Germania: il ritorno dell'ebreo perseguitato da Hitler Analisi di Roberto Giardina
Testata: Italia Oggi Data: 15 agosto 2018 Pagina: 12 Autore: Roberto Giardina Titolo: «Il vecchio ebreo torna in Germania»
Riprendiamo da ITALIA OGGI del 15/08/2018, a pag.12, con il titolo "Il vecchio ebreo torna in Germania" il commento di Roberto Giardina.
Robero Giardina
Hans Bär
Wohnbach è un paesino di poco più di mille abitanti in Assia. Che cosa succede quando all'improvviso decide di tornare un ebreo fuggito da ragazzo nel 1938? Pretende di riavere casa sua, che la sua famiglia fu costretta a vendere per pochi marchi? O il negozio del nonno, o i venti ettari della fattoria espropriati? Vuole vendetta? Sembra la sceneggiatura di un film, ma la storia è raccontata in trenta minuti in un documentario andato in onda sul canale Arte. Una storia straordinaria perché sembra non accadere nulla, ed è questo il fatto più sconvolgente. Hans Bär oggi ha 95 anni, ancora vitale, ma ha dimenticato il tedesco, ogni tanto riaffiora una parola, i versi di un'antica canzone. Se ne fuggì con la madre a 14 anni, riuscendo a salire all'ultimo momento ad Amburgo sul piroscafo «Monte Rosa», diretto a Buenos Aires. «I tedeschi mi consegnarono il passaporto, appena un'ora prima della partenza». Il padre Emil aveva previsto subito che sarebbe finita male, ricorda. Se ne partì appena qualche giorno dopo la presa di potere di Hitler. Andò a Rosario, ma moglie e figlio rimasero a Wohnbach, in attesa di raggiungerlo. «Ero l'unico bambino ebreo alla scuola elementare», dice Hans, «i compagni mi picchiavano ogni mattina, il maestro non mi proteggeva». I paesani non andavano più al negozio del nonno Levi.
A Rosario, il giovane Hans decise di dimenticare il suo paese, la Germania, l'Europa. Lavorò come meccanico, si sposò, ebbe tre figli, andò in pensione a 84 anni, rimasto vedovo, quattro anni fa, decise di ritirarsi a Puerto Madryn, in Patagonia. Poi è stato preso dal desiderio di rivedere i luoghi della sua infanzia, grazie a un'iniziativa su Internet sono stati raccolti 9.319 euro per finanziare il viaggio, ed è partito accompagnato dalla nipote Marlene. La notizia del suo arrivo ha turbato gli abitanti di Wohnbach. Il nonno Levi. morì a Theresienstadt, insieme con uno zio, e altri due parenti. I loro nomi sono incisi su una lapide su un muro del municipio. Solo due coetanei di Hans sono ancora in vita, un uomo e una donna, la signora Elly Schenk, 94 anni. «Mi ricordo di te», gli ha detto, «ma perché hai dimenticato il tedesco?». Hans le ha sorriso. Il sindaco gli ha stretto la mano, gli hanno organizzato una festa di benvenuto. La pastora (la maggioranza a Wohnbach è evangelica) ha annunciato una cerimonia per ricordare il passato, ma i posti in chiesa per Hans e Marlene sono rimasti vuoti. Il documentario lo dice e non spiega, ma credo che il motivo sia evidente. E Hans non ha voluto andare neanche al cimitero: non ci sono tombe dei parenti. È andato in giro per le strade, «una volta erano in terra, fangose d'inverno, polverose d'estate», ricorda. Ora sono asfaltate, ma ha ritrovato facilmente la casa del nonno, «passavo davanti al ritorno da scuola, e lui mi regalava caramelle», e la sua casa natale. I nuovi proprietari lo hanno accolto, e lui ha indicato il posto dove si trovava la sua stanza, che non esiste più. Hanno abbattuto le pareti per creare un salone. «Nessuno degli abitanti di Wohnbach è colpevole», dichiara uno del comitato di accoglienza, «e non sono responsabili per quanto hanno compiuto i loro padri, o i nonni. Bisogna ricordare perché non avvenga più». «Io sono rimasto tedesco», ci tiene a ribadire Hans, «ho conservato il mio passaporto con cui sono fuggito, con la croce uncinata... Wohnbach è il luogo dove sono nato. Sono stati tutti gentili, eppure è stata una visita anche dolorosa». Hans non trattiene qualche lacrima. Ed è la fine.
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