Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 23/07/2018, a pag. III, con il titolo "L’Europa è stata la culla della civiltà. Ma adesso è una spettatrice alla deriva" l'analisi tratta da Hoover Institution.
Victor Davis Hanson
Nelle riviste di politica estera, un tema costante sono i leader europei che si lamentano del fatto che l’Europa non ottiene il suo posto sulla scena mondiale. Perché dovrebbe?”. Se lo chiede lo storico americano Victor Davis Hanson. “Dopotutto, se ‘l’Europa’ è definita dall’appartenenza all’Unione europea composta da 28 membri, allora dovrebbe essere la superpotenza mondiale. Il progetto europeo ha una popolazione (512 milioni) che supera quella degli Stati Uniti (326 milioni). Anche il suo pil (20 trilioni di dollari) è spesso calibrato come uguale o addirittura più grande di quello americano (19 trilioni). Storicamente, la geografia europea è strategicamente influente, con finestre sull’Atlantico, sul Baltico e sul Mediterraneo. Roma è il centro del cristianesimo, la più grande religione del mondo. Alcune delle grandi nazioni - Argentina, Australia, Brasile, Canada, Cile, Nuova Zelanda e Stati Uniti - sono nate come colonie europee. Circa due miliardi di persone parlano inglese, spagnolo, portoghese o francese. I prodotti europei – Airbus, BP, Shell e Volkswagen – fanno parte delle famiglie globali. La Francia ospita ogni anno il maggior numero di turisti. L’Europa nel suo insieme è più visitata di qualsiasi altra nazione o area geografica. L’Europa è stata la patria della civiltà: la nascita della città-stato, l’emergere del repubblicanesimo romano e del suo successivo impero globalizzato, il Rinascimento, la Riforma, l’Illuminismo e la Rivoluzione industriale. Molti dei più grandi pensatori, scrittori, scienziati, politici del mondo sono stati europei, Platone, Socrate, Cicerone, Ottaviano, Pericle, Copernico, Dante, Galileo, Da Vinci, Newton, Shakespeare, Cervantes, Einstein e Churchill. La tradizione militare occidentale è nata in Europa, e gli eserciti più letali nella storia sono tutti europei, e avevano i comandanti più qualificati, da Alessandro Magno e Giulio Cesare a Napoleone e Wellington. Perché, allora, i leader europei si sentono sempre più irrilevante? L’Europa è in gran parte una spettatrice. Gli amici dell’Europa non contano più su di lei e i suoi nemici non la temono. La rivoluzione hightech che ha generato Amazon, Apple, Google, Facebook e Microsoft ha superato l’Europa. Giudicando dalle grandi opzioni storiche del potere di una civiltà – carburante, energia, istruzione, demografia, stabilità politica e potere militare – l’Europa sta calando. Sta spendendo l’1,4 per cento del suo pil collettivo in difesa. E con un tasso di fertilità inferiore a 1,6 per cento, l’Europa si sta restringendo e invecchiando. L’Europa rimane dipendente dalla Russia, dall’Asia centrale e dai paesi Opec per gran parte del suo fabbisogno energetico. Delle 20 migliori università del mondo, solo una è europea continentale; al contrario, 15 sono americane e 4 britanniche.
Per un continente che celebra la diversità, l’apparato europeo è abbastanza intollerante nei confronti delle voci dissidenti. Il risultato è frustrazione e polarizzazione. Gli europei dell’est si ribellano contro il bullismo di Berlino e Parigi e cominciano a rifiutare l’ingresso di altri musulmani dal medio oriente. Nel frattempo, il Regno Unito va alla deriva. Al centro di queste tensioni regionali spicca la Germania, la più grande nazione Ue, e quella con la sua storia più problematica. In teoria, la Germania afferma che non è più il bullo del 1871, 1914 e 1939. In effetti, Berlino mostra poca pazienza con coloro che si oppongono ai suoi piani. Le fratture sono sintomatiche di un paradosso esistenziale, simile in qualche modo alle contraddizioni del movimento progressista negli Stati Uniti. Il governo europeo è in gran parte gestito da una élite di professionisti burocrati. Su questioni quali l’immigrazione clandestina e i sacrifici finanziari, i loro privilegi li esentano dalle conseguenze concrete della loro ideologia e politica. Il costoso progetto sociale restringe la classe media, poiché le tasse aumentano per pagare i diritti per i poveri e per sovvenzionare lo stile di vita dei mandarini dello stato. Lo stato sociale europeo considera le spese militari come un furto alla previdenza sociale: un’ipotesi fattibile finché gli Stati Uniti continueranno a sovvenzionare la sicurezza europea. La cultura europea è a disagio con la spinta individuale verso la mobilità e l’imprenditorialità. L’etica europea considera troppo spesso il profitto come una violazione dell’equità. Fuori da questa complessa matrice emerge l’altezzosa mentalità europea secondo cui avrebbe trasceso i limiti della natura umana, convinta che le idee illuminate sul potere morbido e sulla ragione pura possano eliminare la guerra, la povertà e l’ineguaglianza non solo all’interno dell’Europa, ma anche a livello globale.
La professione di fede nei diritti umani e la profonda antipatia per la religione come una sorta di oscurantismo ha ingannato l’Unione europea sulle fonti ultime della sua sicurezza e prosperità. La sua traiettoria del Dopoguerra verso ricchezza e sicurezza si basava in parte sui sussidi militari degli Stati Uniti. Due milioni di migranti impoveriti e per lo più mussulmani hanno giustamente dato per scontato che l’Europa sia irrimediabilmente divisa e completamente incapace di esercitare la volontà politica o morale di proteggere la propria sovranità, tanto meno di difendere la sua storia e le sue tradizioni politiche e religiose. La Russia accetta cinicamente che un’Europa disarmata e assetata di energia non farà molto per controllare l’espansio - nismo russo. I sondaggi recenti mostrano un calo generale di fiducia nell'Unione europea da parte dei suoi membri. Un ethos continentale di agnosticismo, dipendenza dello stato, assenza di figli e multiculturalismo lascia l'Europa particolarmente vulnerabile sia alle sfide straniere sia a massicci afflussi di immigrati per lo più mussulmani. Una soluzione americana basata su deregolamentazione, taglio delle tasse, più referendum e plebisciti, aumento della spesa per la difesa, gas naturale e fracking petrolifero, sicurezza alle frontiere - sarebbe impensabile. Tale svolta sarebbe antitetica all’auto-percezione delle élite europee e alle sue pretese umanitarie e comporterebbe un’ammissione collettiva del fallimento. Il furore europeo su Trump non è, come asserito, perché lui e il paese che lo ha eletto sono rozzi, ma perché sono necessari più che mai a un continente che ha perso la sua strada”.
(traduzione di Giulio Meotti)
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