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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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La Stampa Rassegna Stampa
28.08.2018 Afghanistan: 2 assassini alla guida del terrorismo islamico
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 28 agosto 2018
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Al Qaeda sfida l'Isis: Califfato in Afghanistan»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 28/08/2018, a pag.10 con il titolo "Al Qaeda sfida l'Isis: Califfato in Afghanistan" la cronaca di Giordano Stabile

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Giordano Stabile

Il capo di Al Qaeda Ayman alZawahiri lancia la sfida ad Abu Bakr al-Baghdadi e punta a costruire un suo Califfato a partire dai territori controllati dai taleban in Afghanistan. I due più pericolosi terroristi al mondo hanno duellato con messaggi audio in Rete, per assumere la guida dell’universo jihadista. Sono due leader reduci da pesanti sconfitte e braccati da eserciti e truppe speciali di tutto il mondo, ma ancora in grado di mobilitare seguaci dal Marocco all’Indonesia. Il discorso di al-Zawahiri è arrivato il giorno dopo quello dell’autoquando Kabul e il resto del Paese caddero in poche settimane, è il frutto secondo alZawahiri della capacità dei taleban di «unire» tutte le formazioni jihadiste. Gli «studenti coranici», in effetti, hanno il controllo totale o parziale di oltre un terzo del territorio e agiscono in sintonia con altri gruppi di guerriglieri e terroristi, tranne l’Isis, perché al-Baghdadi e al-Zawahiri si sono «scomunicati» a vicenda. Al-Zawahiri ha tenuto però un profilo più basso, non ha mai osato proclamare la rinascita del califfato e assumerne la guida, anche se cita spesso la sua dissoluzione, nel 1924, come la causa di tutti i mali dei musulmani, da allora divisi e sottoposti «all’occupazione» da parte delle potenze occidentali. Il capo di al-Qaeda ha ribadito la sua fedeltà, «bayah» al leader dei taleban, Hebatullah Akhundzada, che l’ha accettata. Il leader dell’«emirato benedetto», cioè l’Afghanistan talebano, è quindi il più «alto in grado» in questa gerarchia jihadista. E attorno al suo emirato dovrà ricostituirsi il «vero» nuovo califfato. Al-Zawahiri ha  chiesto a tutti i gruppi satelliti di al-Qaeda di giurare a loro volta fedeltà ai taleban. Ha costituito una al-Qaeda nel subcontinente indiano, Aqis, che avrà il compito di «proteggere il fianco» dell’emirato afghano. L’obiettivo di al-Baghdadi e di al-Zawahiri è in realtà identico, riunire tutti i gruppi jihadisti sotto un’unica guida, cacciare i «crociati» e alla fine ricostituire l’Ummah, l’unione di tutti i musulmani dall’Atlantico all’Oceano indiano. Ma per ora le due coalizioni si combattono fra loro, soprattutto in Afghanistan. I taleban hanno ucciso centinaia di combattenti dell’Isis nel Nord del Paese, a volte con la tacita collaborazione delle forze di sicurezza afghane. Lo Stato islamico ha inviato oltre mille foreign fighter, molti reduci dalla Siria, ma è riuscito a radicarsi soltanto nella provincia di Nangargar. La doppia sfida alla Nato e ai taleban lo sta dissanguando. Nel weekend è stato ucciso da un raid della coalizione il leader locale dell’Isis, Abu Sayed Orakzai. L’unità fra i jihadisti, per nostra fortuna, è ancora lontana.

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