Come fa politica la comunità Lgbt in Israele
Lettera da Gerusalemme, di Angelo Pezzana
Il Gay Pride ieri a Gerusalemme
Meno nudità nel Gay Pride di Gerusalemme ieri, fra i circa 35.000 dimostranti, che hanno protestato per la mancata inclusione nella legge sulla maternità surrogata per gli uomini. Sfilata nel centro della capitale, senza incidenti, se si escludono le maniere forti della polizia contro alcuni esponenti dei gruppi ortodossi di estrema destra Lehava, quattro sono stati arrestati da uno speciale gruppo di poliziotti in abiti color arcobaleno, che si erano mischiati fra gli oppositori alla marcia per impedire che commettessero atti di violenza. Molto variegata la partecipazione, considerando che in Israele non c’è ancora il matrimonio civile misto - è legale solo quello religioso - che viene però riconosciuto se celebrato all’estero.
Se al Pride di Tel Aviv in 200.000 avevano manifestato la gioia di vivere in un paese tra i più aperti nel riconoscimento del diritto di vivere liberamente la propria sessualità, nella capitale si è svolto sotto il segno della politica, meno musica assordante, più slogan sui diritti ancora da conquistare. Se i rabbini ortodossi continuano a ripetere che sarà la famiglia tradizionale ad essere colpita dalla liberazione dei costumi sessuali, ce ne sono altri, sempre nel campo del rabbinato ortodosso, a pensarla diversamente, come il rabbino Aharon Leibowitz, che è anche consigliere comunale e attivista sociale pro LGBT. “Se una comunità si sente oppressa, è mio dovere essere presente alla marcia e solidale” ha dichiarato. Questo Pride, con la partecipazione di gruppi diversi, viene giudicato particolarmente interessante dai commentatori politici, in vista delle elezioni municipali che si terranno nella capitale il 30 ottobre prossimo.
Angelo Pezzana