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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Le terre "rubate" ai palestinesi 16-4-2002
Caro Direttore,

L'Israele day si è tenuto a Torino sabato scorso. Anche se pioveva, davanti ai banchetti del'associazione Italia-Israele sono passate alcune migliaia di persone che, tra sventolii di bandiere con la stella di Davide, hanno dimostrato la loro solidarietà verso lo stato ebraico. Ma hanno anche posto molte domande, tra le quali, quella più insistente, riguardava la terra, quella palestinese e quella israeliana. Dato che la propaganda palestinese, con quasi tutti i media nazionali, ha sempre sostenuto che Israele la terra l'ha rubata, non c'è da stupirsi se l'informazione diffusa sull'argomento abbia prodotto il pregiudizio più grande. Poichè sono convinto che la stragrande maggioranza delle persone che chiedeva di essere informata sull'argomento era in buona fede, cercherò di raccontare com'è andata anche per i nostri lettori. Convinto come sono che anche fra amici quella domanda non sia mai stata esaurientemente soddisfatta.

Cominciamo col dire che Israele non ha mai rubato la terra a nessuno. Con l'inizio delle immigrazioni a metà '800, quasi tutta la regione apparteneva all'impero ottomano, che la amministrava con il distacco e il disinteresse che meritava una terra poco popolata, spoglia e malarica, e quindi di nessuna rendita per i ricchi possidenti turchi o libanesi. Ma agli ebrei che arrivavano dalla Russia dei pogrom o dall'Europa antisemita dell'est, non importavano le condizioni climatiche. Erano pronti anche a morire pur di esseri liberi in una terra che sarebbe potuta diventare il loro futuro stato. Se escludiamo la popolazione ebraica, che in Palestina ci è sempre vissuta da 5000 anni, i nuovi arrivati, almeno fino al 1917 quando l'impero ottomano scompare, la terra se la sono comprata dai proprietari che la possedevano. Ai quali non pareva vero poter vendere delle terre che fino ad allora erano giudicate meno che niente, a dei prezzi paragonabili allora a quelli di Miami, USA. Fecero ottimi affari e vendettero. Gli ebrei pagarono cifre assurde ma comprarono. Esistono ovviamente tutti gli atti registrati di quegli acquisti e chiunque può verificarlo. L'unico caso di annessione senza vendita avvenne quando gli stati arabi, rifiutando la spartizione dell'ONU, attaccarono il neonato stato ebraico nel 1948. Dissero ai palestinesi di abbandonare le loro case e fuggire, tanto Israele sarebbe stata sconfitta e tutti i beni degli ebrei sarebbero passati in mano araba. Più di mezzo milione di palestinesi lasciarono la loro casa convinti che gli ebrei sarebbero stati buttati a mare, come era stato loro promesso. Per fortuna la storia andò diversamente, ma da quel momento nacque il problema dei "profughi", quei palestinesi che invece di accettare l'accorato invito di Ben Gurion a rimanere nello stato ebraico e vivere accanto ai loro fratelli ebrei, scelsero di loro iniziativa la via dell'esilio. Ovviamente tutte le proprietà abbandonate furono requisite dal governo israeliano, come sarebbe successo in qualunque altra parte del mondo. Così chi fuggì perse perse la casa e il diritto al ritorno.

Ma anche tra il 1918 ed il 1948 lo scambio di terre e case avvenne sempre regolarmente. I palestinesi vendevano e gli ebrei compravano.

Questa è la semplice verità che oggi si vuole nascondere. Chi non rimane colpito da un popolo che lotta per riavere la terra che gli è stata rubata ? Ma la storia non è andata così come la raccontano i vari Nemer Hammad con al seguito buona parte dei nostri giornali che non fanno il minimo sforzo di imporre ai loro cronisti la lettura di qualche buon testo di storia.

Così Israele passa per ladro e i palestinesi per derubati. La verità, come si è visto,è esattamente l'opposto.

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