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Informazione Corretta Rassegna Stampa
30.07.2018 Fine '800, gli ebrei americani prendono posizione
Ritratto di Emma Lazarus di Giuliana Iurlano

Testata: Informazione Corretta
Data: 30 luglio 2018
Pagina: 1
Autore: Giuliana Iurlano
Titolo: «Fine '800, gli ebrei americani prendono posizione»

Fine '800, gli ebrei americani prendono posizione
Commento di Giuliana Iurlano

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Emma Lazarus

“They must establish an independent nationality”: con queste parole, la poetessa ebrea americana Emma Lazarus, quarta di sette figli di Esther e Moses Lazarus, espresse la sua posizione verso la “questione ebraica” nel saggio “The Jewish Problem” pubblicato, nel febbraio del 1883, sulla rivista “The Century Magazine” (Vol. 25, Issue 4, February 1883, pp. 602-611).
La Lazarus – più nota per i versi tratti da “The New Colossus”, incisi sul piedistallo della Statua della Libertà – si riappropriò della sua identità ebraica, pur vivendo profondamente da americana.
Gli anni ottanta dell’800 furono anni molto difficili per gli ebrei, divisi geograficamente tra le persecuzioni dell’Europa orientale e le illusioni dell’integrazione nell’altra parte d’Europa, quella che aveva eliminato le discriminazioni e riconosciuto alla minoranza ebraica i diritti civili e religiosi.

Anche negli Stati Uniti la comunità ebraica, per la maggior parte di origine tedesca, aveva raggiunto alti livelli di integrazione, tanto che un’élite ebraico-tedesco-americana era giunta a ricoprire importanti incarichi nell’amministrazione statunitense, ponendo anche a livello diplomatico la “questione ebraica” nell’impero zarista e nel regno di Romania.
Il sogno americano aveva attratto grandi masse di ebrei perseguitati nel Vecchio Continente, ma aveva contemporaneamente sollevato un acceso dibattito nella società americana, costretta a confrontarsi con i new encomers, tutti molto poveri, spesso tradizionalisti sul piano religioso e poco propensi ad una reale integrazione. 

Emma Lazarus prese coscienza della necessità delle idee sioniste e, di fronte alla minoranza ebraica “destinata ad accendere l’antagonismo dei [...] connazionali non ebrei”, offrì quella che a lei appariva come l’unica soluzione possibile: la fondazione di uno Stato ebraico in Palestina. Colpita dalle proposte di gentili illuminati, come George Eliot e Laurence Oliphant, e riflettendo anche sulle parole di un giovane esponente della comunità ebraica russa, che – parlando della “missione” degli ebrei nella storia – aveva sottolineato come fosse ormai passato il tempo del raggiungimento di un obiettivo essenzialmente religioso (quello di combattere la corruzione e il dispotismo in ambito religioso e morale) e come fosse, invece, giunto quello della consapevolezza che gli ebrei avessero la necessità di diventare una “nazione consolidata”, dopo che per secoli avevano costituito una sorta di “buffer” in grado di legare insieme culture e religioni differenti, anche provenienti da popoli a loro ostili, con un legame capace di dare vigore e profondità alle società in cui si trovavano a vivere.

Era giunta l’ora, dunque, di rivitalizzare l’ebraismo, “incorporandolo in una nazione fresca ed attiva”. La conclusione della Lazarus è chiara: “No, non è morta quella nazione che, con la sua comunità di emarginati e di indigenti produce uomini così pieni di grande orgoglio, di un patriottismo così elevato, e di un senso di elezione tanto indomito verso una nobile missione, come descritta da queste parole di un paria russo”. In “An Epistle to the Jews” – una serie di quindici lettere aperte pubblicate tra il novembre 1882 e il febbraio dell’anno successivo sull’“American Hebrew” – cercò di spingere i “fortunati” ebrei americani a porsi il problema dei loro correligionari perseguitati nel mondo, sostenendo a chiare lettere che “finché noi non saremo tutti liberi, nessuno di noi sarà libero” e – come aveva scritto in un saggio precedente di commento al celebre poema di Henry Wadsworth Longfellow, “The Jewish Cemetery at Newport”, secondo il quale “le nazioni ormai morte non risorgeranno mai più” – aveva giudicato una vera e propria “sciocchezza” la sua chiusa finale, sostenendo invece che i molti ebrei che arrivavano in America "dimostra[va]no che sono molto calorosamente e completamente vivi".
Per questo, era necessario che gli ebrei americani sposassero la causa sionista e facessero di tutto per ricostituire la patria ebraica in Palestina.


Giuliana Iurlano è Professore aggregato di Storia delle Relazioni Internazionali presso l'Università del Salento. Collabora a Informazione Corretta


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