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Italia Oggi Rassegna Stampa
25.07.2018 A Berlino una mostra sui giudici del periodo nazista: da vedere
Commento di Roberto Giardina

Testata: Italia Oggi
Data: 25 luglio 2018
Pagina: 12
Autore: Robero Giardina
Titolo: «Giudici nazisti messi in mostra»

 Riprendiamo da ITALIA OGGI del 25/07/2018, a pg.12, con il titolo "Giudici nazisti messi in mostra" il commento di Roberto Giardina.

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Robero Giardina

Consigliamo la visione del film" Lo Stato contro Fritz Bauer" per capire quanto la magistratura della Germania del dopoguerra sia rimasta in gran parte la stessa, difesa da una rete di complicità con il passato regime. Fritz Bauer è stato invece il procuratore che rese possibile la cattura di Adolf Eichmann. Questo film è la storia della sua vita.
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Avevano toghe rosse giudici del Terzo Reich. Ed erano fanaci e spietati. Verso la fine, con la Germania in guerra, metà dei processi si concludeva con la condanna a morte. A Berlino, alla Topographie des Terrors, il museo aperto sui resti della prigione della Gestapo, si può vedere (fino al 21 ottobre) una mostra sul Volksgerichtshof, il tribunale popolare speciale voluto da Hitler: «Terror durch Recht 1934-1945», terrore attraverso al diritto. All'inizio delle udienze, i cinque giudici comparivano con le toghe color del sangue, si fermavano davanti alla grande bandiera con la svastica, alzavano il braccio destro urlando «Heil Hitler!». E gli imputati non avevano scampo. I più fortunati potevano sperare in una lunga pena detentiva, in condizioni inumane. Dopo l'incendio del Reichstag, nel `33, il normale tribunale condannò a morte solo il principale accusato Marinus van der Lubbe (probabilmente, un capro espiatorio), assolvendo gli altri tre imputati, membri del partito comunista. Hitler giudicò la sentenza scandalosa, i magistrati erano stati troppo benevoli, e nell'aprile dell'anno seguente fu istituito il Volksgerichtshof, un tribunale speciale per giudicare i delitti contro la patria e il popolo tedesco. Dopo l'Anschluss, nel 1938, i poteri del Volksgerichtshgof furono estesi anche all'Austria. In tutto, le condanne a morte furono 5.200, su 16.700 procedimenti, tra cui quelle dei congiurati del 20 luglio `44. I responsabili del fallito attentato contro Hitler sapevano che la loro sorte era segnata, eppure davanti ai giudici rimasero muti. Non per paura, o nella speranza di scampare alla forca. Erano militari, schiacciati, per un tragico paradosso, dal complesso di colpa di essersi ribellati all'autorità del capo. Erano dalla parte giusta, ma tacquero. I processi si svolgevano violando i diritti fondamentali dell'imputato. Non aveva il diritto di scegliersi un difensore di loro fiducia, e il legale doveva essere approvato dal presidente del tribunale. Sia all'imputato che al suo legale i motivi dell'accusa venivano comunicati il giorno prima, spesso poche ore prima, dell'inizio del processo. Imputato e difensore non avevano modo di comunicare tra loro. Un avvocato che avesse difeso «con troppa efficacia» il suo cliente rischiava a sua volta di finire sul banco degli imputati, come avvenne per Franz Wallau, difensore d'ufficio dello svizzero Maurice Bavaud, un giovane seminarista che tentò di uccidere il Führer il 9 novembre del 1938 a Monaco. Wallau chiese l'assoluzione, i giudici lo sospesero immediatamente, e incaricarono un altro legale. Wallau fu arrestato in sala dalla Gestapo. Bavaud venne giustiziato a 25 anni, nel maggio del 1941. Una delle storie che si apprendono visitando la mostra. Il più spietato presidente del Volksgerichthof fu Roland Freisler: dal 1942 fino alla morte durante un bombardamento americano i13 febbraio del `45 condannò alla pena capitale quasi tutti gli imputati. Fu lui a giudicare Hans e Sophie Scholl, i ragazzi della Rosa Bianca, spostandosi appositamente a Monaco: la sentenza venne eseguita poche ore dopo la condanna, il 22 febbraio del `43. Dopo la guerra, quasi tutti i giudici dalle toghe rosse poterono continuare la carriera nella Repubblica Federale. Avevano agito applicando il diritto vigente durante il III Reich. Alcuni furono processati negli anni cinquanta nella Germania Est, ma le condanne furono lievi. Nel 1967, a Berlino Ovest, il giudice Hans-Joachim Rehse venne condannato a cinque anni, ma la sentenza fu in seguito annullata, e il magistrato assolto. Un altro giudice, Paul Reimers, si tolse la vita prima del processo.

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