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Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
29.07.2018 Satana a Goraj, il primo romanzo di Isaac Bashevis Singer
Recensione di Giulio Busi

Testata: Il Sole 24 Ore
Data: 29 luglio 2018
Pagina: 21
Autore: Giulio Busi
Titolo: «Notte limacciosa del risentimento»

Riprendiamo dal SOLE24ORE Domenica di oggi, 29/07/2018, a pag.21, con il titolo "Notte limacciosa del risentimento" la recensione di Giulio Busi al libro "Satana a Goraj" di Isaac Bashevis Singer

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Giulio Busi                            Isaac Bashevis Singer (1904-1991)

Il compasso delle ore si allarga, l'alba si fa attendere. Quando verrà? Per quanto una notte possa essere soffocante, cupa, prima o poi la luce del giorno la redime, l'annulla, la ristora. Ma se le tenebre sono nell'anima, chi sa affrettare il mattino? E se restassero per sempre, se una vita intera non bastasse a dissiparle? Satana a Goraj, il primo romanzo di Isaac Bashevis Singer, affonda nel buio. Tra le pagine scorre un tempo limaccioso, fatto di grumi e di risentimento. Che le cose si mettano per il peggio, lo capiamo fin dalla prima pagina. È il 1648, tempo di massacri. I cosacchi di Bohdan Chmel'nitskij, in rivolta contro la nobiltà polacca, battono l'Ucraina e si accaniscono innanzitutto contro gli ebrei, prede facili e disarmate. I morti si contano a decine di migliaia. Città grandi, villaggi, case sparse. Nulla viene risparmiato. Le donne violentate, gli uomini derubati, trucidati. Dopo poche frasi, l'obiettivo di Singer si stringe sul piccolo centro abitato, protagonista del romanzo: «La maggior parte delle case erano state rase al suolo dal fuoco. Per settimane, dopo la distruzione, i cadaveri giacquero abbandonati per le strade di Goraj: non c'era nessuno a dar loro sepoltura». Per capire questa scelta espressiva, quella di concentrarsi su di un singolo microcosmo per significare la mala sorte di una generazione intera, bisogna tenere in mente le scintille. Si spargono per tutto il creato, s'infilano tra uomo e uomo, negli interstizi del cuore, tra terra e cielo. Scintille di luce, sante, preziose. Come mai producono tanti danni? Singer scrive con la penna intinta nel misticismo. Le scintille di cui parliamo vengono dai vecchi libri della qabbalah, la sapienza veneranda che, nell'epoca in cui è ambientato il libro, cattura le menti e i cuori di buona parte della diaspora. I visionari ebrei credono che, all'inizio dei tempi, una conflagrazione cosmica abbia devastato l'ordine della creazione e mandato in mille pezzi l'originaria architettura del bene, voluta da Dio. Le faville divine si sono sparse per la materia, imprigionate tra le tenebre del mondo fisico. Ecco il perché dei massacri, delle persecuzioni, dei dolori che si riversano su Israele. Anche le devastazioni arrecate dai cosacchi non sono che un estremo rifrangersi di quella catastrofe originaria. Come riscattare la luce dalla sua prigione, in che modo por fine all'esilio del popolo ebraico? Questo è il tema di Satana a Goraj, una lunga sequenza di peripezie in nome della redenzione, attraverso riti, credenze, illusioni. Se le scintille sono dovunque, anche Goraj, minimo punto sulla carta geografica, può compendiare in sé l'intero dramma cosmico. Non importa quanto il paese sia decentrato e insignificante. Chi conosce i segreti delle anime, e sa compiere le operazioni adatte, può affrettare la liberazione indipendentemente dal luogo in cui agisce. Rosso e nero, questi i colori della tavolozza di Goraj. Il nero è quello della violenza e della persecuzione. Rosso è il balenio del fuoco, con le sue lingue ardenti di peccato. Non si sono ancora placati i lamenti per i massacri del 1648, quando si diffonde la fama di un misterioso personaggio, un ebreo originario di Smirne, che dichiara d'esser capace del miracolo tanto atteso. Shabbetai Tzevi, questo è il suo nome, è sicuro di raccogliere anche la scintilla più remota. Per sapere come, bisogna affidarsi anima e corpo a Singer. O meglio, è necessario seguire le peripezie dei suoi personaggi. Rabbi dall'apparenza pia e donne altrettanto in apparenza timorate di Dio. Chi crederebbe mai che dietro la facciata di normalità si nascondano tante storture? Quelli di Shabbetai possono ben esser imbrogli, ma le tentazioni e le sofferenze psichiche dei personaggi invischiati nelle sue trame sono reali e angoscianti. Voci interiori, adulteri, orgoglio, superbia, il mondo di Satana è tenace e cruento. Quando Singer pubblica il testo, nel 1933, la scelta dell'yiddish per una storia di magia e qabbalah suona provocatoria. Fino ad allora, la lingua è stato usata per diffondere ideali di progresso e per sostenere il movimento socialista e operaio tra gli ebrei dell'Europa dell'est. Raccontare in yiddish vecchie trame di superstizione sembra a molti un paradosso. Eppure, la mano di un grande autore - Singer arriverà nel 1978 al Nobel per la letteratura - si vede proprio nella sua capacità di portare al limite i mezzi espressivi di cui si serve. È solo dopo la seconda guerra mondiale, con il vecchio mondo ebraico dell'est travolto per sempre dalla Shoah, che il volume viene tradotto inglese. Dopo la catastrofe nazista, quella che sembrava una stranezza contro corrente diviene ancora più inquietante e i fantasmi singeriani paiono più attuali che mai. Ma sarebbe un errore prendere Satana a Goraj come una profezia storica. È vero che il libro si apre con le persecuzioni cosacche, ma il suo fulcro è il nemico interno, la minaccia che l'ebraismo porta a se stesso. Quello che infiamma Singer, e che avvince i lettori di questa bella edizione Adelphi, ottimamente curata da Elisabetta Zevi, è il sogno umano di rovesciare la storia. Di orientare il corso degli eventi, di dirigerli con la mente, d'influenzarli con la devozione. O con il peccato. L'insegnamento più pericoloso di Shabbetai Tzevi è che le trasgressioni possano affrettare la redenzione, e che i precetti vadano compiuti negandoli e violandoli. Tutto quello che al pio ebreo è proibito, diviene lecito, in una spirale di autodistruzione. Quella di Goraj è una pietà eccessiva, che si trasforma in rovina e perdizione. «La morale di questa storia è la seguente: nessuno si attenti a forzare il Signore a por fine alle nostre pene in questo mondo». In mezzo, tra i castighi e le illusioni, si estende il cielo di Goraj, curvo, pesante, senza stelle.

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