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Shalom Rassegna Stampa
04.07.2018 Il sogno di Teheran: stritolare Israele in una morsa
Commento di Daniele Toscano

Testata: Shalom
Data: 04 luglio 2018
Pagina: 19
Autore: Daniele Toscano
Titolo: «Il sogno di Teheran: stritolare Israele in una morsa»

Riprendiamo da SHALOM luglio-agosto 2018, a pag.19 con il titolo "Il sogno di Teheran: stritolare Israele in una morsa" l'analisi di Daniele Toscano

Il sogno di Teheran: stritolare Israele in una morsa Impegnare l’esercito israeliano in tre fronti contemporaneamente: a Gaza con Hamas, sul Golan con le truppe siriane e al confine con il Libano con Hezbollah Nell’ampia escalation di tensioni del Medio Oriente nel 2018, Israele ha dovuto far fronte a due minacce. Nella Striscia di Gaza è partita la cosiddetta “marcia del ritorno”: nei mesi di aprile e maggio, ogni venerdì, migliaia di palestinesi hanno cercato di forzare la frontiera con Israele. Una mobilitazione organizzata da Hamas, in cui i terroristi si sono fatti scudo dei civili, causando decine di morti. Ma il fronte più caldo è diventato quello settentrionale, dove la minaccia iraniana si è fatta sempre più concreta. Il cosiddetto “corridoio sciita”, che parte dalla Repubblica Islamica e attraverso Siria e Libano giunge fino al Mediterraneo, è ormai una realtà di fatto. Ma nelle ultime settimane sono intervenuti nuovi fattori. Il lancio di missili iraniani dalla Siria, infatti, è divenuto più fitto: molti sono stati abbattuti dall’iron dome, ma l’esercito ha anche dato l’ordine ai sindaci di aprire i rifugi antimissile.

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La risposta militare israeliana poi è stata la più intensa, su questo fronte, dal 1973. Israele ha così alzato il livello di scontro, colpendo obiettivi sensibili iraniani in Siria. La cosiddetta “guerra d’attrito” con l’Iran è dunque salita di tono. Questo tipo di conflitto combattuto a distanza ravvicinata ma non con modalità tradizionali è caratterizzato da una tensione costante con intensità alterne, le cui fasi sono inevitabilmente condizionate da fattori esterni. Forte influenza ha esercitato la crisi siriana, che ha portato i due Paesi a una sostanziale contiguità territoriale, offrendo all’ayatollah la possibilità di “estirpare il cancro sionista dalla Palestina”. Ma oltre alle milizie sciite iraniane al di là del Golan, ci sono le significative capacità militari di Hezbollah. Nelle elezioni libanesi del 6 maggio, il movimento di Nasrallah ha ottenuto un nuovo successo con 14 deputati (oltre a quelli degli altri alleati sciiti) in Parlamento: una conferma della sua posizione dominante a discapito del primo ministro sunnita Saad Hariri (da 32 a 21 deputati), che ha pagato anche la sua vicinanza all’Arabia Saudita. Ad alimentare le tensioni, l’8 maggio, l’annuncio di Trump del ritiro dall’accordo sul nucleare, il Jcpoa (Joint Comprehensive Plan of Action). Una decisione presa da tempo, ma che ha segnato il passaggio ad una nuova fase di politica estera, già annunciata dalle nomine di John Bolton a Consigliere per la sicurezza nazionale e Mike Pompeo a Segretario di Stato. La minaccia di estendere le sanzioni anche a quelle aziende europee che non annulleranno i contratti fatti in questi tre anni rischia di rinvigorire l’ala più fondamentalista dell’Iran, appoggiata anche da quelle fazioni che possono lucrare dal ritorno dell’isolamento internazionale. La tenuta dell’accordo era comunque già in bilico. Il 1 maggio, Netanyahu aveva rivelato al mondo il mancato rispetto del trattato da parte dell’Iran, che aveva effettivamente lavorato alla bomba fino al 2003 (il progetto Amad), pur evidenziando in buona parte informazioni già note alle intelligence degli alleati. A ciò va aggiunta la minaccia del programma missilistico. Il ritiro americano dal trattato ha dato maggiore sicurezza a Israele. Nello stesso tempo, l’attacco in Siria di metà aprile non è stato su ampia scala, ma limitato a colpire le infrastrutture per la produzione di agenti chimici e le basi da cui sarebbero partiti gli aerei che hanno sganciato le armi chimiche: Trump non vede infatti nessun vantaggio a restare in Siria, ma preferisce appoggiare le iniziative anti-iraniane di Israele e Arabia Saudita. Da qui Israele ha trovato un altro incentivo a intervenire in Siria, mantenendo comunque obiettivi mirati negli attacchi. Il rischio è che con un aumento ulteriore delle tensioni nei prossimi mesi la guerra d’attrito si espliciti e il conflitto si allarghi.

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Daniele Toscano

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