Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 01/08/2018, a pag. IV, la recensione di Alessandro Litta Modignani al libro "Uno scià alla corte d’Europa" di Kader Abdolah (Iperborea ed.).
Alessandro Litta Modignani
Il secolo Decimonono volge ormai al termine. Grandi tragedie si profilano all’orizzonte. Il mondo sviluppato è dentro la modernità, tutta un’altra parte ne risulta esclusa. La Persia è rimasta indietro, nel medioevo del medio oriente, nell’arretratezza tenebrosa della monarchia assoluta. Lo scià di Persia, incapace di adeguarsi a una realtà della quale pure è curiosissimo, cede all’Impero britannico i diritti sulle immense risorse del sottosuolo, in cambio di una somma di denaro ridicola, che però gli serve per finanziare il suo lungo e faraonico viaggio, attraverso le capitali del vecchio continente. Egli può così incontrare lo Zar, il Kaiser e Bismarck, la regina Vittoria, oltre a una miriade di personaggi minori e minimi, fino all’atelier degli impressionisti parigini, dove il viaggio si conclude. E’ pieno di verve e humour l’ultimo romanzo di Kader Abdolah, scrittore iraniano perseguitato in patria e rifugiato in Olanda, intellettuale “liberal” fautore del multiculturalismo, premiato nei Paesi Bassi come scrittore di lingua olandese. L’autore alterna sapientemente passato e presente, rimbalzando di continuo dal saggio al romanzo.
La copertina (Iperborea ed.)
Al racconto fiabesco del viaggio, fanno da contrappunto le molte considerazioni politiche, sociali e culturali legate all’attualità: i profughi siriani, il dramma dell’immigrazione, il dilagare del populismo. Lo scià è capriccioso come un bambino, crudele come un despota, curioso come un sovrano illuminato, complessato come un provinciale. Scopre le nuove meraviglie del mondo e resta incantato di fronte ai prodigi della tecnica. Si diverte, si annoia, si irrita, si vergogna di se stesso e della propria inadeguatezza. Si espone a tante brutte figure. Delle 300 mogli, ne ha portate con sé “solo” sei, alle quali si è aggiunta clandestinamente la volitiva Banu – l’altra protagonista del romanzo – odiata dalle consorti ufficiali in quanto “sgualdrina”. Banu rappresenta la metafora della libertà, dell’intelligenza, del coraggio, dell’autodetermina - zione della donna. Lo scià dapprima cerca di goderne, poi di tenerla a freno, infine di sopprimerla. Lungo il percorso, si libera via via delle mogli e di molti cortigiani, costringendoli a tornare a casa, e si sbarazza con la violenza di chi osa ostacolarlo. Solo l’indomita Banu riuscirà a sottrarsi al suo potere. “L’incontro con Guglielmo gli aveva fatto capire di essersi reso alquanto ridicolo nelle città che aveva visitato. I re non contavano più niente in Europa. A un tratto, l’entusiasmo delle migliaia di persone che lo acclamavano gli apparve sotto un’altra luce. In realtà, tutta quella gente accorreva ad ammirare un re del Medioevo, una specie estinta. Una sorta di dinosauro, di cui quella lunga carovana era la coda”. Il libro è suddiviso in 120 micro-capitoli, che alleggeriscono la trama e rendono agile la lettura. Abdolah confessa di avere provato, nello scrivere il romanzo, “un sentimento ambivalente nei confronti dello scià”: lo stesso che riesce a trasmettere, pagina dopo pagina, al cuore dei lettori.
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