Avvocati italiani e tribunali palestinesi 28-8-2002
Ikhlas Kouli era una vedova di 36 anni con 7 figli a carico. Era una palestinese di Tulkarem, un villagio a pochi kilometri da Tel Aviv. E'stata uccisa brutalmente dalla polizia palestinese sabato scorso, il suo cadavere buttato in strada, presa a calci dai passanti in segno di disprezzo. Era una "collaborazionista" di Israele, hanno dichiarato i suoi carnefici. Prima di ucciderla hanno sequestrato suo figlio Baker, 17 anni,lo hanno torturato e frustato con un cavo della corrente per ottenere da lui la "confessione" che la madre era colpevole.
Molto probabilmente il suo "tradimento" era consistito in qualche frequentazione di troppo per ottenere un lasciapassare che le consentisse di recarsi al lavoro. Non aveva scelto di sacrificare uno dei suoi figli agli appelli di Arafat o di Hamas. Non voleva che una delle sue creature marciassse su Gerusalemme inneggiando allo sterminio degli ebrei. Quei figli voleva allevarli perchè vivessero,perchè li amava più di quanto non odiasse,forse,gli ebrei. Aveva implicitamente rinunciato alle migliaia di dollari che le sarebbero arrivati se avesse fatto come tante altre madri "rivoluzionarie". Intascando il compenso,sarebbe stata portata ad esempio.
Non ha voluto.
I vicini di casa, quasi a sottolineare la giustezza del crimine, hanno dichiarato ai giornali che molti dei suoi parenti erano andati a vivere in Israele, evidentemente una colpa che richiede di essere lavata nel sangue.
Si parla molto in questi giorni, e se parlerà ancora di più ai primi di settembre quando riprenderà, del processo a Marwan Barghouti, il capo terrorista che Israele giudicherà per gli attentati che ha diretto e organizzato per conto di Arafat. Un processo con tanto di pubblico ministero e avvocati di difesa, come usa negli stati democratici.
Barghouti, in un collegio di difesa che si annuncia affollatissimo, avrà anche un gruppo di avvocati italiani, tutti rigorosamente di sinistra,guidati dall'on.Giuliano Pisapia di Rifondazione comunista. Saranno presenti, hanno dichiarato, per garantire al pluriimputato di stragi un processo giusto.
Ikhlas Kouli, invece, non ha avuto la stessa fortuna di Barghouti. Lei non è finita in un carcere israeliano. E'caduta invece sotto la giustizia palestinese che l'ha eliminata senza darle la possibilità di aprire bocca per urlare la sua verità. In quella stanza avrà affrontato da sola i suoi carnefici, avrà cercato invano di muovere a pietà chi stava già pregustando il macabro rituale del disprezzo stradale del cadavere.
Povera Ikhlas, nemmeno sui media europei la sua fine ha destato lo sdegno che avrebbe dovuto. Molti hanno trovato la notizia nemmeno degna di essere pubblicata. Altri hanno frugato nella sua vita alla ricerca di qualche motivo che giustificasse la sua esecuzione.
Certamente nessun avvocato, di quelli che accorrono in difesa dei terroristi ovunque vengano catturati, mostrerà interesse per Ikhlas Kouli. L'on Pisapia non si precipiterà in "Palestina" per appurare come si sono svolti i fatti, così come se ne staranno ben zitti tutti i sostenitori di Arafat di fronte ad una "giustizia" amministrata un modo così democratico.
E' noto che per costoro i crimini sono solo quelli commessi da Israele. Le esecuzioni sommarie,l'inesistenza persino di una parvenza di legalità non turba le coscienze di chi è solito giustificare qualunque delitto purchè commesso da chi è ritenuto essere dalla parte giusta.
Ikhlas non era da quella parte, pur essendo una palestinese.
E ha pagato con la vita.Che i suoi figli la ricordino con orgoglio.