Iran/Usa: le cronache di Francesco Semprini, Marco Valsania
Testata:La Stampa - Il Sole 24 Ore Autore: Francesco Semprini - Marco Valsania Titolo: «I Pasdaran: 'Impensabili i negoziati con l'America' - Trump apre a summit con l'Iran ma pone condizioni molto dure»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/08/2018, a pag. 15, con il titolo "I Pasdaran: 'Impensabili i negoziati con l'America' " il commento di Francesco Semprini; dal SOLE24ORE a pag. 15, con il titolo "Trump apre a summit con l'Iran ma pone condizioni molto dure", la cronaca di Marco Valsania.
Ecco gli articoli:
Donald Trump, Hassan Rohani
La Stampa - Francesco Semprini: "I Pasdaran: 'Impensabili i negoziati con l'America' "
Francesco Semprini
Da Teheran voci dissonanti replicano all’appello rivolto da Donald Trump, il quale si è detto pronto a incontrare Hassan Rohani. Lo stesso con cui solo pochi giorni fa aveva avuto un pesante scambio di minacce via Twitter. E farlo per di più senza precondizioni. Una sorta di replica del copione già adottato con Kim Jong-un. Mohammad Ali Jafari, comandante delle Guardie rivoluzionarie iraniane, è implacabile: «Il popolo iraniano non permetterà mai ai suoi rappresentanti di incontrare e negoziare con il Grande satana, noi non siamo la Corea del Nord». Eppure l’atteggiamento iraniano era sembrato non del tutto ostile nelle ore successive all’apertura dell’inquilino della Casa Bianca, sebbene con le dovute cautele. Per la repubblica islamica «la strada accidentata dei colloqui tra Iran e America», può essere intrapresa solo se gli Usa «ridurranno la loro ostilità nei confronti dell’Iran» e torneranno nell’accordo multilaterale sul nucleare del 2015, aveva detto Hamid Abutalebi, consigliere di Rohani.
Il cinguettio di Rohani Del resto lo stesso presidente iraniano, con un tweet, è tornato a definire «illegale» l’uscita degli Usa dall’intesa che fu siglata dall’amministrazione Obama insieme agli alleati europei. A quel punto anche Mike Pompeo ha dovuto frenare gli entusiasmi e correggere il tiro: «Siamo pronti al dialogo solo se gli iraniani si impegneranno a fare cambiamenti fondamentali su come trattano il proprio popolo e se ridurranno i loro comportamenti negativi». Condizioni tuttavia legittime, da una parte e dall’altra. A intervenire è anche Israele, una cui fonte riportata ai media nazionali ha riferito che dai contatti con Washington è garantito che «la politica di fermezza degli Stati Uniti verso l’Iran non è cambiata». Sebbene Jafari sembri cancellare ogni spiraglio di apertura, nella capitale iraniana cresce il pressing perché l’offerta di Trump venga considerata.
L’ex consigliere dell’ayatollah Ali Khamenei, Ali Akbar Nateq Nouri, ha sostenuto che la proposta del presidente americano non va respinta a priori. «L’atteggiamento di fondo non è negativo - ha osservato - una simile mossa da parte di Trump è coerente col suo carattere: dà un calcio forte alla palla ma, se il contendente non mostra spavento, cambia idea e propone un nuovo scenario». Il dubbio allora è se in seno all’Iran si stia consumando una spaccatura, o se Jafari ricorra alla stessa tattica di Trump calciando ancora più in alto.
IL SOLE 24 ORE - Marco Valsania: "Trump apre a summit con l'Iran ma pone condizioni molto dure"
Un summit con Teheran ovunque e in qualunque momento. Senza pre-condizioni. Oppure, forse, mai. Donald Trump ha aperto all'idea di incontri con la leadership dell'Iran, per discutere nuovi accordi sul nucleare e la sicurezza del Medio Oriente dopo aver denunciato e sbattuto la porta in faccia all'intesa firmata dal suo predecessore Barack Obama e dai Paesi europei. Uno "strappo" divenuto uno dei grandi punti di frizione transatlantici in politica estera. Adesso sembra suggerire che sia possibile ricucirlo, ma l'ottimismo potrebbe essere prematuro: il cammino accidentato davanti a simili trattative è stato delineato dalle reazioni immediate all'apertura di Trump, all'estero e in patria. Teheran ha risposto picche, a meno, ha detto, che Washington non torni sui suoi passi, accettando l'intesa atomica che ha strappato e i «diritti della nazione iraniana». Il Segretario di Stato americano Mike Pompeo ha messo nero su bianco che esistono vere e proprie condizioni per qualunque negoziato: una comprovata dimostrazione di Teheran «d'essere pronta a fondamentali cambiamenti nei confronti della popolazioni iraniana», assieme a una «riduzione delle azioni ostili», vale a dire sostegno a terrorismo e destabilizzazione regionale, e al riconoscimento che «vale la pena raggiungere un accordo che prevenga davvero la proliferazione nucleare». Anche se l'occasione propizia per eventuali incontri in realtà esiste: ai margini dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite quest'autunno a New York, un tentativo fatto e fallito un anno fa. Il passo di Trump, menzionato inizialmente lunedì notte durante una conferenza con il premier italiano Giuseppe Conte, ha colto di sorpresa molti osservatori: ancora la scorsa settimana il presidente aveva ammonito Teheran di «mai minacciare gli Stati Uniti», altrimenti «avrebbe conosciuto conseguenze che pochi Paesi hanno mai sofferto nella storia». E il precedente compromesso con Teheran, uno stop verificabile al programma atomico in cambio di sospensione delle sanzioni economiche, l'aveva apostrofato alla stregua del «peggiore di sempre». Sanzioni americane contro l'Iran, in seguito alla rottura dell'intesa, torneranno in vigore dal 4 agosto. Per Trump, tuttavia, la diplomazia fuori dagli schemi non rappresenta una novità, con scommesse ancora tutte da mettere alla prova. In contemporanea con la partita con l'Iran, l'altra grande sfida su una crisi nucleare si è scaldata: la Corea dal Nord, ha rivelato il Washington Post citando fonti di intelligence, ha ripreso la produzione di missili intercontinentali capaci di trasportare testate atomiche in una località nei pressi di Pyongyang. Immagini da satellite mostrano il lavoro in corso, su uno o due missili, a Sanumdong. Appare uno schiaffo al disgelo avviato con il vertice di Singapore del mese scorso tra Trump e Kim Jong Un. Lo stesso segretario di Stato Pompeo aveva però già ammesso, durante recenti testimonianze al Congresso, che Pyongyang ha tuttora in corso produzione bellica e di materiale per programmi atomici, senza mostrare pessimismo sul futuro della pista negoziale.
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