Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/08/2018 a pag. 21, con il titolo "Protesta dei giornali, in 350 contro Trump", la cronaca di Francesco Semprini.
Alcuni media americani da sempre combattono Donald Trump, è però sbagliato il titolo dell'articolo della Stampa, perché l'offensiva non riguarda tutti i giornali e neanche la maggioranza, ma è guidata dal Boston Globe e ha coinvolto - tra le testate di importanza mondiale - l'inglese Guardian (la versione britannica di Repubblica). Un giornale importante e letto in tutto il mondo come il Wall Street Journal, per esempio, non ha aderito all'appello del Boston Globe contro Trump.
La notizia è quindi esagerata da Francesco Semprini, che scrive di "offensiva dei giornali americani contro Trump", e soprattutto dal titolo del pezzo.
Ecco l'articolo:
Francesco Semprini
Il Boston Globe contro Donald Trump
È partita l’offensiva dei giornali americani contro il presidente degli Stati Uniti e la sua «guerra sporca» contro la libertà di stampa. A chiamare a raccolta il popolo della carta stampata è il Boston Globe sotto l’hashtag #EnemyOfNon, ovvero «i giornali non sono nemici di nessuno», in risposta agli attacchi dell’inquilino della Casa Bianca che ha spesso definito i giornalisti «nemici del popolo». In tutto il Paese le testate sono uscite ieri con un editoriale dedicato proprio al presidente, o meglio contro il presidente. «Oggi negli Stati Uniti abbiamo un presidente che ha creato un mantra - si legge sul sito del Boston Globe - e cioè che i giornalisti che non sostengono apertamente le politiche dell’attuale amministrazione siano dei nemici del popolo. Questa è una delle principali bugie propinate da questo presidente, come un ciarlatano di una volta che getta polvere magica su una folla piena di speranze».
Donald Trump
L’appello dei quotidiani
Da qui l’idea del quotidiano, rivolta a ogni testata americana, di aderire all’appello scrivendo un proprio articolo dedicato. «I giornalisti non sono il nemico», ha titolato ieri il giornale di Boston, accompagnando il suo editoriale all’immagine stilizzata della punta di un pennino, con la sagoma degli Stati uniti al centro. E ha ricordato che per più di 200 anni la libertà di stampa «ha protetto i giornalisti in patria e ha funzionato come modello per le nazioni libere, all’estero». A scendere in campo col giornale della capitale del Massachusetts è stato un gruppo trasversale di realtà locali e nazionali, liberali o conservatrici, e anche d’oltreoceano, come il britannico Guardian. Non hanno aderito all’iniziativa invece il Wall Street Journal e altre pubblicazioni che sottolineano come nei confronti dell’inquilino della Casa Bianca ci sia una sistematica campagna di attacchi denigratori a oltranza, che fa perdere di vista la realtà dell’informazione. E in un’ideale alleanza anti-Trump scendono in campo anche i Pearl Jam con un manifesto disegnato dal bassista del gruppo, Jeff Ament, con l’artista Bobby Brown. Ovvero la Casa Banca in fiamme e un’aquila calva, emblema degli Stati Uniti, che come uno sciacallo becca uno scheletro che ha i capelli di Trump. Questa volta però nei confronti dei detrattori del presidente si è levato lo sdegno bipartisan, sia tra i democratici che tra i repubblicani, per aver violato uno dei simboli costituzionali d’America.
Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante