Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 11/07/2018, a pag. 2, con il titolo "L’ammonimento di Golda Meir, 80 anni fa: 'Dietro ai numeri ci sono persone' ", l'analisi di Andrea Affaticati.
Golda Meir
Milano. “E’ stato veramente sconvolgente assistere in questa magnifica sala conferenze allo spettacolo pietoso dei rappresentanti di 32 paesi, i quali uno alla volta si sono alzati per dichiarare quanto avrebbero voluto poter accogliere più profughi e quanto fossero dispiaciuti di non poterlo fare. Avevo voglia di alzarmi e urlare: ‘Ma non vi rendete conto che dietro a questi maledetti numeri ci sono esseri umani?’”. Già i numeri. Ma perché la voce parla di 32 paesi, visto che gli stati membri dell’Unione europea sono 28? Perché il fatto qui riportato, per quanto suoni attuale e mostri similitudini con l’ultimo inconcludente vertice Ue sui migranti, e con gli incontri bi-trilaterali tenutisi in queste settimane tra capi di governo e ministri dell’Interno europei, si riferisce a un’altra conferenza. A quella voluta dal presidente americano Franklin D. Roosevelt e tenutasi dal 6 al 15 luglio 1938 nell’amena località svizzera di Evian. E a raccontare la scena pietosa è una giovanissima Golda Meir, futuro capo del governo israeliano. A ricordare la circostanza, risalente a 80 anni fa è stato, la settimana. scorsa Heribert Prantl, commentatore e condirettore editoriale del quotidiano di Monaco Süddeutsche Zeitung. Nel luglio del 1938, l’Anschluss dell’Austria era già avvenuto, lo sterminio sistematico degli ebrei doveva ancora essere sancito, le persecuzioni erano però già in corso, motivo per cui in centinaia di migliaia cercavano di mettersi in salvo. Ed era proprio questo l’argomento di dibattito a Evian: la ridistribuzione dei 540 mila profughi ebrei in fuga dal Deutsches Reich, tra gli stati presenti. Ma la conferenza si risolse in un “clamoroso fiasco. I dieci giorni nel fastoso Hotel Royal segnarono la triste fine della Belle Epoque”, scrive Prantl. “Nessuno voleva accoglierli, soprattutto ora che i nazisti li avevano spogliati di tutti i loro averi”. Ebrei straccioni non erano i benvenuti da nessuna parte. Francia e Belgio asserivano di aver già raggiunto il livello di saturazione. I Paesi Bassi chiedevano, a loro volta, che almeno una parte di quelli accolti proseguisse il suo viaggio. La conferenza sui profughi fallì quattro mesi prima dei pogrom di novembre, durante i quali i nazisti misero a ferro e fuoco le sinagoghe di tutto il Reich. Il parallelo è ovviamente impossibile, ma le analogie si fanno sentire. Anche oggi, gli stati membri dell’Ue affermano di non poterne accogliere di più, di essere saturi. Certo, ammette Prantl, la situazione di allora, degli ebrei perseguitati e sterminati, non è paragonabile a quella dei profughi e migranti di oggi. E nemmeno i partiti più di destra e nazionalisti, come l’Fpö, e tanto meno il suo capo Heinz-Christian Strache, attuale vice cancelliere del governo austriaco, si sognerebbe di usare più (anche se l’ha fatto in passato) la parola Überfremdung (eccessiva presenza di stranieri che possono mettere a repentaglio la quintessenza stessa dell’austriaco autoctono). Ma se si ascoltano i discorsi, le argomentazioni – tra queste soprattutto la paura che i migranti, portatori di culture diverse, di credo diversi, possano costituire un pericolo per l’identità e la sicurezza nazionale – è difficile non cogliere la eco del passato. Durante la conferenza stampa di settimana scorsa a Vienna, il cancelliere Sebastian Kurz ha ribadito, con quel suo tono mellifluo e tanto attento alla forma, da risultare giocoforza irritante, il proprio corso di assoluta intransigenza: “Nessuna decisione verrà presa a danno del popolo austriaco”. A stargli accanto in quell’occasione, quasi fossero i suoi guardiaspalle, Strache e il ministro dell’Interno Herbert Kickl (sempre Fpö). Poi, sul finire della conferenza si era alzato il corrispondente dello Spiegel e, rivolto a Kurz, gli aveva chiesto: “Signor cancelliere, tutto quello che ha detto fino a ora deve suonare impietoso alle orecchie di chi è in fuga. Non ha anche un messaggio positivo, perché sempre di esseri umani si tratta”. Al che Kurz aveva replicato: “Pensa sia meglio illuderli? La nostra posizione è chiara: l’Ue non può andare oltre alle proprie capacità. Meglio creare piattaforme di raccolta fuori dall’Europa e così contrastare anche il business degli scafisti ed evitare altre morti”.
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