servire a migliorare le condizioni della popolazione palestinese, sono in realtà serviti a finanziare Arafat e le varie organizzazioni terroristiche. Il denaro europeo investito in progetti culturali ha dato come risposta scuole e università palestinesi dove l'insegnamento dell'odio contro ebrei e israeliani è alla base di qualsiasi programma di istruzione. Qualcuno potrà obiettare che non molto diversa è la situazione dell'ONU, dove Israele è in assoluto l'unico paese a ricevere risoluzioni di condanna approvate a stragrande maggioranza,il che è comprensibile visto che i paesi che lo compongono sono perlopiù del terzo mondo o musulmani. Ma mentre all'ONU fra i paesi che hanno diritto di veto ci sono gli Stati Uniti, e quindi di fatto le condanne contro Israele si infrangono contro lo scudo americano, in Europa questa difesa verrebbe a mancare. I paesi europei hanno l'indice della mano destra praticamente ingessato, tanto lo tengono puntato contro Israele. Qualunque azione di difesa che Israele volesse mettere in atto contro il terrorismo, si può stare sicuri che otterrebbe la riprovazione dalla maggioranza del parlamento europeo. Silenzioso e cauto invece quando si tratta di Arafat e soci. Non ci risulta che nessun prodotto arabo sia mai stato sottoposto a boicottaggio per via di atti o leggi in vigore in qualcuna delle dittature che contraddistinguono l'universo musulmano. Per Israele invece c'è solo l'imbarazzo della scelta. Dalle università europee che si rifiutano di intrattenere rapporti con quelle israeliane, agli inviti che navigano su internet contenenti elenchi di nomi di società israeliane o ritenute di proprietà ebraica, nei quali si invita a boicottare ananas,pompelmi,telefonini e un'ifinità di altri prodotti, per non parlare dei media europei, tutti,tranne poche eccezioni, allineati nella condanna continua dello stato ebraico.

La tentazione di cercare una spiegazione nell'antisemitismo che ha sempre caratterizzato la società europea è forte, ma ce ne asteniamo, limitandoci a raccomandare prudenza prima di invocare appartenenze che potrebbero trasformarsi in un capestro o un laccio al collo talmente facile da stringere, tanto facile da provocare a tempi brevissimi il soffocamento di chi invece si sarebbe voluto aiutare.

L'Europa commerci con Israele, ristabilisca buoni rapporti culturali e ne apprezzi fianlmente i profondi valori umani e civili che caratterizzano lo stato ebraico. Ma Israele, per ora, si tenga a debita distanza dall'orchestra di Bruxelles. Fintanto che non saranno cambiati il direttore e gli orchestrali è meglio che la musica se la scelga da sola.

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