Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/08/2018, a pag.20 con il titolo "L'emiro del Qatar soccorre l'alleato Erdogan con 15 miliardi" il servizio di Giordano Stabile.
A destra: il Qatar protegge i terroristi islamici
Turchia e Qatar sono due Stati che finanziano e sostengono il terrorismo islamista, non stupisce dunque che si aiutino. Il Qatar, in particolare, finanzia costantemente numerosi gruppi terroristici in tutto il Medio Oriente e diffonde da molti anni l'estremismo islamico con la televisione più seguita in tutto il mondo arabo, Al Jazeera.
Il Qatar è un piccolo Paese del Golfo Persico che dispone di ricchissime entrate grazie a enormi giacimenti di petrolio e gas. E' un regime con circa 200.000 cittadini, nel Paese vivono però 2 milioni di schiavi senza diritti, principalmente di origine asiatica: lavoratori sottopagati impiegati per costruire grattacieli e enormi strutture nel deserto. Nonostante i comprovati crimini del regime del Qatar, non si alzano voci nel consesso internazionale contro l'emirato del Golfo, che ha stretti rapporti anche con un altro attore del terrorismo internazionale, l'Iran degli ayatollah.
Ecco l'articolo:
Giordano Stabile
L’emiro del Qatar arriva con 15 miliardi di aiuti, in contanti, e la lira turca si rianima, risale sopra la quota psicologica di sei lire per un dollaro, il tanto che basta a far tirare il fiato al presidente Recep Tayyip Erdogan e ai ministri economici. Il governo, scampato il pericolo di un collasso finanziario, mantiene così la linea dura con gli Stati Uniti sulla questione del pastore protestante Andrew Brunson e sui dazi.
Il summit fra Tamim bin Hamad Al-Thani ed Erdogan, mercoledì, è stato provvidenziale. I due Paesi hanno relazioni strettissime da quando Ankara, lo scorso anno, è intervenuta anche con l’invio di truppe a sostegno dell’emirato nella sua disputa con l’Arabia Saudita. L’emiro ha contraccambiato adesso con un pacchetto di progetti infrastrutturali, investimenti in aziende turche, e soprattutto liquidi depositabili subito, per un totale di 15 miliardi. L’effetto sui mercati, ieri, è stato potente. La lira è risalita a 5,74 per un biglietto verde, dopo che lunedì aveva toccato il minimo a 7,24.
La risposta a Trump
Il raddoppio dei dazi da parte di Trump sulle esportazioni di metalli ha inferto un colpo duro, ma ieri Ankara ha potuto rispondere con aumenti delle tariffe fino al 140 per cento su automobili, bevande alcoliche, tabacco, cosmetici e carbone importati dagli Usa. È il muro contro muro, confermato dal rifiuto di rilasciare il pastore Brunson, sospettato di legami con il fallito golpe del 15 luglio 2016. «Ne usciremo ancora più forti - ha assicurato ministro dell’Economia Mustafa Varank -: sono state adottate tutte le misure necessarie a fronteggiare l’attacco che sta subendo la nostra economia».
«Stiamo respingendo anche questo tentativo di colpo di stato», ha aggiunto Fagrettin Altun, portavoce della presidenza. È un concetto martellato dallo stesso Erdogan. Il tentato golpe del 2016 è attribuito all’imam Fetullah Gulen in esilio in Pennsylvania, con la complicità degli Usa, che ora sarebbero intenzionati a riprovarci per vie economiche. E questa sindrome dell’assedio spinge il leader turco sempre più nelle braccia di Vladimir Putin, nonostante nuovi disaccordi in Siria. Mosca vuole il via libera per l’assalto all’ultima roccaforte ribelle, Idlib, ma Ankara ha dispiegato negli scorsi mesi centinaia di suoi militari nella provincia e punta i piedi. Putin, Erdogan e il presidente iraniano Hassan Rohani si vedranno a Teheran nella prima settimana di settembre, per cercare un’intesa. La prova del fuoco per l’asse Mosca-Ankara-Teheran, mentre analisti militari israeliani vedono ormai la Turchia con «un piede fuori dalla Nato».
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