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Internazionale Rassegna Stampa
20.07.2018 Gideon Levy: con amici così, chi ha bisogno di nemici?
La demonizzazione su Israele in Italia è su Internazionale

Testata: Internazionale
Data: 20 luglio 2018
Pagina: 46
Autore: Gideon Levy
Titolo: «La legge che dice la verità su Israele»

Riprendiamo da INTERNAZIONALE del 19/07/2018, con il titolo "La legge che dice la verità su Israele", il commento di Gideon Levy.

https://www.internazionale.it/opinione/gideon-levy/2018/07/19/israele-legge-nazione

L'articolo di Gideon Levy, quasi ignorato in Israele per le proprie posizioni estremiste, è un cumulo di falsità funzionali unicamente alla demonizzazione sistematica di Israele. In sintesi la tesi di Levy è: "Ve l'avevamo detto, Israele è uno Stato di apartheid, la legge votata ieri ne è la conferma". Levy, però, ignora completamente la realtà dei fatti, perché in Israele nella vita di tutti i giorni arabi ed ebrei si mescolano e convivono, nella maggior parte dei casi, in pace e collaborando gli uni con gli altri. Nulla della legge votata alla Knesset va nella direzione di una politica di discriminazione come quella che era in vigore in Sud Africa. Questa è la tesi del movimento neo nazista BDS, che mira alla distruzione di Israele.

Pur essendo ignorate in Israele (Haaretz è il quotidiano dalla tiratura più bassa, e lo sarebbe ancora di più, una parte di chi lo legge lo fa per i servizi culturali, in genere interessanti), le tesi di Levy godono di ampio risalto all'estero e influenzano molti altri commenti faziosi contro Israele, in particolare il giornale Repubblica, della famiglia dell'Ing. Carlo De Benedetti. Rimandiamo ai pezzi usciti oggi su Repubblica, che dimostrano ampiamente questa nefasta influenza anche in Italia. Li abbiamo pubblicati su IC ggi in altra pagina.

In altra pagina il nostro commento più approfondito nel servizio di Giordano Stabile sulla Stampa.


Ecco l'articolo:

Immagine correlata
Gideon Levy

 

 

 

Risultati immagini per demonizing israel
La demonizzazione di Israele

Il parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato una delle leggi più importanti della sua storia, oltre che quella più conforme alla realtà. La legge sullo stato-nazione (che definisce Israele come la patria storica del popolo ebraico, incoraggia la creazione di comunità riservate agli ebrei, declassa l’arabo da lingua ufficiale a lingua a statuto speciale) mette fine al generico nazionalismo di Israele e presenta il sionismo per quello che è. La legge mette fine anche alla farsa di uno stato israeliano “ebraico e democratico”, una combinazione che non è mai esistita e non sarebbe mai potuta esistere per l’intrinseca contraddizione tra questi due valori, impossibili da conciliare se non con l’inganno. Se lo stato è ebraico non può essere democratico, perché non esiste uguaglianza. Se è democratico, non può essere ebraico, poiché una democrazia non garantisce privilegi sulla base dell’origine etnica. Quindi la Knesset ha deciso: Israele è ebraica. Israele dichiara di essere lo stato nazione del popolo ebraico, non uno stato formato dai suoi cittadini, non uno stato di due popoli che convivono al suo interno, e ha quindi smesso di essere una democrazia egualitaria, non soltanto in pratica ma anche in teoria.

È per questo che questa legge è così importante. È una legge sincera. Le proteste contro la proposta di legge erano nate soprattutto come un tentativo di conservare la politica di ambiguità nazionale. Il presidente della repubblica, Reuven Rivlin, e il procuratore generale di stato, i difensori pubblici della moralità, avevano protestato, ottenendo le lodi del campo progressista. Il presidente aveva gridato che la legge sarebbe stata “un’arma nelle mani dei nemici di Israele”, mentre il procuratore generale aveva messo in guardia contro le sue “conseguenze internazionali”. La prospettiva che la verità su Israele si riveli agli occhi del mondo li ha spinti ad agire. Rivlin, va detto, si è scagliato con grande vigore e coraggio contro la clausola che permette ai comitati di comunità di escludere alcuni residenti e contro le sue implicazioni per il governo, ma la verità è che a scioccare la maggior parte dei progressisti non è stato altro che vedere la realtà codificata in legge.

Era bello dire che l’apartheid riguardava solo il Sudafrica. Anche il giurista Mordechai Kremnitzer ha denunciato invano il fatto che la proposta di legge avrebbe “scatenato una rivoluzione, né più né meno. Sancirà la fine di Israele come stato ebraico e democratico”. Ha poi aggiunto che la legge avrebbe reso Israele un paese guida “per stati nazionalisti come Polonia e Ungheria”, come se non fosse già così da molto tempo. In Polonia e Ungheria non esiste un popolo che esercita la tirannia su un altro popolo privo di diritti, un fatto che è diventato una realtà permanente e un elemento inscindibile del modo in cui agiscono Israele e il suo governo, senza che se ne intraveda la fine. Tutti questi anni d’ipocrisia sono stati piacevoli. Era bello dire che l’apartheid riguardava solo il Sudafrica, perché lì tutto il sistema si basava su leggi razziali, mentre noi non avevamo alcuna legge simile. Dire che quello che succede a Hebron non è apartheid, che quello che succede in Cisgiordania non è apartheid e che l’occupazione in realtà non faceva parte del regime. Dire che eravamo l’unica democrazia della regione, nonostante i territori occupati. Era piacevole sostenere che, poiché gli arabi israeliani possono votare, la nostra è una democrazia egualitaria. O fare notare che esiste un partito arabo, anche se non ha alcuna influenza. O dire che gli arabi possono essere ammessi negli ospedali ebraici, che possono studiare nelle università ebraiche e vivere dove meglio credono (sì, come no).

Ma quanto siamo illuminati. La nostra corte suprema ha stabilito, nel caso dei Kaadan, che una famiglia araba poteva comprare una casa a Katzir, una comunità ebraica, solo dopo anni di dispute. Quanto siamo tolleranti nel consentire agli arabi di parlare arabo, una delle lingue ufficiali. Quest’ultima è chiaramente una menzogna. L’arabo non è mai stato neanche remotamente trattato come una lingua ufficiale, come succede invece per lo svedese in Finlandia, la cui minoranza è nettamente più piccola di quella araba in Israele. Era comodo ignorare che i terreni di proprietà del Fondo nazionale ebraico, che includono buona parte delle terre dello stato, erano riservati ai soli ebrei, una posizione sostenuta dalla corte suprema, e affermare che fossimo una democrazia. Era molto più piacevole considerarci egualitari. Adesso ci sarà uno stato che dice la verità. Israele è solo per gli ebrei, anche sulla carta. Lo stato nazione del popolo ebraico, non dei suoi abitanti. I suoi arabi sono cittadini di seconda classe e i suoi abitanti palestinesi non hanno statuto, non esistono. Il loro destino è determinato da Gerusalemme, ma non sono parte dello stato. È più facile per tutti così. Rimane un piccolo problema con il resto del mondo, e con l’immagine d’Israele che questa legge in parte macchia. Ma non è un grave problema. I nuovi amici d’Israele saranno fieri di questa legge. Per loro sarà una luce che illumina le nazioni. Tanto le persone dotate di coscienza di tutto il mondo conoscono già la verità, e da tempo devono farci i conti. Sarà un’arma nelle mani del movimento Bds (boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro Israele)? Sicuramente. Israele se l’è guadagnata, e ora ne ha fatto una legge. (Traduzione di Federico Ferrone)

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