IC7 - Il commento di Davide Romano
Dal 12 al 18 agosto 2018
Business e diritti umani
Turchia: Erdogan silenzia l'opposizione
La crisi della lira turca è l’occasione perfetta per riflettere sulle dittature islamiche (e non) che l’Occidente nutre. Prendiamo come esempio non i deboli regimi di Gaza o della Siria, ma la potentissima Turchia, membro della NATO. Fino alla settimana scorsa li abbiamo visti tutti, i governi occidentali, pronti a correre a genuflettersi di fronte a Erdogan, avallando così i suoi comportamenti arroganti (dare dei “nazisti” ai tedeschi, rimandare indietro navi italiane dirette a Cipro con minacce da parte di navi militari turche, jet turchi che sfiorano l’elicottero del premier Tsipras in territorio greco, ecc.) in nome dell’importanza della Turchia. Oggi vediamo bene come il gigante turco in realtà è economicamente fragile, fragilissimo. E non dimentichiamo che parte della sua forza la deve proprio a noi occidentali che lo finanziamo: durante il crollo della lira infatti, è emerso come importanti banche spagnole, francesi e italiane avessero investito massicciamente su Ankara. Se questi investimenti potevano essere normali ai tempi della Turchia democratica, è irritante vedere come da quando Erdogan ha iniziato a demolire il rispetto dei diritti umani non ci sia stato alcun cambiamento. Come dire: a noi occidente non interessa se la Turchia è democratica o dittatoriale, non interessa se è pacifica o aggressiva (verso di noi), e neppure ci interessa se rispetta la libertà del popolo turco o meno. A noi europei interessa fare business a tutti i costi, anche con chi ci disprezza e vuole distruggerci.
Erdogan e la caduta della lira turca
Non è una storia nuova, lo sappiamo bene. Ma è triste registrare come la politica non impari nulla dalla storia. Noi, semplicemente, di fronte all’arroganza di Erdogan arretriamo e gli permettiamo di fare ciò che vuole: pensate solo a come siamo arrivati addirittura come Unione Europea a finanziarlo con 6 miliardi di euro perché non ci mandasse i migranti. Nello stesso modo finanziamo anche altri governi che ci odiano: dall’Iran a Gaza. Pensiamo invece come avrebbe potuto essere diversa la Turchia se negli ultimi anni invece che aumentare gli investimenti li avessimo legati al ritorno alla democrazia e al rispetto della libertà di stampa. Pensiamo a come avrebbe potuto essere diverso l’atteggiamento di Erdogan se a ogni sua provocazione gli avessimo imposto (come Unione Europea) dei dazi crescenti. Purtroppo per fare tutto questo bisogna avere dei princìpi che non abbiamo. Quei politici e burocrati europei sempre pronti a criticare i governi italiani, cosa hanno detto e fatto contro l’ascesa al potere assoluto di Erdogan? La verità è che sono codardi, hanno paura della propria ombra. Eppure – anche prima della crisi della lira turca della settimana scorsa – era risaputo come il Prodotto Interno Lordo (la ricchezza prodotta da un Paese) di Ankara fosse pari a quello olandese. Non proprio un gigante economico, insomma. Eppure noi trattiamo la Turchia come se lo fosse. Nella realtà siamo noi a farla crescere con i nostri investimenti, e proprio per questo è grave che non siamo noi a bloccarli nel momento in cui quel governo diventa una minaccia per tutta l’area.
Naturalmente vincolare il business ai diritti umani avrebbe ancora più effetto nel caso di Paesi meno ricchi, come per esempio l’Iran il cui PIL è inferiore di un terzo a quello turco. Ma non c’è niente da fare, anche con la dittatura di Teheran il riflesso europeo è lo stesso: genuflettersi e fare business. Fingere di non vedere le violazioni dei diritti umani e, se proprio c’è qualcuno da criticare, che sia sempre e solo una democrazia: dall’Italia a Israele passando per gli USA. Ed è questo il punto vero: ovvero come l’occidente sia sempre pronto a perdonare tutto, tranne che i governi democraticamente eletti. Con loro, e solo con loro, nessuna pietà.
Davide Romano
Conduttore televisivo, scrittore, collabora con La Repubblica - Milano