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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Non regaliamo Ankara all'Islam 13-12-2002
A settembre non si era ancora acceso l'interesse sulla possibile entrata in Europa della Turchia. Le elezioni erano ancora lontane e l'islam turco non era ancora entrato prepotentemene nel dibattito politico internazionale. Ma Libero, in una serie di articoli, aveva delineato già allora quello che sarebbe divenuto, dopo le elezioni , uno degli argomenti base non solo della futura Europa ma anche della imminente preparazione americana dell'offensiva contro Saddam Hussein e il terrorismo internazionale. Certamente la vittoria del partito islamico moderato di Recep Erdogan ha mescolato le carte sulla tavola della politica turca. Ma Erdogan, che fino ad allora era considerato una possibile minaccia per la democrazia, dopo il grande successo del suo partito del quale è non solo virtualmente il leader, non ha tardato a smentire le fosche previsioni di chi già da tempo lavorava a Bruxelles per allontanare sine die la Turchia dall'unione europea.

Mentre in Europa, Italia,Gran Bretagna e Belgio in testa, si incominciava a recepire le ragioni dell'utilità della presenza turca in Europa, Erdogan si affrettava a rassicurare Stati Uniti e Israele che nulla sarebbe cambiato rispetto al governo precedente , lanciando così un primo,forte segnale di continuità anche sul fronte interno alle forze armate che garantiscono da sempre il carattere laico della democrazia turca.

Ma l'effettiva cecità con la quale l'UE ancora tiene la Turchia in anticamera, umiliandone la sincera volontà di farne parte, dimostra ancora una volta quanto il vecchio continente non abbia ancora compreso la posta in gioco che si sta svolgendo fra mondo libero, occidentale e democratico, e gli stati canaglia che vorrebbero distruggere il nostro sistema di vita. Che avrà pure tutti i difetti di questo mondo ma che è imparagonabile alla arretratezza, diciamolo pure, civile e politica di quegli stati che hanno prodotto i vari Saddam Hussein, Bin Laden, Gheddafi e compagnia cantante. L'interminabile catena di attentati, dei quali l'11 settembre è soltanto il più vistoso, è di fatto una guerra dichiarata fra due mondi: quello democratico da un lato e quello fanatico-religioso-dittatoriale dall'altro.

Non aver capito che la Turchia, grazie alla rivoluzione laica di Ataturk, rappresenta oggi l'unica possibilità di sviluppare un islam separato dal fanatismo religioso. Un paese che chiede di unirsi alle nostre democrazie e che l'Europa invece respinge con l'unico risultato, se mai ciò avvenisse, di avere ai confini orientali un altro stato teocratico. Questo è il rischio se prevalessero le posizioni ostili di Francia e Germania.

Erdogan, che laicamente va giudicato per quello che dice e fa oggi e non per le sue idee passate, ci dimostra quanto la Turchia possa essere un alleato prezioso nella lotta la terrorismo. Molto più di alcuni alleati che invece di appoggiare l'America nel suo enorme sforzo di far capire al mondo ciò che molti si rifiutano di vedere accampando distingo e dissensi.

In cambio del suo appoggio nella guerra all'Iraq Erdogan ha chiesto a Bush il sostegno ad entrare in Europa. Una richiesta che, ripetiamo, andrebbe sostenuta anche senza condizioni per i motivi appena spiegati.

Il nostro paese, come ci auguravamo quando cercavamo di spiegare quanto importante fosse la convivenza di uno stato democratico con un islam totalmente separato dalla politica, ha imboccato la strada giusta. Non a caso la Turchia ha lanciato sui nostri giornali una campagna promozionale per il suo ingresso in Europa usando il faccione sorridente di Berlusconi che da il benvenuto alla sublime porta. Sia reso merito alla nostra politica estera se ciò avverrà prima che sia troppo tardi. Il migliore alleato contro il terrorismo islamico è un islam moderato e democratico, temuto dai vari Bin Laden più ancora dei piccoli e grandi Satana, come lui chiama Israele e Stati Uniti.

Saremo degli inguaribili ottimisti, ma vogliamo sperare che l'Europa apra gli occhi e sappia riconoscere da che parte sta la giustizia. La pace, da sola, non significa libertà. Nè giustizia.

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