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La Stampa Rassegna Stampa
20.07.2018 Israele Stato ebraico: nessuna discriminazione
Commento ambiguo di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 20 luglio 2018
Pagina: 12
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Israele 'Stato-nazione del popolo ebraico'. Il voto della Knesset che divide il Paese»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/07/2018, a pag.12 con il titolo "Israele 'Stato-nazione del popolo ebraico'. Il voto della Knesset che divide il Paese" il servizio di Giordano Stabile.

A destra: la Knesset

Il commento di Giordano Stabile è ambiguo, pur riportando molti dati che consentono al lettore di farsi un'idea della legge votata ieri alla Knesset. Stabile riporta l'intervento della Turchia contro Israele e la nuova legge senza spiegare quale titolo ha, un paese ormai retto da una dittatura, di intervenire in merito.  Inoltre Stabile sottolinea che gli arabi israeliani non possono svolgere il servizio militare, mentre la realtà è un'altra: possono farlo e una minoranza crescente lo svolge, ma non sono obbligati, per l'ovvio motivo di non doversi trovare a dovere combattere contro loro correligionari.
Ma Stabile, soprattutto, non chiarisce che la legge votata da 62 parlamentari (la maggioranza) a cui va la nostra lode, non toglie diritti a nessuno, mentre semplicemente ne riafferma uno: l'ebraicità di Israele. Come in ogni Paese libero e democratico, anche in Israele esiste un grande dibattito, che non è venuto meno questa volta. Lo stesso Presidente dello Stato Reuven Rivlin ne ha preso parte, indicando alcune opportune modifiche alla legge.
La lingua araba, infine, non viene con questa legge "discriminata", ma ottiene uno "statuto speciale". In nessun Paee al mondo le lingue di minoranze sono lingue ufficiali, basti pensare ai milioni di cittadini statunitensi di madrelingua spagnola. Dichiararla fu un errore commesso in buona fede, nella speranza che servisse a porre fine al conflitto, come tante altre di buona volontà da parte israeliana (si vedano i governi Barak e Olmert) respinte dall'Autorità palestinese. Israele è lo Stato del popolo ebraico. Punto. Dove le minoranze godono di tutti i diritti. Adesso si volta pagina. Era ora.

Ecco l'articolo:

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Giordano Stabile

Israele diventa più «ebraica», un «passo storico», per il premier di Benjamin Netanyahu, che la renderà più sicura e «inattaccabile». Ma secondo l’opposizione la legge fondamentale voluta dal centro-destra è un marcia verso uno «Stato per soli ebrei» che discrimina la minoranza araba e i palestinesi. La legge «Israele Stato-nazione del popolo ebraico», approvata poco prima dell’alba di ieri dalla Knesset, dopo una dura battaglia parlamentare che ha visto scendere in campo anche l’Alta Corte e lo stesso presidente Reuven Rivlin, è destinata a segnare un cambiamento epocale, ma ha spaccato il Paese.
A favore del provvedimento hanno votato 62 deputati su 120. La legge stabilisce che Israele è la «patria storica del popolo ebraico» e soltanto gli ebrei «hanno il diritto di esercitare l’autodeterminazione nazionale». Per il governo è un passo indispensabile a conservare la maggioranza ebraica. I partiti di centrosinistra e la minoranza araba temono però una deriva «etnica», la trasformazione dei non ebrei in cittadini di serie B. Per il quotidiano liberal «Haaretz» la legge è la «negazione dei principi di eguaglianza» iscritti nella Dichiarazione di indipendenza del 1948, che spinge Israele verso «l’apartheid».
È vero che la legge è stata emendata dopo l’intervento del presidente Rivlin.
Per esempio è stato cancellato l’articolo sulla possibilità di creare città o quartieri «soltanto per ebrei». Ma è rimasto quello che prevede che l’arabo non sia più la seconda lingua ufficiale, anche se avrà «uno status speciale», e quello che stabilisce come «l’intera Gerusalemme unita» sia la capitale, un passo che allontana la possibilità di un compromesso con i palestinesi. Come pure l’articolo che promuove «lo sviluppo degli insediamenti ebraici come un valore nazionale». Il calendario ebraico diventa quello ufficiale, anche se sarà usato accanto a quello gregoriano.

La protesta delle minoranze
Netanyahu ha cercato di smorzare i toni, parlato di «rispetto di tutti i cittadini». La legge è stata voluta soprattutto dai partiti dalla destra religiosa, mentre i conservatori laici, come Rivlin appunto, ne hanno sottolineato i rischi. Il premier si è mantenuto in mezzo, e incassa la possibilità di restare in sella un altro anno. «A 122 anni di distanza dalla visione di Herzl - ha puntualizzato - abbiamo sancito i principi basilari della nostra esistenza: è un momento decisivo nella storia d’Israele e del sionismo». La minoranza araba è però sul piede di guerra. Adalah, la Ong che difende i diritti degli arabi, parla di un provvedimento che promuove «la superiorità etnica». Per Ayman Odeh, leader dei partiti arabi, la norma dimostra che Israele «non ci vuole qui».
Gli arabi sono il 20 per cento degli 8,7 milioni di abitanti di Israele e hanno sempre goduto di pari diritti civili, anche se non possono fare il servizio militare. Ora temono discriminazioni più pesanti. Ma la legge ha anche un impatto internazionale. Per il premier palestinese Rami Hamdallah «è l’ultimo chiodo sulla bara della soluzione dei due Stati, un tentativo di cancellare l’identità arabo-palestinese». Anche la Turchia ha protestato contro la violazione delle «norme del diritto universale».
Arabi israeliani e palestinesi costituiscono circa la metà degli abitanti fra il Mediterraneo e la riva del Giordano (Israele, Cisgiordania, Gaza) e uno dei timori degli israeliani è di ritrovarsi un giorno in minoranza, il che spiega la volontà di ribadire il carattere ebraico dello Stato. La nuova legge fondamentale promuove anche l’immigrazione ebraica da tutto il mondo, l’aliyah. E arriva alla vigilia del Tisha B’Av, il giorno di lutto che ricorda la distruzione del Tempio di Gerusalemme. E’ la sindrome dell’assedio. Israele è una piccola nazione, in mezzo a 350 milioni di arabi. Resta da vedere se questa legge la renderà più sicura.

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