Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/07/2018, a pag. 6, con il titolo "Dalla Crimea a Israele, Salvini dà la linea agli Esteri", la cronaca di Francesca Schianchi.
Matteo Salvini si dice d’accordo con Donald Trump sulla decisione di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele, diversamente dai 5 stelle suoi alleati di governo, che da sempre non fanno mistero di una linea fortemente ostile a Israele. Vedremo se le parole di Salvini avranno effettivamente ricadute, e di quale genere, per Israele.
Ecco l'articolo:
Matteo Salvini
La questione migratoria, su cui l’Italia «ha fatto molto, forse troppo». Il rapporto con Trump e quello con l’Unione europea. Fino alla posizione nei confronti della Russia e dell’annessione della Crimea. In un’intervista a una delle firme più note del Washington Post, Matteo Salvini parla da capo della Lega, da ministro dell’Interno e vicepremier, ma, si direbbe, anche da ministro degli Esteri ombra.
Irritazione dai Cinque Stelle
Uno sconfinamento su temi di politica estera che non è passato inosservato alla Farnesina. Nel lungo colloquio col quotidiano americano, Salvini si dice d’accordo con Trump sulla decisione di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele. Un punto su cui l’intesa con i Cinque Stelle non c’è, e per questo, non a caso, non è stato inserito nel famoso contratto di governo. A ricordarlo, con un polemico tweet serale, è il sottosegretario agli Esteri del M5S, Manlio Di Stefano: «La sede della ambasciate italiane nel mondo è competenza della Farnesina – scrive – e questa, oggi, è una buona notizia per chi crede nel processo di pace in Medio Oriente, nel diritto internazionale e nelle risoluzioni Onu. Gerusalemme è capitale dei due Stati, nessun dubbio a riguardo».
Le sanzioni
Poi c’è il tema del rapporto con la Russia. «Noi apparteniamo all’Alleanza atlantica», ribadisce il vicepremier, ma impegnati a conservare i migliori rapporti possibili con Mosca, da cui è appena rientrato. «Manteniamo la posizione storica dell’Italia, ma con un occhio di riguardo per gli interessi del nostro Paese – spiega il deputato salviniano Paolo Grimoldi, vicepresidente della Commissione esteri della Camera – e questo significa non rinunciare ai dieci miliardi di export che ci costano le sanzioni». E infatti, Salvini ribadisce il vecchio cavallo di battaglia leghista, aggiungendo un tassello: la legittimità, ritiene, dell’annessione russa della Crimea.
«Non è un fake referendum»
«C’è stato un referendum, e il 90 per cento delle persone hanno votato per il ritorno della Crimea nella Federazione russa». All’obiezione che si sia trattato di un «fake referendum», Salvini risponde che si tratta di un «punto di vista», fedele alla posizione leghista: due anni fa, nel Consiglio regionale della Lombardia, venne votata una mozione proposta dal Carroccio per chiedere il ritiro delle sanzioni e l’impegno per il riconoscimento della Crimea; a favore si espresse anche il M5S, mentre il Pd votò contro, sostenendo che si tratta di materie di competenza del governo. «C’è stato un referendum: vogliamo tenere in considerazione l’opinione del popolo oppure no?», insiste Grimoldi.
Ue e migranti
La Ue, insiste Salvini, lui e il governo a cui appartiene la vogliono cambiare da dentro, «e non uscirne». E per risolvere la crisi dei migranti, serve «un piano Marshall per l’Africa». Lui è pronto a lavorarci. Da ministro dell’Interno, vicepremier e, un po’, anche da ministro degli Esteri.
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