Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/08/2018, a pag.12, con il titolo "Badawi, in carcere l’attivista che ha rotto i tabù dei sauditi" il commento di Rolla Scolari.
Se l'Arabia Saudita vuole schierarsi con l'Occidente libero contro l'Iran e la strategia di espansione degli ayatollah su tutto il Medio Oriente, è indispensabile che intervenga Mohammed bin Salman per forzare la mano ai religiosi e cambiare dall'interno il regime. Come aveva fatto con i principi corrotti a restituire alle casse dello Stato quanto avevano sottratto, faccia lo stesso con le regole teocratiche che mantengono l'Arabia Saudita a un livello addirittura pre-medievale.
Mohammed bin Salman
Ecco l'articolo:
Rolla Scolari
Samar Badawi sorride nel lungo abito nero che le copre corpo e capo. Accanto a lei ci sono le due donne più potenti al mondo, in quel marzo 2012. La First Lady Michelle Obama avvolta in un tubino bianco la accoglie sul palco, mentre Hillary Clinton parla dal podio. La 30enne saudita, attivista per i diritti delle donne, ha ricevuto quel giorno lo U.S. International Women of Courage Award. Sei anni dopo, mentre l’Arabia Saudita annuncia e pubblicizza aperture economiche e sociali, la donna è agli arresti, presumibilmente in carcere, e al centro di uno scontro diplomatico tra Canada e Riad.
Samar Badawi
Il ministro degli Esteri canadese Chrystia Freeland, dopo la notizia del fermo di Samar a inizio mese ha scritto su Twitter d’essere «allarmata» per un’ondata di detenzioni di attivisti in Arabia Saudita. Dal 15 maggio, infatti, prima che il regno ultra conservatore eliminasse, come annunciato da mesi, il divieto di guida per le donne – ultimo Paese al mondo -, le autorità hanno arrestato una quindicina di saudite che per anni hanno lottato per l’emancipazione femminile nel regno. Samar Badawi, l’ultima di una lista ormai lunga di militanti incarcerate, è sorella del blogger Raif Badawi, in prigione dal 2012 per le opinioni espresse online. Il giovane è stato condannato a dieci anni di prigione e mille frustrate, parte delle quali inflitte nel 2015 sulla pubblica piazza di Gedda, la città di origine dei Badawi. La sua famiglia è rifugiata in Canada: da qui il coinvolgimento del Paese.
Come aveva raccontato al pubblico Hillary Clinton nel 2012, Samar Badawi è stata la prima donna in Arabia Saudita ad aver fatto causa al proprio padre che si rifiutava di concederle il permesso di risposarsi. In un Paese retto da strette leggi religiose, dove le donne non possono sposarsi, divorziare, aprire un conto in banca, viaggiare, ricevere un’educazione, lavorare senza il permesso di un tutore maschio, il gesto di ribellione di Samar è di rottura inedita con il passato.
La storia di strappi inizia nel 2008, quando dopo la separazione dal primo marito la donna torna nella casa di un padre violento e, in seguito agli abusi, trova rifugio con il figlio in una struttura per giovani maltrattate. Inizia allora un lungo iter giudiziario per far fronte alle accuse di «disobbedienza» da parte del padre, cui a sua volta lei fa causa nel 2009, mettendo in dubbio il suo status di tutore. Quando ad aprile 2010 viene arrestata, parte una campagna internazionale per la sua liberazione. Uscita dal carcere nell’ottobre dello stesso anno, Samar è ormai un simbolo di quella lotta per i diritti delle donne che ancora oggi, nonostante l’ascesa al potere di un giovane principe ereditario, Mohammed bin Salman, che sulla carta sostiene la modernizzazione sociale del Paese, preoccupa il regno più conservatore del mondo.
Samar ha fatto causa alle autorità per il diritto di voto femminile anni prima che un decreto reale concedesse alle donne l’accesso alle elezioni locali nel 2015. È stata tra quelle donne che nel 2011 hanno dato avvio alla campagna per il diritto alla guida, infrangendo il divieto per le strade delle città saudite. Oggi il governo, con il suo arresto e nei mesi scorsi con quello delle principali attiviste del Paese, sembra voler strappare alle donne anni di lotte per arrogarsi il merito di una svolta – quella del volante - arrivata fuori tempo massimo.
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