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La Stampa-La Repubblica Rassegna Stampa
26.08.2018 Stop ai 200 milioni di $ Usa ai palestinesi che rifiutano il piano di pace
Paolo Mastrolilli e Francesca Caferri: due articoli a confronto

Testata:La Stampa-La Repubblica
Autore: Paolo Mastrolilli-Francesca Caferri
Titolo: «Usa,via gli aiuti ai palestinesi. Olp: i ricatti non ci fanno paura-Israele, il ricatto di Kushner 'niente soldi ai palestinesi'»

Pubblichiamo oggi, 26/08/2018, due servizi  - da STAMPA e REPUBBLICA -sulla decisione americana di cancellare il finanziamento di più di 200 milioni di $ ai palestinesi. Invitiamo i nostri lettori a leggerli entrambi, per rendersi conto, confrontandoli, della differenza del contenuto. Soltanto nei titoli il tono è quasi identico, ma il pezzo di Mastrolilli,almeno, fornisce molti dettagli che lasciano capire come gli Usa sono arrivati a questa decisione.
Ciò che manca in entrambi è la storia precedente, il NO di parte palestinese a qualunque proposta che non fosse la fotocopia delle loro richieste. Che poi i finanziamenti, cosiddetti umanitari, finissero poi per scopi terroristici è un'altra omissione gravissima. 

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Donald Trump                       Abu Mazen

La Stampa-Paolo Mastrolilli: " Usa,via gli aiuti ai palestinesi. Olp: i ricatti non ci fanno paura"

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Paolo Mastrolilli

Trump ha deciso togliere oltre 200 milioni di dollari in aiuti per i palestinesi, destinati a progetti umanitari a Gaza e in Cisgiordania. Una nuova iniziativa, dopo il taglio dei fondi perla United Nations Relief and Works Agency di gennaio, finalizzata ad aumentare la pressione sull'Autorità guidata da Abbas in vista della possibile presentazione di un piano di pace elaborato dal genero Jared Kushner. L'annuncio è stato fatto venerdì dal dipartimento di Stato, a seguito di una revisione delle pratiche di assistenza richiesta dal capo della Casa Bianca. Fonti diplomatiche hanno aggiunto che ora Foggy Bottom lavorerà con il Congresso per determinare la nuove priorità politiche a cui destinare i fondi risparmiati. Hanan Ashrawi, membro del Comitato esecutivo dell'Olp, ha risposto che l'amministrazione Usa sta usando «il gretto ricatto come strumento politico. Il popolo palestinese e la leadership non si lasceranno intimidire e non soccomberanno alla coercizione». L'ambasciatore a Washington Zomlot ha aggiunto che «usare gli aiuti umanitari e per lo sviluppo come armi non funziona». I rapporti tra l'amministrazione Trump e la leadership palestinese sono precipitati dopo la decisione della Casa Bianca di riconoscere Gerusalemme come capitale di Israele e trasferire l'ambasciata. Questo ha di fatto paralizzato i colloqui sulla proposta di pace a cui stanno lavorando Kushner, il consigliere Greenblatt e l'ambasciatore Friedman. A gennaio gli Usa avevano ridotto di 65 milioni di dollari il loro contributo da 125 milioni all'Unrwa, l'agenzia dell'Onu fondata nel 1949 per assistere i rifugiati palestinesi costretti a lasciare le loro case. Il consigliere per la sicurezza nazionale Bolton ha definito questa struttura «un meccanismo fallito», mentre Kushner aveva scritto in mail pubblicate da Foreign Policy che «è importante avere un onesto e sincero sforzo per demolire l'Unrwa», perché «perpetua lo status quo, è corrotta, inefficiente, e non aiuta la pace». Ora segue il taglio agli aiuti umanitari e per lo sviluppo. Kushner sta ancora lavorando ad un piano di pace, con l'appoggio dell'Arabia Saudita, ottenuto in cambio del mutamento di linea verso l'Iran. Era circolata anche l'ipotesi di presentarlo durante la prossima Assemblea generale dell'Onu, ma i palestinesi si oppongono. Greenblatt ha incontrato in segreto il figlio di Abbas, Tarek, che gli ha detto di non ritenere più possibile la soluzione dei «due Stati», perché gli insediamenti israeliani l'hanno resa impraticabile. Lui chiede invece un solo Stato, con diritti uguali per tutti i cittadini. Trump però avrebbe detto al re giordano Abdullah che questa ipotesi, per ragioni demografiche, «porterebbe all'elezione di un premier israeliano di nome Mohammed».

La Repubblica-Francesca Caferri: "Israele, il ricatto di Kushner 'niente soldi ai palestinesi' "
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Francesca Caferri

L'avvertimento era sul tavolo da tempo. Lo aveva lanciato Donald Trump in persona, ovviamente via tweet, già a gennaio: «Diamo ai palestinesi centinaia di milioni di dollari ogni anno e non ci rispettano. Perché dobbiamo continuare?». Alle parole erano presto seguiti i fatti, con il congelamento dei fondi per l'Unrwa, l'agenzia dell'Onu che assiste i profughi palestinesi. Ma la situazione sul campo non era cambiata, anzi semmai dal punto di vista degli americani era peggiorata. Così qualche settimana fa era arrivato l'ultimatum di Jared Kushner, genero del presidente e incaricato di elaborare un piano di pace regionale: «Israeliani e palestinesi devono fare degli sforzi per incontrarsi a metà strada, ma non sono affatto certo che il presidente Abbas voglia farlo». A stretto giro, anche questa volta sono arrivati i fatti: venerdì sera, il dipartimento di Stato americano ha annullato 200 milioni di dollari di aiuti destinati ai palestinesi. «Su richiesta del presidente, reindirizzeremo più di 200 milioni originariamente previsti per programmi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza: questo denaro ora andrà a programmi ad alta priorità altrove», ha detto ai giornalisti un alto funzionario del Dipartimento di Stato. La scelta «tiene conto delle sfide che la comunità internazionale deve affrontare per fornire assistenza a Gaza, dove Hamas mette in pericolo la vita dei cittadini e deteriora una situazione umanitaria ed economica già disastrosa», ha concluso l'uomo. La mossa non è arrivata a sorpresa: i rapporti fra i palestinesi e l'Amministrazione Trump sono gelidi, con Ramallah che rifiuta di riconoscere il ruolo di mediatore di Washington dopo la decisione di Trump di spostare a Gerusalemme l'ambasciata americana in Israele, riconoscendo la città contesa come capitale dello Stato ebraico. Da mesi inoltre i fondi del dipartimento di Stato destinati agli aiuti internazionali sono nel mirino: ultimo taglio annunciato, quello dei programmi di assistenza alla Siria. Ma questa volta il quadro è più complesso: perché tocca un tasto delicatissimo, come quello dei rapporti fra Israele e i palestinesi, ma anche perché la decisione, spiega la ben informata Radio pubblica NPR, è stata presa direttamente da Kushner. E per questo, denunciano i palestinesi per bocca del loro inviato a Washington Husam Zomlot, ha il sapore del ricatto. Dopo più di 18 mesi di lavoro insieme all'inviato speciale per il Medio Oriente Jason Greenblatt, infatti Kushner non ha ancora ufficializzato il tanto atteso piano di pace: causa principale del ritardo, secondo gli analisti, è il rifiuto dei palestinesi di accettare lo spostamento della loro capitale ad Abu Dis, sobborgo di Gerusalemme, invece che nella parte Est della città. Per risolvere lo stallo, Kushner e Greenblatt nei mesi scorsi avevano deciso di ignorare il governo di Ramallah che controlla i Territori, e di concentrare sforzi — e finanziamenti — su Gaza, con la speranza che un miglioramento delle condizioni di vita nella Striscia — dove vivono due milioni di persone — avrebbe spinto la leadership palestinese a miti consigli. Così non è stato, anzi il riaccendersi della violenza ha messo gli uomini di Trump a confronto diretto con Hamas, il gruppo islamista che controlla la Striscia. Con una mossa inedita, i due negoziatori avevano scritto editoriali sulla stampa per sottolineare la necessità che Hamas fermasse ogni violenza verso Israele se voleva che gli aiuti americani continuassero ad arrivare. L'appello non ha avuto successo: così eseguito, implacabile, il taglio degli aiuti.

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