Israa Al-Ghomgham
La Stampa - Giordano Stabile: "Israa, l'attivista politica sciita rischia la decapitazione"
Giordano Stabile
Restano due mesi per salvare Israa Al-Ghomgham, la prima attivista politica dell’Arabia Saudita a rischiare la decapitazione. La richiesta della pena capitale da parte dell’accusa, per fatti non di sangue, è senza precedenti per una donna, e mette il Regno al centro delle preoccupazione delle Ong impegnate nella difesa dei diritti umani, dove di solito c’è l’Iran.
Il tribunale ha accettato la domanda di appello e dovrà pronunciarsi a ottobre. Se la raccomandazione dell’accusa verrà accolta il caso passerà nelle mani di Re Salman, che però di solito si limita a ratificare la decisione. Il rischio è quindi molto alto.
«Sovvertire l’ordine del Regno»
Al-Ghomgham, 29 anni, è stata arrestata nel dicembre del 2015 assieme al marito Moussa al-Hashem per aver organizzato manifestazioni nella città di Qatif, nell’Est del Paese, contro le «discriminazioni» subite dagli sciiti. Era la «primavera araba» in una zona strategica, dove ci sono gran parte dei pozzi petroliferi e una popolazione in prevalenza sciita. Un mese dopo la regione esplose, per l’esecuzione dell’imam Nimr al-Nimr, massima guida politica e spirituale. La «pericolosità» di Al-Ghomgham risiede in questo contesto, e nella guerra che si fanno Arabia Saudita, potenza sunnita, e Iran. È stata accusata di voler rovesciare «l’ordine dello Stato» in base alle norme anti-terrorismo.
Il caso è stato sollevato in Occidente dall’European Saudi Organisation for Human Rights (Esohr), che segue le vicende di altre decine di attivisti detenuti e di 51 condannati a morte che in questo momento attendono l’esecuzione. Ma ora anche altre ong si sono interessate. Due giorni fa media filo-iraniani avevano dato la notizia dell’avvenuta esecuzione, che si era rivelata poi falsa. L’appello dà tempo alle associazioni di organizzare una campagna a favore dell’attivista ma preoccupa il nuovo clima di repressione, un’inversione di marcia dopo le aperture del principe ereditario bin Salman ai diritti delle donne, a cominciare da quello alla guida.
A maggio diciassette attiviste per i diritti delle donne sono state arrestate, alcune sono ancora in carcere e rischiano condanne pesanti. Per il direttore dell’Esohr, Ali Abudisi, la richiesta di pena capitale per Al-Ghomgham è «un pericoloso precedente». Secondo Amnesty International il Regno si sta trasformando in uno dei Paesi «più prolifici» nelle condanne a morte. Ma il giro di vite è anche un segnale da parte della corte agli attivisti di ogni genere: il passo delle riforme lo decidiamo noi, e non accettiamo nessuna pressione.
Il Foglio: "I sanguinosi passi indietro di Riad"
Mohammed Bin Salman
L’ Arabia Saudita è sul punto di stabilire un nuovo primato nella violazione dei diritti umani: sta per condannare a morte per la prima volta un’attivista d’opposizione di sesso femminile, che assieme ad altri quattro compagni rischia di essere giustiziata con accuse “legate esclusivamente al loro attivismo pacifico”. La donna si chiama Israa al Ghomgham, è in carcere dal 2015 e ieri Human Rights Watch ha denunciato che Riad si sta preparando a giustiziarla per reati come: partecipare a una manifestazione, intonare slogan ostili al governo, cercare di aizzare l’opinione pubblica e filmare le proteste con il fine di pubblicare i video sui social media. Non esattamente il curriculum di un individuo pericoloso per la tenuta sociale. Che Riad si possa macchiare di questa violazione aberrante è particolarmente sconfortante in questo frangente politico. Da mesi il principe ereditario Mohammed bin Salman ha annunciato riforme per liberalizzare l’economia e, in piccola parte, anche la società del regno saudita. Alcuni passi incoraggianti erano stati fatti, specie nei riguardi delle donne, alle quali era stato concesso di guidare l’automobile e di frequentare i cinema e gli stadi. Ma dopo la terrificante disputa diplomatica con il Canada, reo di aver criticato il regno per la violazione dei diritti umani, ecco arrivare un altro cattivo presagio per chi sperava che bin Salman sarebbe stato in grado di cambiare le sorti dell’Arabia Saudita: o il principe è troppo debole contro l’opposizione conservatrice, oppure lui stesso ha ripudiato le sue promesse.
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